(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – “C’è il piduismo perenne di uno Stato infedele. Quel sistema è un’architettura su cui ancora oggi si costruisce il potere. Finché tolleriamo che ci siano spazi di segreto… la democrazia ha bisogno della luce del sole per recuperare energia”. Sandra Bonsanti, autrice con Stefania Limiti del libro “Colpevoli” (chiarelettere) Mentre scoccano i 40 anni dal 17 marzo del 1981, giorno della scoperta a Castiglion Fibocchi degli elenchi della Loggia P2 di Licio Gelli, ci s’interroga sulla natura di quella cospirazione che contiene tutti i generi dell’italico teatro: tragedia, commedia, avanspettacolo. La domanda fondamentale è se quei veleni continuino tuttora a intossicare le vene della Repubblica. Non esistono risposte assolute, ma, se il piduismo come motore golpista sembra essersi esaurito con la stagione delle stragi, non altrettanto si può dire con il “sistema” corrotto del potere. L’incessante generatore di clan, camarille e mafie che continuano a operare soprattutto nei gangli delle pubbliche istituzioni.

“Al nemico la legge all’amico il favor” è del resto la regola imperitura che precede la P2, e di cui anzi la “dottrina Gelli” si è nutrita per costruire la piramide degli “amici” e per spianare a essi la strada delle carriere e dunque delle complicità intrecciate. È l’“architettura” di cui parla Sandra Bonsanti che può operare silenziosamente nell’alta burocrazia, ai vertici delle Forze Armate e della Sicurezza, nella Magistratura (Palamara docet), negli Atenei e nei tanti mondi di mezzo dove una mano (sporca) lava l’altra.

Un modello esemplare di piduismo costante e di come esso sappia agire in profondità, con i suoi meccanismi, la sua “morale”, il suo linguaggio, è contenuto nell’articolo di Antonio Massari sul “Fatto” di venerdì scorso dal titolo: “Firenze, l’università dei baratti: ‘Qui non prevalgono i migliori’”. Dove si descrive compiutamente come attraverso “lo scambio dei favori” si assegnino ai propri “clientes” posti di ricercatore e di professore ordinario e associato. Un’occupazione sistematica, quasi militare di cui a Careggi sono protagonisti illustri cattedratici che considerano l’università “cosa propria”. A queste valutazioni – scrivono i magistrati Tescaroli e Nastasi autori dell’indagine – “deve aggiungersi la sicumera di impunità degli indagati i quali hanno agito con dispregio delle regole di legalità, oltre che dei principi istituzionali di efficienza e imparzialità nell’azione amministrativa”. A leggere le conversazioni tra i professoroni che “predeterminano i vincitori della procedura concorsuale” c’è da piangere ma anche da ridere alla luce dei sermoni che i vari “competenti” e “migliori” in giro per lo Stivale ci propinano ogni giorno. A proposito del merito come unico criterio regolatore nella selezione nei ruoli apicali e non dello Stato e del privato. Sì, il merito di scegliersi il protettore giusto.

L’errore capitale di Licio Gelli, travolto dal senso di onnipotenza e di impunità (la stessa dominante a Careggi), fu quello di tesserare i suoi adepti permettendo alla Guardia di Finanza, su ordine dei giudici Giuliano Turone e Gherardo Colombo (a cui la democrazia italiana non finirà di essere grata) di scoperchiare la fetida pentola carte alla mano.Oggi il piduismo perenne si è fatto furbo e cerca di non lasciare le impronte dei suoi maneggi. Perciò, come dice Sandra, occorre assolutamente mantenere la luce accesa per limitare quegli spazi segreti dove i Colpevoli possono complottare e occultarsi.