
(Marcello Veneziani) – Tu che mi ascolti, tu che mi leggi, tu che conosco bene o appena o che conobbi un tempo; tu che non conosco affatto, invisibile lettore o casuale passante, postero addirittura, anche di svariati secoli; tu sei il signore riconosciuto di queste pagine. Mi rivolgo a te con tutta l’anima, il cuore aperto e la mente tesa, come se fossi nelle tue mani. Non so da quali pensieri emergi, da quale giornata provieni, e non so quali siano i tuoi assilli; e so per certo che non sarò io a risolverli. Mi dispero per questa incapacità, non di modificare la tua vita come forse vorresti, ma almeno di parlarti in totale confidenza, delle cose che tu hai più a cuore. Vorrei stabilire con te un legame unico e vero, assoluto. Vorrei essere concentrato, e volgermi solo all’essenziale. Se qualcosa ti appare falso, superfluo, ridondante, non considerarlo un espediente per sedurti ma una caduta di tono e un segno di debolezza, o perfino un fallimento. Mio, e forse tuo. Non voglio conquistarti con ogni mezzo e tantomeno compiacerti ma solo destare la tua attenzione a condizione di essere nel vero, solo se restiamo autentici, spietatamente veri, tu e io.
Vorrei aiutarti nell’educazione alla vita, alla morte, alla felicità. Avrei voglia di chiederti quel che chiedo a me: sai che stai invecchiando, ricordi che dovrai morire? Stai mettendo qualcosa da parte per il Grande Viaggio? Che ti porti, hai messo qualcosa in valigia per il cambio di stagione, quando il corpo non ci sarà̀ più̀ e forse resterà solo l’anima, bagaglio a mano di esile trama? o pensi che per andare incontro al nulla si debba partire con nulla e pensare a nulla? intravedo nuove religioni nel futuro. Se un dio si farà̀ uomo e scenderà̀ di nuovo sulla terra, non dovrà più testimoniare con la croce per redimere la sofferenza umana. Ma dovrà̀ redimere dal nulla, precipitando come gli uomini nel vuoto, per insegnare poi a risalire.
Non sarà il dolore ma sarà il niente da riscattare nell’epoca ventura. il benessere oscurerà l’essere nel bene. Sull’orlo del dolore sorse la religione della consolazione, sull’orlo del nulla dovrà̀ sorgere la religione del tempo che verrà. Sarà il perdersi nel nulla la vera croce dell’uomo di domani come lo vedo profilarsi ora; il dolore incita, abbatte e spaventa, ma sarà l’annientamento l’oggetto principale dell’angoscia futura. tanta fame di avere e di fare, intorno a un centro vuoto. Dovrà risorgere dal niente, non dalla croce, il figlio di dio, dopo che sarà precipitato nel vuoto, attraversando campi di energie, stati virtuali e orizzonti magnetici, astri e gravitazioni, abissi di luce e di senso. Sarà redentore dal nulla: libera nos a nihilo. Perdonami se azzardo a sporgermi nel futuro senza essere profeta. Lo faccio perché sento vivo il legame con i miei posteri ignoti, come lo avverto con gli sconosciuti antenati. Siamo connessi.
Vorrei vivere in te e farti vivere in me, e vorrei che quel che scrivo fosse in realtà dettato dalla tua anima, rivolto interamente alla tua vita. Questa missiva non ha altro scopo che unirci in profondità, fino a sentirci nella stessa barca del destino: se questo è l’amore, considera queste pagine un atto unico d’amore, interrotto solo dalla vita che viene meno o forse assume forme invisibili.
SEQUESTOEUNUOMO
Giuseppe Conte non è. Non è un leader, non è un eletto, non è un politico, non è un tecnico, non è nulla. È il Nulla fatto premier. E lo conferma ogni giorno adattandosi come acqua corrente alle superfici che incontra. È la plastica rappresentazione che la Politica, dopo lo Scarso, lo Storto, il Pessimo, ha raggiunto lo Zero, la rappresentazione compiuta del Vuoto.
