
(Anna Lombroso per il Simplicissimus) – Da due giorni giornali e rete straripano dell’appassionato sdegno contro il tristo figuro e la sua piazza, invero poco frequentata a vedere le foto dall’alto, generosamente definita da Famiglia Cristiana “La più imponente riunione di idioti da decenni”, per via di quello spirito caritatevole che ha sempre animato le crociate della cristianità, per operare una accurata selezione tra gli umiliati gli offesi e i diseredati da fare oggetto della sua pietà.
Proprio come è successo in passato quando la critica di cittadini esacerbati verteva sui costumi dissipati del puttaniere più che sul conflitto d’interesse, anche in questo caso l’anatema è lanciato più per l’organizzatore no-mask e assembramenti che contro l’aspirante golpista cacciato perfino dall’Arma per le sue intemperanze.
Altrettanto dicasi per le forze dell’ordine accusate di due metri e due misure sulla qualità del distanziamento, da parte di chi non solleva un sopracciglio per ben altre repressioni e ha solidarizzato con quella istruita contro le inopportune manifestazioni promosse da lavoratori nei primi di marzo, costretti alla ressa doverosa nei posti di lavoro e nei mezzi pubblici.
Certo, l’arruffapopolo è davvero impresentabile, dei suoi adepti sappiamo poco, perché per una volta nessun organo di stampa ci ha illuminati sulla natura del loro volgare ribellismo, spregevole in quanto ignorante, rozzo, xenofobo (si sa i cacciati da Capalbio succede che vengano conferiti nelle loro discariche periferiche), animalesco, quindi oggetto di sacrosanta e giustificata riprovazione, la stessa che ha costretto a consegnare da anni il malcontento disonorevole della pancia nelle mani della destra: misura dolorosa ma necessaria avviata da chi possedendo qualche residuo di garanzia e sicurezza, vanta una superiorità morale da difendere e da esercitare contro quei fermenti animali che si alzano dai margini della civiltà.
Invece, come mi è capitato di scrivere a caldo, sarebbe utile capire cui prodest, visto che certe macchiette finiscono sempre per essere funzionali ai disegni di chi comanda: in questo caso togliere valore e credibilità a qualsiasi forma di critica alla gestione delle crisi sanitaria e economica in nome di una obbligatoria unità nazionale tenuta insieme da un esecutivo di “salute pubblica”. Ma anche, come effetto non secondario, rendere accettabili, per appartenenza alle élite e rispetto dei requisiti riconducibili alle regole di bon ton diventate imperativi etici, altri figuri in realtà più dannosi, visto che sono affidati a loro settori strategici della cosa pubblica.
Proprio in coincidenza con la disdicevole manifestazione degli irriguardosi irresponsabili senza mascherina, il responsabile del nostro patrimonio culturale si è espresso come dinamico coach per una «grandiosa Ricostruzione».
“Abbiamo davanti un’occasione incredibile“, ha proclamato dalle pagine del Corriere, la crisi scoppiata con il coronavirus può trasformarsi in un’opportunità “perché per la prima volta dopo più di trent’anni un esecutivo può spendere risorse per il Paese invece di tagliarle. Sospeso il patto di Stabilità, ci sarà il Recovery fund, c’è ilMes che prenderemo…”. Anche se agisce all’interno di coalizione “politicamente fragile ” Dario Franceschini confida in questo “jackpot che potrebbe cambiare le sorti del Paese“. Dicendosi sicuro che passata l’emergenza, “il turismo in Italia ricomincerà a crescere impetuosamente”, quindi bisogna puntare sui nostri luoghi più ricchi di bellezze paesaggistiche e artistiche e finora più trascurati: il Sud.
E come? Collocando i 150 milioni del decreto Rilancio “per la riqualificazione della nostra offerta alberghiera e con un piano di recupero e rilancio dei borghi…. spesso abbandonati o trascurati”, grazie alla realizzazione di “hotel diffusi, cammini, ciclabili, ferrovie storiche, cibo, natura, arte”.
