(Giuseppe Di Maio) – Ma che ne sa la gente delle capacità di un amministratore pubblico? Ore e ore di trasmissioni trappole di servi, pagine e pagine di giornali che accusano i veri rappresentanti del popolo di incapacità, quando certi fenomeni selezionati dai padroni sanno fare a stento la loro firma? Che ne sa il popolo di chi fa il bene comune? La gente s’interessa d’altro, e quando si avvicina al banco della politica c’è sempre un venditore che gli chiede: “Posso aiutare?” Dopodiché alla gran massa dei giudici elettori non resta altro che fumo, associazioni di idee, inutili argomentazioni, pensieri non politici, chiacchiere che coprono la verità, imbrogli in diretta, inganni, aggressioni televisive, fango sugli unici che vogliono salvare l’importanza del loro voto. Che ne sa il popolo di cosa deve fare un sindaco, ad esempio?

La patente di capace la dà il padrone al servo fedele, tutti gli altri sono inetti. Per costruirsi un curriculum da esperto bisogna servire, poiché chi agisce in piena libertà e non è portavoce di nessuno, non ha accesso ai lavori che costruiscono carriere. I lacchè sono sempre competenti, invece i liberi sono incapaci, scappati di casa. No, chi si reca al voto non deve giudicare le “competenze” (non potrebbe), ma deve giudicare l’aderenza al mandato, la fedeltà all’interesse pubblico. Quando esplose tangentopoli, mentre stavo pontificando in una sala d’attesa sul nuovo corso politico impresso dai magistrati e sugli altarini che i giudici avevano scoperto, una signora intervenne dicendomi: “Ma noi lo sapevamo anche prima”. Già, lo sapevamo anche prima. Ma avevamo fatto finta di niente: avevamo voluto sperare fino alla fine che quei ladri stessero facendo il nostro bene.

Domenica, soprattutto a Roma, cosa si crede di guadagnare votando quelli di prima? Stiamo forse aspettando che una magistratura indolente e servizievole faccia il lavoro per noi? Non li vediamo con i nostri occhi quelli che pensano al bene privato ai danni della collettività? Non capiamo da noi la direzione e il senso della politica dell’ultimo quinquennio? Le qualità politiche e amministrative sono funzione del mandato popolare. Il cambiamento non è istantaneo: è lento, progressivo, ostacolato dai nemici, quegli stessi che ora vogliono giudicare le “capacità”, cioè la fatica per sfuggire al sabotaggio che un intero sistema fa alla volontà popolare. I rappresentanti del popolo devono prendersi tutto il tempo di cui hanno bisogno per fare il bene comune. Altrimenti verranno gli altri, sostenuti dalla dittatura mediatica. E a noi, innamorati del nemico, ci toccherà la profezia di un Francesco II al comandante della nave in partenza per Gaeta: “…i napoletani non hanno voluto giudicarmi a ragion veduta; io però ho la coscienza di avere fatto sempre il mio dovere, il Nord non lascerà ai meridionali neppure gli occhi per piangere.”