
(di Francesco Erspamer) – “In caso di maltempo, stessa location”, leggo qui in Trentino su una locandina che elenca una serie di letture di canti di Dante. Il padre della lingua e cultura italiana umiliato da un anglicismo totalmente inutile, lui che ne aveva dimostrate la straordinaria forza espressiva e vitalità; e umiliato nel modo peggiore, ossia senza neppure accorgersene. L’operazione di americanizzazione forzata voluta da miliardari e multinazionali e promossa da giornalisti e ricche celebrity (da dire in inglese perché il concetto stesso è d’importazione: una persona famosa o una celebrità hanno dei meriti, veri o presunti, una celebrity è mera visibilità, imposta mediaticamente e accettata passivamente) sta trionfando: distrattamente, gli italiani si stanno facendo colonizzare e molti di loro sono contenti.
Io no. Non credo nei destini manifesti: credo nelle scelte e di conseguenza nelle responsabilità. Usate parole inglesi quanto parlate italiano? Non reagite quando altri le usano con voi? Comprate giornali che ne usano almeno una per frase? Idolatrate nullità pompate dalla televisione che ne abusano per coprire un totale vuoto di idee? Vuol dire che volete un’Italia che parla una lingua altrui, compra prodotti altrui, sogna sogni altrui, vive come altri le dicono di vivere. Io no. A me piace l’Italia lentamente costruita nei secoli dalle precedenti generazioni; non penso affatto di essere superiore a chiunque altro al mondo né che il nostro cibo, il nostro stile, la nostra arte, la qualità della nostra vita siano migliori o da imitare. Gli altri paesi mi interessano in quanto diversi e se vogliono o non vogliono cambiare sono assolutamente fatti loro, così come di loro esclusiva competenza sono i problemi che avessero. Il rispetto reciproco non ha niente a che vedere con l’omogeneizzazione e i valori universali o “umani” non esistono, se non nel delirio di onnipotenza degli imperialisti.
Tornando alla locandina: perché “location” al posto di “località”, che significa la stessa cosa ed ha un’identica lunghezza, o di “luogo” o “posto” che sono pure più brevi? Perché i provinciali di oggi credono di emanciparsi parlando la lingua dei loro padroni stranieri, o meglio di coloro che i collaborazionisti italiani (tutti i giornalisti e quasi tutti gli intellettuali, tradizionalmente privi di coraggio e disperatamente bisognosi di riconoscimenti esterni) dicono essere i loro padroni? Certo, ma non solo. C’è anche che il liberismo, per imporsi e persuadere la gente che la distruzione delle sue comunità, tradizioni e ambiente sia una conquista di libertà e comunque una necessità storica, deve innanzi tutto privarla di strumenti di giudizio, di analisi, di riflessione, di critica. Come mai i ragazzi di ogni età (inclusi tanti quarantenni e cinquantenni affetti dalla sindrome di Peter Pan, il rifiuto di maturare) vengono indotti a passare ore da soli con il loro telefonino (chiamato però “smartphone” per prevenire l’ovvia obiezione che sia invece cretino e causa di stupidità)? Come mai la sinistra liberal sta cancellando la memoria storica e culturale perché nozionista (dicevano qualche decennio fa) o politicamente scorretta (dicono oggi), in sostanza ogni competenza e ogni senso del passato? Come mai pornografia, breaking news, gossip (anche questi da dire in inglese perché importati dagli Stati Uniti) e altra spazzatura mediatica vengono offerti gratis a chiunque? Per lo stesso motivo per cui il numero di parole conosciute e utilizzate dagli italiani è in drammatica diminuzione e l’analfabetismo funzionale si sta diffondendo impetuosamente. Perché la superficialità e l’individualismo fanno comodo ai potenti. Cosa differenzia “location” da “località”? Località è un termine definito dai tanti contesti in cui lo abbiamo ascoltato o pronunciato; anche quando il suo senso sia univoco, restano sullo sfondo interpretazioni possibili che evidenziano la nostra partecipazione, il fatto che sia la “nostra” lingua e che giocarci sia un nostro diritto. Ogni parola italiana ha uno o più significati propri e molti significati metaforici. “Location” è invece una formula, come H2O: elimina intenzionalmente ogni partecipazione, ogni diritto, ogni metafora; contrabbanda la menzogna che la lingua sia o possa essere precisa, fattuale, “vera” in sé stessa (e non nei suoi effetti). “Location” disabitua a pensare e abitua a obbedire. Come piace ai liberisti e ai liberal e ai loro mandanti, le grandi corporation globali.
“liberal” e “corporation” non hanno invece equivalenti in italiano?
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Posto che condivido il concetto espresso nell’articolo e mi metto ad urlare ogni volta che sento PLAS, non sono d’accordo sul fatto che località e location abbiano lo stesso significato.
Mentre “località” indica semplicemente un posto, “location” si riferisce ad un posto scelto per lo svolgimento di un evento.
