(Tommaso Merlo) – Le lobby che finanziano i giornali vogliono riaprire tutto e subito e da giorni ci bombardano d’ipotesi e retroscena sul come e sul quando. Le solite secchiate di fake news per compiacere i loro padroni preoccupati di un definitivo fallimento. Non contenti, gli stessi giornali si lamentano col governo della confusione attorno alla fase 2 quando solo loro a crearla. Ipocrisia pura. Invece di attendere che Conte vari il piano di riapertura ed informare i cittadini di conseguenza, fanno il solito fanta giornalismo che in emergenze come questa nuoce doppiamente ai cittadini. Oltre alla confusione alimenta vane aspettative e frustrazione pericolose dopo settimane di quarantena. Un comportamento irresponsabile ma in linea con l’andazzo degli ultimi decenni. Se la stampa italiana è in crisi nera, la colpa non è certo dei cittadini che non leggono più i giornali. La colpa è dei giornalisti che li scrivono. A furia di fake news e di far politica spicciola hanno perso ogni credibilità. Volenti o meno, consci o meno, gran parte della stampa non è al servizio dei cittadini e quindi della verità dei fatti, ma è al servizio dei loro padroni. Al servizio di chi gli paga lo stipendio e dei politici che strada facendo devono ungere per far carriera. Un tradimento storico che stanno pagando duramente. Il problema dei giornalisti nostrani è che i loro padroni e politicanti di riferimemento si sono rivelati d’infimo livello e li hanno trascinati nel loro baratro e si son ridotti ad essere una delle tante caste del paese. Una casta chiusa ed ottusa. Quello che infatti lascia basiti è che nonostante i giornali non li legga più nessuno e la stampa italiana viva una crisi di credibilità epocale, non cambia nulla. Se fossero sani, i giornali si rinnoverebbero per riconquistare la fiducia dei cittadini e il ruolo che gli spetta nella società. Ed invece sono immobili e in mano alla stessa cricca di sempre che si ostina a far giornalismo nello stesso sciagurato modo. Se i giornali dipendessero solo dal mercato avrebbero già chiuso da tempo. Tirano avanti mungendo lo stato e le tasche dei loro padroni sperando che nel frattempo i cittadini cambino idea sul loro conto. Nessuno che si ribella ai baroni e ad un sistema malato. Nessuno che lotta per un giornalismo pulito e all’altezza dei tempi. Ma a ben vedere in Italia funziona così ovunque. I giovani sono tenuti sotto ricatto da qualche contrattino da fame e se vogliono emergere devono omologarsi al sistema, devono accodarsi a qualche cordata. L’Italia è un paese che premia il conformismo, coloro che non danno fastidio, quelli che abbassano la testa e tengono la bocca chiusa quando serve. L’Italia premia chi garantisce al sistema di sopravvivere ed emargina il nuovo e il diverso. È anche per colpa di questa mentalità che siamo fermi come paese. Chissà se questa pandemia avrà qualche effetto benefico sulla stampa. Chissà se si aprirà una fase 2 e anche in Italia si potrà finalmente avere una libertà di stampa degna delle democrazie più avanzate. Chissà se un giorno si potrà tornare a leggere i giornali.
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“Gran parte della stampa non è al servizio dei cittadini e quindi della verità dei fatti, ma è al servizio dei loro padroni. Un tradimento storico che stanno pagando duramente”
Grande Merlo, niente di più vero. E che gli stessi giornalisti non se ne rendano conto, è ancora più grave!
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Che se ne rendano conto o meno è irrilevante: chi si mette di traverso viene emarginato, a meno che nel frattempo non sia diventato in grado di mettersi in proprio (la cosa finora è riuscita solo a due persone, nell’ordine: Travaglio e Belpietro).
In questa situazione, dove l’unica libertà lasciata al giornalista è quella di rendersi eventualmente conto della situazione (e stop), l’unico effetto che il singolo può sperare di ottenere da questa presa di coscienza è quello di ingoiare più rospi di prima, pertanto ritengo umana e comprensibile la reazione di chi, pur di continuare a lavorare, si tappa occhi, orecchie, naso e bocca; in un certo senso è anche salutare, mica si può vivere perennemente incazzati. Per non parlare del fatto che, generalmente, vengono reclutati scribacchini e non teste pensanti, c’è già tanta selezione all’ingresso che mette eventuali dissidenti nelle condizioni di essere rare eccezioni in un contesto lavorativo largamente uniformato, per cui i primi a metterli in riga sono i loro stessi colleghi, prima ancora che i capi.
La situazione è comune a quella che si verifica in moltissimi altri luoghi di lavoro, con la differenza che, nel caso dell’informazione, la questione è decisamente più grave, in quanto riguarda, oltre che gli interessati, anche le sorti stesse della democrazia (se il cittadino mediamente decide in base a informazioni perlopiù distorte o manipolate, non è davvero libero nelle sue scelte; è come chiedere a un bambino se preferisce la mela o la pera: dal suo punto di vista la sua scelta è libera, ma se nessuno gli ha detto che c’è anche la banana, va da sè che la libertà di scelta viene a mancare), però va anche osservato che il problema è atavico, non nasce certo ora ma affonda le sue radici nella metà del secolo scorso, e si è vieppiù aggravato con l’avvento del berlusconismo, quindi ormai dovremmo averci fatto il callo, come dimostrato dal fatto che sempre meno gente si informa sui canali tradizionali.
Non che cambi la sostanza, dato che la maggior parte dell’informazione in rete viaggia comunque attraverso i cosiddetti aggregatori di notizie che, a loro volta, attingono nella stragrande maggioranza dei casi ai canali tradizionali, però internet almeno un minimo di pluralismo in più lo garantisce.
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E’ ingenuo credere che i giornalisti siano cosi perchè “PAGATI”.
Si comporterebbero in questo modo anche gratis.
Semplicemente perchè sono italiani e descrivono la politica e le loro opinioni con spirito da tifoso ultras.
Anche loro sono adusi a fare i CT della nazionale in modo permanente su tutto.
E’ tutto molto più semplice e temo irrimediabile.
Anche questo blog ha una sua linea politica e seleziona le informazioni che più gli interessano,
Perchè non dovrebbero farlo altri?
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