(Giuseppe Di Maio) – “Se Grillo vuol far politica fondi un partito, vada alle elezioni, e vediamo quanti voti prende. E perché non lo fa?” Se Fassino non avesse rifiutato il Beppe nazionale, oggi non avremmo avuto tutto questo. Avremmo ancora un PD che cerca di vincere le elezioni superando Berlusconi nella sua stessa politica. Non avremmo uno come Conte, che ha capito che vincere le elezioni non significa conquistare il potere, che sa che “lo Stato è espressione della classe dominante” (in Italia è quella politica), e sa che per spendere i soldi del Recovery Fund è meglio non fidarsi degli apparati di regime, ma costruirne di nuovi lontani dai partiti.

Dicono che Renzi sia la più grave sciagura che ha colpito il centrosinistra. Ma che cos’è il CS, che cos’è il PD? Se dessimo un’occhiata alle anime che parteciparono alla sua creazione, noteremmo che la “sinistra” come si rappresentava negli anni ’70 era solo una delle componenti, e nemmeno quella maggioritaria. Un equivoco allevato esclusivamente dal popolo elettore, ma dietro la facciata del partito della sinistra, o del centrosinistra, non c’è più niente: c’è solo un rissoso comitato elettorale.

Potremmo semmai parlare del tipo di estrazione sociale di ciò che un tempo credevamo l’avanguardia operaia. L’universo piccolo borghese nel PD è completamente rappresentato con i suoi miti peggiori, sterili e asfittici. I suoi passati leaders ora fanno i vignaioli, gli scrittori, i registi, i conferenzieri, e nessuno di loro venderebbe un tubo se non avesse ancora il legame col “comitato”. Ecco qual è la loro ambizione: diventare privatamente dominanti attraverso la spinta impressa dal ruolo di rappresentante della volontà popolare. Un universo così è scalabile da chiunque, anche da un Renzi. Uno che è piombato in mezzo al collegio delle bande che se la menava ancora con le mezze idee e con i paradigmi virtuosi, e lo ha ricattato.

Una cosa che gli riesce benissimo, sempre. Io vi faccio vincere Berlusconi (cioè mi rivolgo al suo popolo con le sue stesse balle) e voi mi date carta bianca. La dittatura che ha imposto nel partito di Bersani è stata feroce, come racconta Paolo Trande nel suo articolo, è stato il terrore. Ma di cosa? Terrore appunto di non essere candidati. Di spegnere per sempre le vere ambizioni che si nascondevano dietro le ideucce e le sparatine narrative. Perciò i piddini furono costretti ad emigrare, a farsi un altro partito. I transfughi che non sarebbero stati mai più candidati se ne andarono in Leu (liberi da Renzi, e uguali al vecchio comitato elettorale).

Poi, il partito incapace di cacciare l’estraneo dal nido è stato liberato. Renzi se n’è andato, non l’hanno cacciato. Infatti la deRenzizzazione non è proceduta d’un passo. Del Rio è ancora là, Marcucci pure. E gli altri. Sicché il partito che non riesce a fare nulla a casa propria, nemmeno riappropriarsi della sua classe dirigente, adesso vorrebbe riunire il suo popolo elettore. Adesso vorrebbe tutti i voti del M5S e fare la “fusione”. Chissà, tutto può essere. Specie nel Movimento che per essere post-ideologico fa fatica anche a sapere cos’è, e per ricordarselo vuole scriverselo sulla “Carta dei valori”. Speriamo almeno che non usi il linguaggio che ha impiegato per i quesiti interni, altrimenti è inutile anche se scrive, se poi chi legge non capisce un cazzo.

E non sono solo gli iscritti a 5 stelle ad essere ormai insofferenti, ma tutta l’area stretta fra radicali e conservatori. L’unica cosa per cui vale ancora la pena d’interessarsi alle sorti collettive è questo governo, l’unica per cui il M5S s’è dissanguato di consensi, e l’unica appena accettabile di tutta la storia del PD. Ma è l’ultima occasione, dopo il popolo di destra senza idee e senza strategia ci travolgerà, e ridiventeremo minoranza senza appello, poiché governare gli italiani non è difficile…