(Giuseppe Di Maio) – Nelle democrazie occidentali non c’è una sola dichiarazione dei governi che corrisponda alle loro reali intenzioni. L’America lascia l’Afghanistan perché l’occupazione era insostenibile dal punto di vista militare e finanziario. Però l’ex padrone del mondo non può ammettere di aver perso, e allora il suo presidente dice che “la nostra missione in Afghanistan non è mai stata pensata per costruire una nazione”. Nessuno gli ha creduto, a parte quelli pagati per credergli. Difatti i sondaggi scendono a picco.

Vuol far credere che la partita appena persa non è quella che si è giocata ma è stata tutt’altra. Vuol far credere che per ammazzare Bin Laden, e dimostrare al mondo che l’America non si fa attaccare in casa sua senza reagire, ci sono voluti 2448 morti loro e 19650 feriti, 1144 morti di altri (54 morti nostri) e 685 tra personale umanitario e giornalisti. Un tributo di sangue di 240mila vittime tra militari e civili, e una spesa di 2,26 trilioni di dollari. Incredibile! I cunta ball democratici non hanno niente da invidiare a quelli repubblicani.

Eppure per vent’anni abbiamo sentito il contrario. Abbiamo sentito che gli USA stavano costruendo il loro modello di democrazia in un paese incivile, e che la lotta al terrorismo internazionale era un obiettivo ausiliario al buon esito del progetto principale. Invece l’Afghanistan aveva un governo corrotto, un esercito foraggiato dai dollari, nessuna idea di società condivisa, se si esclude l’esplicita ricerca del consenso (spendibile anche tra l’opinione internazionale) con la proposta di inclusione civile e politica delle donne.

La rivoluzione talebana, al contrario, reca con sé una morale arretrata ma non corrotta. L’idea di condurre la lotta di classe reprimendo la sessualità femminile è di certo inaccettabile, ma è un’idea che assume delle colorazioni estreme in un bacino islamico e orientale che non la pensa poi in modo così diverso. I talebani si appoggiano a quella vasta reazione planetaria che dice: fuori l’Occidente, che dice: Boko Haram. La funzione antemurale costituita dall’URSS durante il ‘900 è stata sostituita da un’opposizione non corale all’americanismo, che annovera in ordine sparso ogni distretto del pianeta che si oppone al liberismo e alla finanza occidentali. Essa passa per il colosso economico cinese che oggi compra i debiti sovrani, per la finanza islamica che non genera titoli tossici né utili da anatocismo, per l’affrancamento di tanti paesi in via di sviluppo dalla tutela politica ed economica USA.

E allora aver portato il virus dell’Occidente in un paese che viveva delle proprie tradizioni è stato sommamente ingiusto. La disperazione che leggiamo nelle scene all’aeroporto di Kabul ci dicono che non ci saremmo mai dovuti andare, certamente non con l’intento di portare la democrazia. La figurina che cade dall’aereo in volo, e le mamme afgane che lanciano i propri figli ai soldati americani, che ricordano le madri ebree dei lager nazisti, indicano l’inferno in cui affonderà da oggi in poi una parte della popolazione. Indicano che abbiamo portato lo scontro di civiltà dentro un paese che lo subiva marginalmente. Ma non tutto il mondo inorridisce alle scene e ai pianti degli afgani, non tutto il mondo è scontento del disastro americano. E sono in tanti, troppi, anche in Europa.

“Voglio ricordare — dice Biden — che l’obiettivo, quando 20 anni fa, dopo l’11 settembre, iniziò questa missione, era evitare che l’Afghanistan fosse la base per altri attacchi terroristici in America. L’obiettivo era riuscire a fermare chi ci aveva attaccati”. E allora, caro presidente, avete proprio fallito, anche dopo 20 anni, perché i vostri nemici sono più vivi che mai.