(Giuseppe Di Maio) – Una specie di Lancillotto, vittorioso in ogni sua tenzone, ma destinato ad essere il secondo. Purtroppo il ruolo assegnato dal destino non lo accetti, non ti si confà. Ci siamo giovati del tuo narcisismo: ti abbiamo seguito in montagna, d’estate appresso alla tua moto su ogni piazza italiana. Tu, sempre sudato. Un altro Grillo, un altro Che, un altro Gesù di Nazareth, che ripeteva nelle adunate un vangelo sempre uguale: la storia della rana bollita, i carabinieri inutili in fondo al popolo plaudente, gli aneddoti dal palazzo… Hai trovato moglie. E sì che ce n’avevi gente che ti seguiva.

Mi pare a Pescara, ti raggiunsero anche Di Maio e Grillo che sembravano persino gelosi del tuo successo. Ma tu, Dibba, sempre generoso, spartisti la gloria con gli amici. Solo, col tuo Movimento, fino all’esaltazione del tuo discorso ad Arcore, alla lettura del dispositivo contro il tiranno. E dopo aver conquistato un regno, con tanto di castello e tavola rotonda, lo hai abbandonato, lo hai lasciato ai tuoi compagni. Pronto semmai a ritornare, qualora i nemici osassero attaccarlo. Intanto la compostezza di Di Maio risaltava al cospetto dei tuoi emozionati confronti con la plebe, che ti dava un piatto di lasagne, una soppressa, un paniere di fichi.

Ma la storia del né di destra né di sinistra, quella non reggeva. Il post-ideologico tuo e di Grillo ha tratto in barca mille speculatori senza patria morale, senza programma ideale. Ha portato al triste e fruttuoso equivoco, che ha fatto guadagnare gli applausi anche di coloro che dovevano essere nemici. Questa è la debolezza della tua ideologia, la debolezza del Movimento, di quest’esperienza a tempo che si biodegrada una volta raggiunto il risultato. E lo sai che le cose fatte o da fare non sono il risultato? Non sono il reddito universale, il salario minimo, le bici in città, la galera per qualche furbacchione? Questi sono solo indizi. Sintomi che si sta facendo qualcosa per la gente, ma non sono veramente la rivoluzione. A quella ci hai rinunciato, persino tu, quando ti sei ricavato tra le battaglie civili il tuo felice angolo privato, l’angolo in cui il tuo narciso potesse prosperare. Giacché la rivoluzione è coscienza, è libertà duratura, è la nascita di un uomo nuovo che crea e si vota tutti i provvedimenti che vuole.

Ma sei certamente di sinistra, lo so. Solo a sinistra si litiga e non ci si ricompone. Solo a sinistra i partiti si spaccano ad ogni sorgere di leader, solo a sinistra il bene comune ha sempre nuovi e inutili profeti. E’ là che le regole contano solo se si vince, e se si perde si fa un partito nuovo, nominativo, da cui la gente riceverà ogni bene. E’ a sinistra che i partiti nascono per divergenze strategiche nell’aspra guerra contro i padroni. E alla fine, uno dopo l’altro, te li ritrovi a tavola con loro.