Ma prioritario per l’avvio di questa strategia di valorizzazione sarà il prolungamento fino il Sicilia della rete dell’Alta velocità al servizio di un turismo qualificato. E magari prendendo in considerazione l’ipotesi del Ponte, “perché”, come osserva l’Illuminato, “ i treni ad alta velocità dovranno pur attraversare lo Stretto”.
Ecco basta girare gli occhi per guardare il termometro, distogliere l’attenzione per lavorare in regime di storm working, per far fare ai figli, avendo Internet, i compiti con la didattica a distanza, per istruire la pratica per la cassa integrazione, per farsi dare l’elemosina in qualità di Partita Iva, che come un saltapicchio vien fuori dalla scatola delle meraviglie il genietto delle macchine da corruzione, il fantasmino dell’alta velocità dove non ci sono i treni per i pendolari e se ci sono si scontrano in un binario unico, dove c’è una stazione nella più volte nominata Capitale della Cultura in compenso non c’è la ferrovia.
Eccolo il bravo ragazzo, così intriso dei valori della tradizione familiare da aver voluto fare della casa avita un bel B&B aperto a visitatori paganti ancorchè esclusivi. È una vocazione la sua, così potente da farne la sua mission istituzionale in modo da trasformare tutto il Paese con preferenza per il Mezzogiorno proverbialmente parassitario e indolente, in un gran parco tematico delle civiltà morte del Mediterraneo, con i viventi non emigrati in qualità di figuranti in costume, in veste di osti, locandiere, inservienti, guide e intrattenitori, proprio come raccomandano quei sacerdoti della fruizione turistica e culturale, Farinetti che chiede di convertire il Sud nella Sharm el Sheik europea o Briatore pronto a trasformare la noiosa Valle dei Templi in un più profittevole Billionnaire.
Tutto così sarà Very Bello, come postulava una delle sue campagne pensate per vendere il Bel Paese all’estero proprio come tocchi dell’analogo formaggio: si è confermato il suo disegno di adibire a uso puramente turistico il patrimonio culturale, anche grazie al “riaccorpamento” di Beni culturali e Turismo, giustamente divisi dal Conte 1, col ripristino della direzione generale ad hoc, con la vigilanza sull’Enit e l’elaborazione del piano strategico, a sancire che il tesoro d’arte e storia e memoria che abbiamo avuto in prestito e che dovremmo restituire intatto alle generazioni a venire, che abbiamo mantenuto sia pure non al meglio con le nostre tasse è vocato e destinato allo sfruttamento turistico.
Come è confermato dalla proliferazioni creativa di auguste pensate immaginifiche, gladiatori e giochi d’acqua con tanto di triremi nel Colosseo allagato, navi invitate a tornare nella Serenissima e plauso all’alta velocità fiorentina, campi da golf sparsi in Trinacria, rilancio dei musei grazie a direttori/manager addestrati in Mc Donald’s, assenso alla trasvolata di preziosi reperti comprese due guglie del Duomo a corredo dell’esposizione di salami e mortadelle del norcino reale approdato negli Usa e pure alla gita dei Bronzi di Riace all’Expo provvidenzialmente impedita dalla sovrintendente.
E tante altre in qualità di autore della famosa iniziativa del Mibact chiamata “Circuitazione di opere icone”, che permise alla Velata di Raffaello di Palazzi Pittidi transitare per mesi in tutta l’America più profonda tra Oregon, Wisconsin, Nevada a bordo di un camion; che fece sì che durante una mostra al Colosseo cadesse per il vento la statua ellenistica della Fanciulla di Anzio o che durante la mostra su Costantino al Palazzo Reale di Milano si frantumasse un prezioso cratere in marmo.
Ma lui è fatto così, proprio non gli sta bene che si sprechino delle buone occasioni, che non si colgano le “opportunità”, come sa fare lui: lo ha dimostrato il piglio imprenditoriale con cui raccoglie fondi per l’Ales Spa.