Nel caso dell’annuncio in questione era effettivamente una ripetizione, ma, in genere, esprime un concetto più ampio del solo vocabolo “località”, perché sostituisce, appunto, l’intera frase “località in cui si svolge l’evento”.
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Dizionario
Definizioni da Oxford Languages
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location
sostantivo
Luogo scelto per l’ambientazione di un film, di uno spettacolo, di uno spot pubblicitario o di un servizio fotografico.
ESTENS.
Luogo o ambiente scelto per l’avvio di un’attività commerciale o per ospitare eventi di vario genere.
“le più belle l. per matrimoni”
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a sembra che ‘luogo’ invece di ‘località’ può esser usata con sufficiente grado di equivalenza al posto di ‘location’
considerando che un vocabolo può avere più significati, perlopiù in funzione della frase in cui si colloca
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No, ha proprio un significato più ampio, in italiano dovresti aggiungere a “località” anche “in cui si svolge l’evento”.
Vedi la traduzione che ho inviato.
Il significato è proprio diverso o perlomeno più ampio.
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@Anail
bastava scrivere stesso “posto”.
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Sì, nell’annuncio in questione sì, perché già si parlava di quello, ma il significato dei due termini è effettivamente diverso, più ampio nel caso di location.
L’avevo già premesso che nell’esempio era superfluo.
Guarda, Zhok con me, su quest’argomento, sfonda un PORTONE spalancato.
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@Anail: Zhok? Ma che ti prende stamattina?
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Ec Erspamer, non Zhok.
Ho scambiato i 2 autori.
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chiedo scusa: “a me sembra (..)”
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Chiedo scusa anch’io. Per risponderti correttamente dovevo usare “luogo”, invece che “località”.
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faccio notare che secondo Survivor ben 2 lingue spariscono totalmente ogni mese.
E tante altre le parlano ormai quasi esclusivamente gli anziani.
In paesi come la Georgia insegnano in inglese invece che in georgiano.
Altro che ‘location’, è la distruzione della globalizzazione consumista e tecnologica.
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https://georgia.in-facts.info/info/yazyik-v-gruzii/
in tutti gli stati esistono corsi in altre lingue, normalmente le più alla moda,
ma poi ci si deve confrontare su strada, non nella testa dei modaioli.
quindi parlano più russo che inglese, per non parlare dell’Ossezia…
a meno che non interesse lo stato usa, dove non credo esista una lingua georgiana.
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A margine: ma possibile che ci dobbiamo far leggere anche Dante?
Leggercelo da noi?
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Cara Carolina… conosci qualcuno che si metterebbe “veramente” a leggere la Divina Commedia? Se in gioventù hai frequentato un Liceo ti garantisco che la “rottura di palle” che ti sei fatto è sufficiente per il resto della vita e se vai ad “ascoltare” una lettura è solo per “sembrare” un intellettuale! Meglio leggere qualche passo di Shakespeare… peccato che è scritto in inglese… ma è sicuramente più divertente e i temi trattati sono universali.
Incidentalmente la lingua inglese è di gran lunga superiore, come ricchezza di vocaboli, a quella italiana ma la si può apprendere in modo sufficiente molto più rapidamente dell’italiano. Ne è una conferma l’universale diffusione dei “pidgin english”, versioni semplificate dell’inglese, compresi praticamente in tutto il continente africano.
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Il problema e’ che “locazione” “in diritto, costituisce il contratto con il quale una parte (detta locatore) si obbliga a permettere a un altro soggetto (conduttore o locatario) l’utilizzo di una cosa per un dato tempo in cambio di un determinato corrispettivo (la cosiddetta “pigione” o “canone”).” (fonte Wikicopio)
Ma luoghi o manufatti sono “locati”, la’ ove si trovano. Mi ricordo in Italia le innumerevoli pubblicita’ di agenzie “di eventi”, che ovviamente si prendevano anche cura della “location” In effetti, la parola in se’ non copre solo uno spazio fisco ma anche le cose o altre sue caratteristiche che lo rendono preferibile ad un altro luogo. La localita’ e’ balneare, ma la “location” balneare richiama delle attivita’ per precedono la sua esistenza. Anzi, il termine viene usato come annuncio di un accadere, immediatamente identificato in un consumo. Quando un luogo diventa “location” nulla e’ piu’ gratuito, tutto puzza di soldi e dopo l'”evento” nulla sara’ come prima. La (ri)creazione di senso pullula di ammennicoli posticci, ma “originali” poiche’ testimoniano di un prodotto o una scusa per venderne uno, travestimento di quel che c’era prima e che il posticcio televisivo estratelevisivo, che avviene in strada, per copiare cio’ che attrae la nostra attenzione.
Lochescion, per cresime ma anche per conferenze e premiazioni.
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(mi tocco, pensando a Guy Debord)
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