LA SOCIETÀ LASCIA INDIETRO I PIÙ DEBOLI. “Nel 2020 due milioni di famiglie italiane vivono in povertà assoluta con un aumento rilevante (+104,8%) rispetto al 2010 (980.000)”. Dal Rapporto Censis 2021.

(Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Un certo scalpore ha suscitato la notizia dell’assegnazione del premio per il migliore studio legale agli avvocati di Gkn per la chiusura dello stabilimento fiorentino e l’esubero di circa 430 dipendenti. Tanto più che i premiati si sono detti su Facebook “orgogliosi” per tanto onore. Soddisfazione sommersa dalla indignazione e, infatti, subito cancellata. Commentando l’episodio, il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha detto: “Dobbiamo pensare a cosa sia successo per arrivare a questo punto, bisogna riflettere sul come sia possibile che diventi quasi normale che uno rivendichi di avere assistito a quel tipo di licenziamento”. Per poi concludere: “Se c’è chi rivendica, magari pensa anche che possa portare qualche prestigio”. Se il ministro vuole davvero “riflettere” è sufficiente che si guardi in giro e si chieda da quanto tempo le cosiddette emergenze sociali sono scomparse dal dibattito pubblico e retrocesse dall’informazione mainstream tra le varie ed eventuali. I poveri sono raddoppiati? Due milioni di famiglie sono quasi alla fame? Qualche titolo per un paio di giorni, i consueti editoriali pistolotto, balbettii sparsi della politica e quindi cala di nuovo il silenzio. I licenziamenti? Dopo la fine del blocco (insieme alla campagna di vaccinazione e al Pnrr il terzo problema che Mario Draghi era stato chiamato a risolvere dal capo dello Stato), ecco il consueto spettacolo: multinazionali in fuga, aziende chiuse, lavoratori in piazza con fischietti e campanacci, altri tavoli di crisi che si aggiungono alla novantina giacenti presso il ministero dello Sviluppo economico. Mettiamoci pure la mutata sensibilità collettiva per tutto ciò che riguarda i temi del lavoro e della occupazione. Che nel secolo scorso dominavano la scena politica e quella culturale, con la popolarità di sindacati e leader sindacali che governi e partiti spesso percepivano come un contropotere da rispettare e da temere. Per non parlare della cultura, della tv, del cinema. Chi penserebbe oggi a film come “La classe operaia va in paradiso” o “Mimì Metallurgico”, che facevano il pieno al botteghino? Mentre sul piccolo schermo l’eroe del giorno è lo stakanovista Renatino, felice di lavorare “trecentosessantacinque giorni l’anno” per il Parmigiano Reggiano. È in questo clima, caro ministro Orlando, che un primario studio legale (non a caso consulente della Lega) può mostrare con orgoglio le sue benemerenze. Tagliare i rami secchi. Delocalizzare la produzione. Ridurre gli organici. Ecco le medaglie di una società che si lascia dietro i più deboli e neppure si volta a guardarli (che poi la pagina su cui campeggiava l’“orgoglio” degli affermati professionisti sia divenuta inaccessibile rivela soltanto l’ipocrisia nazionale del si fa, ma non si dice).