(di Andrea Scanzi – Il Fatto Quotidiano) – L’identikit di oggi riguarda voi. Sì, voi lettori del Fatto. O perlomeno buona parte di voi. Ormai, dopo undici anni, un po’ ci conosciamo. Il 20 e 21 settembre si voterà per sette Regioni e molti Comuni, ed è ovvio che non pochi tra voi sperino che Pd, M5S, Mdp, sinistra radicale, Sardine e società civile genericamente intesa si uniscano (con convinzione) per sconfiggere questa destra. Nella lista, deliberatamente, non ho inserito Fim (Forza Italia Morta): qualsiasi progetto nobile di politica, non può ontologicamente contemplare il renzismo. Quel che resta della Diversamente Lince di Rignano va serenamente lasciato al centrodestra: cioè a casa sua.

Ecco: tali speranze di un’alleanza organica tra M5S, centrosinistra e società civile, si concretizzeranno al prossimo appuntamento elettorale? Non esattamente. E questo, a oggi, è qualcosa che fa felici unicamente la destra, Renzi e i talebani grillini. Lasciando stare la Valle D’Aosta, che fa un po’ storia a sé, analizziamo gli scenari delle sei regioni al voto a settembre.

Veneto. Qui non c’è gara. Zaia ha già vinto e stravinto. Non solo: più Zaia vincerà “bene” e più indebolirà Salvini, facendo cioè “felici“ tutti coloro che auspicano una destra meno becera. O anche solo più democratica.

Liguria. È l’unica Regione dove M5S, Pd e Bersani, ovviamente senza Renzi, ci hanno provato. Il rischio è di finire come in Umbria, Toti è favorito e Sansa (persona specchiata) è stato sdoganato troppo tardi e non senza polemiche, ma la strada è quella giusta. E smettere di crederci dopo una (probabile?) sconfitta sarebbe da idioti.

Toscana. Una delle Regioni più irricevibili per chi sogna l’alleanza di cui sopra. Il Pd, ancora qui colpevolmente ostaggio del renzismo, ha scelto un candidato che i 5 Stelle e la sinistra “vera” non possono votare. Giani è più renziano di Renzi e sta al nuovo come La Russa al comunismo. Dall’altra parte c’è la Ceccardi, ovvero il salvinismo più greve. Nel mezzo i 5 Stelle, che in Toscana non hanno mai sfondato. Prevedibile un’impennata di astensioni. E di depressioni.

Campania. Idem come sopra, con l’aggravante morale e caratteriale incarnata da De Luca, assurto (idiotamente) a “idolo del web” durante il lockdown solo perché nelle dirette Facebook zimbellava il cazzaro verde. Ovviamente, come in Toscana, Renzi è dentro la cordata che appoggia il sicuro (qui: in Toscana un po’ meno) vincitore. Cinque stelle e sinistra non possono votare De Luca ed è un peccato grave (del Pd) non avere appoggiato un galantuomo come il ministro dell’Ambiente Costa. Il risultato? Pd e Forza Italia Morta vinceranno a settembre senza M5S e con due candidati irricevibili, quindi chi non vuole l’alleanza si crederà dal 21 settembre più forte. Auguri.

Marche. Al momento l’accordo Pd-M5S è lontano, per ripicche personali e perché il Pd nelle Marche ha fatto così tanti troiai (come in Umbria) che la sconfitta sembra certa. E i grillini non vogliono metterci la faccia. Ne consegue che è favorito un meloniano che, fino a poco tempo fa, partecipava a cene celebranti la marcia su Roma. Poveri noi.

Puglia. A oggi è il grande harakiri di Pd e M5S. E miliano non è perfetto, ma i 5Stelle potrebbero ottenere per esempio la vicepresidenza e l’assessorato all’Ambiente (Laricchia). E incidere profondamente nella società. Ma l’accordo non arriva, perché Lezzi e derivati (non paghe di aver sbagliato tutto quando erano al governo con i fasci) preferiscono la sconfitta “sicura ma pura” alla vittoria “compromissoria”. E tra i due litiganti il Fitto gode.

La conclusione? Siamo messi male. E se qualcuno non si ravvederà alla svelta, a fine settembre grandinerà parecchio.