Luogotenente del Niente, Conte è oggi il fenomeno più avanzato della politica dopo i partiti, i movimenti, le ideologie, la politica e l’antipolitica, i tecnici e i populisti, le élite e le plebi. È la svolta avvocatizia della politica che pure è da sempre popolata di avvocati: ma Conte non scende in politica, assume solo da avvocato l’incarico di difendere una causa per ragioni professionali; ma i clienti cambiano e così le cause. Andrebbe studiato nelle università del mondo perché segna un nuovo stadio, anonimo e postumo della politica. Non si può esprimere consenso né dissenso nei suoi confronti perché non c’è un argomento su cui dividersi; lui segna la fine del discorso politico, la fine della decisione, la fine di ogni idea, di ogni fatto. È la somma di tante parole usate nel gergo istituzionale, captate e assemblate in un costrutto artificiale. È lo stadio frattale del moroteismo, il suo dissolversi. Ogni suo discorso è un preambolo a ciò che non accadrà, il suo eloquio è uno starnuto mancato, di cui si avverte lo sforzo fonico e il birignao istituzionale ma non il significato reale. Altri semmai decideranno, lui si limita al preannuncio.
Ogni volta che un tg apre su di lui, non c’è la notizia, è solo una presenza che denota un’assenza; si spalanca una finestra nel vuoto. I fatti separati dalle opinioni, si diceva; lui è nello spazio intermedio dove non ci sono i fatti e non ci sono le opinioni. Dopo che Conte avrà parlato lascerà solo una scia di silenzi e di buchi nell’acqua. Non darà risposte, sceneggerà un ruolo e dirà lo Zero virgola zero. Nelle sue citazioni saccenti vanifica l’autore citato, lo rende vuoto e banale come lui. Conte non rientra in nessuna categoria conosciuta, eppure abbiamo avuto una variegata fauna di politici al potere. Lui non è di parte, eccetto la sua, è piovuto dal cielo in una sera senza pioggia.
Conte è portatore sano di politica e di governo, perché lui ne è esente. È contenitore sterile di ogni contenuto. Non ha una sua idea; quel che dice è frutto del luogo, dell’ora e delle persone che ha di fronte. Parla la Circostanza al suo posto, la Circumstancia, per dirla con Ortega y Gasset; Conte è la somma dell’habitat in cui è immesso, traduce il fruscio ambientale in discorso.
Figurante ma senza neanche figurare in un ruolo, è l’ologramma di una figura inesistente, disegnato in piattaforma come un gagà meridionale degli anni 50. Un po’ come Mark Caltagirone, il fidanzato irreale di Pamela Prati; è solo una supposizione. Trasformista, a questo punto, sarebbe già un elogio, comunque un passo avanti, perché indicherebbe un passaggio da uno stadio a un altro. Conte, invece, è solo la membrana liquida che di volta in volta riveste la situazione, producendo un molesto acufema in forma di eloquio. Conte cambia voltura a ogni utente e rispetto a ogni gestore (non fu un caso nascere a Volturara).
Conte è fuoco fatuo, rappresentazione allegorica del niente assoluto in politica, ma a norma di legge. Quando apparve per la prima volta dissero che aveva alterato il curriculum e in alcune università da lui citate non era mai stato, non lo conoscevano; ma Conte è un personaggio virtuale, il curriculum può allungarsi, allargarsi, restringersi secondo i desiderata occasionali.
Conte non ha una storia, non ha eredità e provenienze, non ha fatto nessuna scalata. È stato direttamente chiamato al Massimo Grado col Minimo Sforzo, anzi senza aver fatto assolutamente nulla. Una specie di gratta e vinci senza comprare nemmeno il biglietto, anzi senza aver nemmeno grattato. Da zero a Palazzo Chigi. Come Gregor Samsa una mattina si svegliò scarafaggio, lui una mattina si svegliò premier. Un postkafkiano.
Conte è di momento in momento di centro di destra di sinistra cattolico laico progressista, medieval-reazionario con Padre Pio, democratico-global con Bergoglio, fido del sovranista Trump e al servizio degli antisovranisti eurolocali; è genere neutro, trasparente, assume i colori di chi sta dietro. Un passe-partout. Il Conte Zelig, come lo battezzammo agli esordi, ha assunto di volta in volta le fattezze gradite a tutti i suoi interlocutori: merkeliano con la Merkel, junckeriano con Juncker, trumpiano con Trump, macroniano con Macron, chiunque incontra lui diventa quello; è lo specchio di chi incontra. In questa sua capacità s’insinua e manovra.