Ales S.p.A, è la società in house del Ministero che ne detiene il 100% del pacchetto azionario che fa quindi capo a lui stesso, e per la quale è riuscito a reperire nel mese di marzo, dicono fonti ben informate, ben 5 milioni e rotti di contributi pubblici. Una “ditta” che ha tutte le caratteristiche di una società per azioni, quindi di natura privatistica, impegnata da oltre quindici anni in attività di supporto alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e di supporto agli uffici tecnico – amministrativi del Socio Unico, che, hanno denunciato i sindacati dei lavoratori dei Beni Culturali, “il Mibact avrebbe potuto espletare da solo e attraverso i suoi uffici, e che in tutti questi anni ha utilizzato per le proprie attività solo personale completamente esterno al dicastero, bypassando in maniera assoluta le regole delle assunzioni pubbliche tramite concorso”.
Ormai sappiamo che la bellezza non si mangia in mezzo a due fette di pane. E che nemmeno ci salverà, troppo impegnata a dar da mangiare a loro.
Tutta ‘sta pappardella per scrivere che Dario Franceschini, anche se ora governa fianco a fianco con i 5S, è sempre lo stesso uomo
che faceva il cameriere di ogni tipo di lobby insieme a Renzi e Gentiloni?
Grazie, Anna… ma l’avevamo capito da soli già da un bel pezzo!
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Scusi ma alla sua scrittura banale e volgare c’è gente come me che preferisce i memorandum e la raffinata prosa di Anna Lombroso.
Se non gradisce la “pappardella” può saltare e andare direttamente agli articoli che più la rappresentano. Il blog ne è pieno.
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@Paolapci
L’incipit “scusi” seguito immediatamente dall’accusa di esprimere la mia opinione in modo “banale e volgare” è indice di
un modo ipocrita di affrontare le discussioni.
Che cosa significa che dovrei saltare gli articoli di Anna Lombroso, che, detto per inciso, apprezzo, anche se a volte m’infastidisce
l’eccessiva verbosità, “e andare direttamente agli articoli che più mi rappresentano”?
Un più o meno velato insulto che non mi interessa raccogliere.
Se avrà argomenti fondati su un minimo di raziocinio e non solo sul fastidio che le provocano opinioni differenti dalla sua, sarò lieto
di interloquire con Lei in futuro.
Non ho altro da aggiungere e perdoni la mia prosa “banale e volgare”… è la sola con cui riesco ad esprimermi.
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L’oggetto dell’invettiva di Anna Lombroso dovrebbe far riflettere tutti sul fatto che i giornalisti che vanno per la maggiore su questo blog e che si occupano quotidianamente di beatificare i 5S (e che a lei tanto piacciono, a meno ché non mi sbagli con altri pieroiula) hanno perso di vista soggetti che prima erano nel loro mirino. Es. Franceschini: allorquando si formò il governo Conte 1, ben dura fu la battaglia giornalistica contro il gabinetto dell’allora ministero. Ministero che col Conte 2 si è ricomposto esattamente uguale a prima ma ormai sfugge al mirino dei commentatori che a lei tanto piacciono.
Su “scusi” ha ragione, potevo evitarlo. Diciamo che trattasi di lapsus freudiano: sapevo inconsciamente che avrei scritto frasi spiacevoli e me ne scusavo in anticipo sebbene abbia scritto di getto e non certo in modo programmato, ma capisco che possa suonare ipocrita. Non lo è.
Alla luce dei commenti ammirati che leggo (anche da parte sua) sotto articoli, non solo banali nella forma (quella che lei definisce verbosità), ma soprattutto ripetitivi nel contenuto, che si riassuma la qualità di un discorso strutturato in modo così preciso, che parte da oggi, torna a ieri e arriva a domani, a quello che se li lasciamo fare ci aspetta, con pappardella lo trovo molto offensivo verso una studiosa dei fenomeni sociali dalla quale si può solo imparare (Anna Lombroso) e sicuramente come dice lei mi infastidisce e mi sento libera di esprimere il mio fastidio.
