(HuffPost) – “Il nostro sistema di protezione, sulla carta, è uno dei migliori esistenti al mondo, ribadisco sulla carta, perchè molto spesso viene disatteso modificando e subordinando la vita dei protetti e dei familiari agli interessi economici dello Stato. I testimoni e i collaboratori sono delle semplici pedine lasciate allo sbando senza alcun supporto psicologico”, denuncia Aiello.
“Riguardo – spiega ancora la deputata – gli imprenditori, si possono dividere in due categorie: la prima comprende i soggetti inseriti in un programma di protezione i quali, allontanati dalle proprie aziende che necessariamente falliscono in quanto abbandonate a loro stesse, dopo anni si trovano alle prese con assurde richieste da parte del fisco. La seconda categoria include gli imprenditori che: denunciano, non sono inseriti in un programma di protezione, non vengono ricevuti dalle prefetture locali, sono abbandonati senza alcuna tutela e nel migliore dei casi usufruiscono della legge 44/99 che concede loro un riconoscimento di danni estorsivi, che puntualmente arriva dopo anni, quando l’azienda è ormai chiusa o addirittura fallita. Tutte le problematiche che ho elencato sono state puntualmente da me portate a conoscenza degli organi competenti, che ad oggi hanno audito alcuni di questi soggetti, senza risolvere nulla”.
“Non nascondo l’amarezza per tutto il lavoro che ho fatto, non solo in questi due anni da deputato ma anche negli anni quale semplice testimone di giustizia, lavoro vanificato da persone che non solo non si sono mai occupate di antimafia con la formazione adeguata, ma che non hanno ascoltato il mio urlo di dolore che non è altro che la voce di migliaia di persone che non hanno modo di farsi ascoltare e che io mi pregio di rappresentare. Sono stata additata come, e scusate il termine, “rompicoglioni”, solo perchè difendo a spada tratta i diritti di chi come me è stato “spremuto come un limone” da organi dello Stato e abbandonato. Sono fiera di essere così come vengo definita, specialmente da colui che per primo mi ha chiamata così, perchè ho avuto la certezza che in questa specifica commissione, dove si decide della vita e della morte delle persone, vengono nominati personaggi che non avrebbero mai avuto il coraggio denunciare neanche un semplice furto di galline e nonostante ciò hanno l’arroganza di non ascoltare chi per anni ha vissuto in un sistema di protezione a dir poco surreale”, si sfoga Aiello.Piera Aiello dice addio ai 5 stelle. “Non mi rappresenta più e continuo la mia attività di parlamentare”. La testimone di giustizia, che proprio in occasione della candidatura decise di mostrare il suo volto, racconta: “Sono stata eletta il 4 marzo 2018 nel collegio uninominale in provincia di Trapani-Marsala con quasi 80 mila voti, di cui 25mila nominali. Ho deciso così di rimettere in discussione la mia vita, tenuta segreta dal lontano 30 luglio 1991, in quanto testimone di giustizia. Quando mi è stata chiesta la disponibilità alla mia candidatura, ho intravisto la possibilità di portare la mia esperienza di testimone in un’aula parlamentare dove poter esporre le problematiche dei testimoni, dei collaboratori di giustizia e degli imprenditori vittima di racket e di usura”.

E ancora: “Dopo la mia elezione sono entrata a far parte della Commissione Giustizia e della Commissione Parlamentare Antimafia, dove ho messo in chiaro di non volermi candidare per nessun posto apicale, ma di voler portare un sano contributo in difesa delle suddette categorie, spesso, per non dire sempre, abbandonate negli anni dai Governi di turno. Affermo ciò perché nella mia trentennale lotta alla mafia tante promesse sono state fatte, e non mantenute, il che ha peggiorato sempre più la condizione di testimoni, collaboratori e imprenditori, quindi dell’intero popolo italiano, cui è stata soffocata la voce per aver avuto voglia affermare la verità e la giustizia”.

Aiello ricorda come si è avvicinata ai 5 stelle: “Negli anni mi ero appassionata a Gianroberto Casaleggio, uno dei padri del Movimento 5 Stelle, per le sue idee innovative, in cui era palese la voglia di un cambiamento concreto nell’ambito politico. Uno dei pensieri che ho fatto mio è il seguente: ‘Per raggiungere un obiettivo bisogna crederci, talvolta in modo irrazionale. In questo modo la possibilita’ di successo aumenta” poichè lo ritengo rappresentativo del mio percorso di lotta alla mafia e alla criminalità organizzata. Egli stesso si definiva un semplice cittadino che, con i pochi mezzi a sua disposizione, provava ad affermare quelle idee che a suo dire non sono nè di destra nè di sinistra poichè si tratta unicamente di idee buone o cattive. Tante sono le cose dette da Gianroberto Casaleggio, che condivido appieno e che hanno contribuito alla mia decisione di entrare in questa grande famiglia”.