Conte non dice niente ma con una faticosa tonalità che sembra nascere da uno sforzo titanico, la sua parlata cavernosa e adenoidea è una modalità atonica, priva di pensieri o emozioni, pura espressione vanesia di un dire senza dire, il gergo della premieralità. Il suo vaniloquio è simulazione di governo, promessa continua di intenti, rinvio sistematico di azioni; è un riporto asintomatico di pensieri, la somma di più uno e meno uno. Indica con fermezza che si adatta a tutto e non comunica niente.
Dopo Conte non c’è più la politica; c’è la segreteria telefonica, il navigatore di bordo, la cellula fotoelettrica. Il drone. Conte però ha una funzione, e non è solo quella di cerniera lampo tra sinistra e M5S, punto di sutura tra establishment e grillini. È la spia che la politica non c’è più, nemmeno nella versione degradata più recente. Lui è oltre, è senza, è il sordo rumore del nulla versato nel niente.
MV, Panorama n.41 (2019)
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@unoerre
Mi sfugge il motivo che ti ha indotto a postare questo velenosissimo, ma datato, ritratto di Conte pennellato da Veneziani.
Lasciamo perdere il contenuto francamente diffamatorio, almeno nelle intenzioni, perchè ognuno ha diritto alle proprie opinioni
ed ha diritto di esprimerle, ma perchè postarlo in coda a un “articolo”, chiamiamolo così, scritto evidentemente sotto l’influsso
di sostanze psicotrope?
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Caro Piero: ” ricordati che devi morire”
“Mo’ me lo segno”
Troisi ha già risposto, dall’Aldilà, al lugubre Veneziani.
Quanto alle cose scritte su Conte, Veneziani crede ancora alle ideologie dopo il loro fallimento secolare. Peggio per lui. Io preferisco Thomas Paine e il suo ” semplicistico” Common Sense (buon senso) anche se anch’esso vecchio di 250 anni.
Saluti
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Troppo complicato, rimanga nella sua allopatia!!!
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A posto, signor Paolo, allora io sono un fallito secolare!
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E che mi salta, non so perché, ma mi salta!
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Conte è la soluzione.
Spesso nella nostra ingnoranza (col significato di non sapere o scordare),ci dimentichiamo che abbiamo insegnato al mondo ed aperto la strada a nuove interpretazioni della vita, in tutti i campi e in tutte le stagioni. Cercate su una qualsiasi biblioteca e ne troverete traccia in ogni dove.
Per restare alla politica, la maggior parte delle formule sono state inventate in Italia, dal Dictator all’Imperator ai Comuni alle Signorie, alle corporazioni ecc..Adesso abbiamo il Presidente del Consiglio Super Partes, che non partecipa per nessun partito ma svolge una funzione mediatrice tra diverse istanze e di contrapposizione legalitaria (l’espressione “avvocato del popolo). Una formula questa che si addice al momento storico che viviamo.
Una situazione nuovissima ed appunto perchè non scritta nei manuali da nessuna parte che i molti non ci si riconoscono e non vogliono capire un caxxo!! e danno di matto!!
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nemo propheta in patria
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Facciamo meno profeti in patria, si’?
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L’estensore, non avendo più NULLA da dire, punta il ditino su altri (o a tutti) sproloquiando sul NIENTE e sul NULLA, tutto soltanto perche nel suo cervello poverino si ritrova un bel NIENTE condito da tantissimo NULLA.
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Le ragioni sociali sono anche utilizzate per prendere le distanze da una o più passate, cattiva pubblicità, fallimenti eccetera.
Nel caso un’azienda abbia macchiato la propria reputazione, può reinserirsi sul mercato con un nuovo titolo…
senza fine
tu trascini la nostra vita
Senza un attimo di respiro
Per sognare
Per potere ricordare
Quel che abbiamo già vissuto
Senza fine……
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Dopo il nulla dei partiti, l’abisso di Veneziani e il niente ancestrale del suo menestrello Unoerre, non ci rimane che l’ancora del tanto vituperato Conte
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PACCODOPPIOPACCOECONTROPACCOTTO
alias “ma da dove sei uscito dall’uovo di Pasqua?”
“Se questo è un uomo” Primo Levi
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Verrrrrgogna! Tu che te ne strelli di Veneziani.
E a Pasqua? Se questo e’ un uovo.
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