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@Paolapci
Ecco, se il confronto dialettico si dipana nel rispetto della reciproca buonafede, senza abbassarsi a mezzucci lessicali con cui s’intende
mostrare il proprio disprezzo senza tuttavia ricorrere all’insulto diretto, è possibile scambiarsi serenamente opinioni pur contrastanti.
Evidentemente l’aver usato il termine “pappardella” in riferimento alla prosa ridondante di Anna Lombroso l’ha stizzita in modo tale
da non averle fatto rilevare come fossi sostanzialmente d’accordo con la tesi da lei esposta.
Per quanto riguarda il modo di scrivere, lo stile e l’efficacia comunicativa della Lombroso, qui cominciano le dolenti note.
Prenda la frase che inizia con: “Certo, l’arruffapopoli è davvero impresentabile…)
E poi: “Ecco, basta girare gli occhi…”
E ancora: “E’ una vocazione la sua…” solo per citarne alcune di quelle da leggere in apnea e da rileggere subito dopo per cercare
di ritrovare il filo del discorso principale che s’è perso in una miriade di subordinate, incisi e “divagazioni sul tema” spesso inutili ma che, anche quando significative, appesantiscono il discorso rendendolo tortuoso e faticoso.
Se Lei ha inteso, come appare da ciò che scrive, che il termine “pappardella” fosse riferibile all’autrice e alle sue idee e non al suo modo di scrivere, s’è sbagliata di grosso.
Lei sembra confondere la banalità con la concisione o con una articolazione più snella e ordinata del discorso.
Per carità, convengo con Lei che su questo sito compaiano articoli spesso banali e ripetitivi nelle loro tesi (laddove una tesi esiste),
ma se ne possono leggere anche molti ricchi di contenuti originali e di più immediata comprensione rispetto a quelli di Anna Lombroso
che, ripeto, ha sempre goduto della mia stima per il suo impegno politico e sociale.
Infine, come Lei si sente libera di esprimere il Suo fastidio, magari evitando di insolentire, io mi sento libero di esprimere il mio consenso (tutt’altro che acritico, mi creda) verso una forza politica che, pur tra mille errori e incertezze, sta tentando di riportare un
po’ di moralità nel panorama politico italiano.
Se anche ciò la infastidisce… beh, credo sia un problema suo e non mio.
Cordiali saluti.
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La questione del consenso forse nel suo caso sarà critico, sicuramente gli articoli sotto cui i commenti abbondano (senza subordinazione, questo è sicuro, esclusivamente con paratassi e coordinazione) non esprimono di solito nessun tipo di tesi, sono scritti in difesa e tra questi escludo Travaglio che seguo da sempre e che mi rifiuto di considerare un megafono dei 5s.
Ma tornando alle tesi dei giornalisti che mi sembra scrivano solo su questo blog, hanno a quanto pare gioco facile ad aizzare folle come sta facendo oggi un Salvini qualunque nella mia città; e a loro, alle folle aizzatr, ho imparato a non rispondere e a non interagire, perché non c’è interazione, il livello non lo consente, non si tratta di contrapporre idee diverse.
Pertanto non è lo schieramento il mio problema, anzi io non ho proprio problemi. Ieri ho espresso per iscritto un pensiero ad alta voce, sotto un articolo che di solito non viene mai commentato, e il concetto espresso era più o meno, “ma sul serio? Glorificate scrittori banali e criticate una delle poche in grado di articolare?” Nel momento in cui mi ha giustamente risposto dicendo che avrei dovuto articolare l’ho fatto, altre persone in passato (recente) mi hanno risposto che a sono di destra, b che mi piacciono quelli di prima, c che non capisco niente. Capisce bene che il confronto non è possibile, ma sono lieta che con lei sia possibile.
Un saluto
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