Poi entra nel merito della sua decisione. Racconta le ragioni dell’addio:  “Ho ritenuto opportuno fare questa premessa – spiega ancora Aiello – perché chiunque avesse deciso di candidarsi in nome di questi ideali avrebbe dovuto essere un cittadino modello, giusto e osservante delle regole e delle leggi e con una fedina penale limpida. Solo in questo caso il Movimento mi avrebbe rappresentata, anche perché negli anni si era battuto in nome della verità, della giustizia e della legalità affiancando i testimoni di giustizia e addirittura accompagnandoli e ascoltandoli in commissione parlamentare antimafia. Ma se ad oggi mi trovo a scrivere tutto ciò è perché, in due anni, di questi ideali non ho visto attuare neanche l’ombra”.

Nello specifico, continua: “Per cominciare, in commissione giustizia i deputati sono incaricati di proporre emendamenti o modifiche su qualsiasi proposta di legge avallata o scritta dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e dal suo ufficio legislativo. Ma dopo mesi di sedicenti confronti, di tutto il lavoro parlamentare non rimane nulla. E’ sempre il ministro a decidere tutto e sicuramente non in autonomia, poiché il 90% degli emendamenti portati in commissione e poi in aula vengono bocciati e spesso senza alcuna motivazione valida”. Aiello riconosce che sul fronte della giustizia ci sono stati vari interventi. Ma a suo parere non bastano: “Sicuramente sono state fatte leggi importanti come lo “Spazza corrotti”, il “416-ter”, la “riforma della prescrizione”, l’inserimento del “Troyan” come strumento per le intercettazioni, ma di fatto rese vane nel momento in cui vengono mandati agli arresti domiciliari ergastolani del 41bis tramite una semplice circolare concordata con gli organi del Dap e il ministro Bonafede”. Il riferimento è all’ormai famosa circolare del 21 marzo, con la quale il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria chiedeva ai direttori delle carceri di segnalare i detenuti anziani o con gravi patologie. “La suddetta circolare – spiega ancora Aiello – manda infatti agli arresti domiciliari pericolosi criminali ,che hanno ucciso anche bambini, solo perché ammalati e ultra settantenni. Non nego il diritto sacrosanto alla salute, ma così come è stata applicata la legge riguardo l’ormai defunto boss corleonese Totò Riina, curato fino all’ultimo giorno in carcere, così doveva e deve avvenire per tutti gli altri boss mafiosi, altrimenti dov’è il diritto dell’essere uguali di fronte alla legge che tanto viene evidenziato nelle aule dei tribunali? Come può un cittadino fidarsi dello Stato se viene messa in pericolo in primis la propria sicurezza? I testimoni e i collaboratori che hanno contribuito al loro arresto come possono avere certezze di sicurezza? E chi vuole iniziare questo percorso di legalità come può davvero affidarsi allo Stato, se quest’ultimo non dimostra stabilità rendendo effettiva la pena di persone che hanno ancora le mani sporche di sangue?”.

Un ampio passaggio, poi, sui testimoni e sui collaboratori di giustizia:  “Il nostro sistema di protezione, sulla carta, è uno dei migliori esistenti al mondo, ribadisco sulla carta, perché molto spesso viene disatteso modificando e subordinando la vita dei protetti e dei familiari agli interessi economici dello Stato. I testimoni e i collaboratori sono delle semplici pedine lasciate allo sbando senza alcun supporto psicologico”, denuncia Aiello.
“Riguardo – spiega ancora la deputata – gli imprenditori, si possono dividere in due categorie: la prima comprende i soggetti inseriti in un programma di protezione i quali, allontanati dalle proprie aziende che necessariamente falliscono in quanto abbandonate a loro stesse, dopo anni si trovano alle prese con assurde richieste da parte del fisco. La seconda categoria include gli imprenditori che: denunciano, non sono inseriti in un programma di protezione, non vengono ricevuti dalle prefetture locali, sono abbandonati senza alcuna tutela e nel migliore dei casi usufruiscono della legge 44/99 che concede loro un riconoscimento di danni estorsivi, che puntualmente arriva dopo anni, quando l’azienda è ormai chiusa o addirittura fallita. Tutte le problematiche che ho elencato sono state puntualmente da me portate a conoscenza degli organi competenti, che ad oggi hanno audito alcuni di questi soggetti, senza risolvere nulla”.
“Non nascondo l’amarezza per tutto il lavoro che ho fatto, non solo in questi due anni da deputato ma anche negli anni quale semplice testimone di giustizia, lavoro vanificato da persone che non solo non si sono mai occupate di antimafia con la formazione adeguata, ma che non hanno ascoltato il mio urlo di dolore che non è altro che la voce di migliaia di persone che non hanno modo di farsi ascoltare e che io mi pregio di rappresentare. Sono stata additata come, e scusate il termine, “rompicoglioni”, solo perchè difendo a spada tratta i diritti di chi come me è stato “spremuto come un limone” da organi dello Stato e abbandonato. Sono fiera di essere così come vengo definita, specialmente da colui che per primo mi ha chiamata così, perchè ho avuto la certezza che in questa specifica commissione, dove si decide della vita e della morte delle persone, vengono nominati personaggi che non avrebbero mai avuto il coraggio denunciare neanche un semplice furto di galline e nonostante ciò hanno l’arroganza di non ascoltare chi per anni ha vissuto in un sistema di protezione a dir poco surreale”, si sfoga Aiello.