(Pietrangelo Buttafuoco) – Giù la statua di Cristoforo Colombo. Torna il tanfo del fanatismo e il suo vizio d’origine. Friedrich Nietzsche ebbe a indicarlo: “la morale del gregge”. Si torna al IV secolo: la distruzione di Palmira, Ipazia – filosofa neoplatonica – linciata, l’Accademia di Atene chiusa per decisione dell’autorità ideologicamente corretta, quindi “innumerevoli libri e mucchi di documenti, scovati da varie abitazioni, impilati e bruciati sotto gli occhi dei giudici” incaricati di mondare gli uomini dalla “follia del politeismo”. La volontà del gregge, appunto, che s’impone su cose di cui è proibito pensare diversamente e liberamente.
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Il gregge segue, sempre. Non ha morale: esegue. Perciò i ” pastori” debbono essere i migliori, quelli che danno l’ esempio di valore, scienza, conoscenza, virtù. Quelli che si confrontano coi loro pari per stabilire il ” tratturo” piu opportuno
Quelli che fanno crescere in consapevolezza i componenti del gregge per trarli di là. Poi ci sono i ” cani sciolti” che pensano di essere i migliori, i più capaci e che disprezzano gregge e pastori. In genere sono dei rompi…che si credono il sale della Terra.
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Il gregge risponde anche a suoi elementi interni e questo scardina in parte l’ordine naturale del gregge e del pastore. Molte cose possono essere capite e spiegate solo allusivamente, attraverso metafore e similitudini che possono darne un senso concreto e comprensibile e, in quanto realtà lontane e non vissute personalmente, assumono i caratteri e tonalità interpretativi secondo le categorie più personali. Che l’Isis abbia distrutto Palmira, come emblema di un ponte antico con l’occidente, non ha, ai nostri occhi occidentali, nessuna scusante, ma ai loro occhi si; e anche la storia della povera Ipazia, su cui corrono leggende da secoli, non ha scusanti, ma sempre secondo i nostri occhi e ancora per la mattanza delle streghe.
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P.S. Molte persone, specialmente signore, usano dire, ancora oggi, strega a persone che vogliono offendere, quindi la storia, pur col suo carico di solo passato e trapassato, è viva e presente e ogni velatura, nascosta tra le pieghe del quotidiano divenire, ricorda la preistoria del nostro patrimonio genetico e la memoria del dolore che vi è rimasta impressa. Ci illudiamo di percorrere vie per il benessere comune, pensando anche egoisticamente, che il benessere comune può e potrebbe coincidere anche con il nostro; ma in realtà siamo monadi in un deserto, siamo i figli dei figli dei figli che faranno altri figli e tutto resta e si ripete, pur con echi minimali, bassissimi come un’eco scandaglio, ma presenti e vivaci. Chi ha fatto soffrire e chi ha fatto del male, dovrebbe essere punito, anche secondo una legge cristiana; nella legge dell’uomo il perdono può giungere, ma tardi, dopo che la pena si è incisa nelle carni e nelle vene; invece, per l’assurdità del momento assistiamo ad assecondare la legge dell’uomo ad una legge divina, aspettando che il castigo dell’eterno, fustighi coloro che hanno seminato male, dolore e discordia, in un Eden all’arrovescio dove le parole del serpente si possono comperare e modificare e dove le Eve si possono duplicare, moltiplicare o scambiare, allora quale soluzione? quale speranza di vedere una seria giustizia ribaltare i tavoli nell’arco del tempo di un’ esistenza umana? Se chi dovrebbe agire in funzione di una giustizia terrena si pasce di una giustizia divina, congelando il giudizio in un limbo di eternità?
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