Quando mai la presidente del Consiglio ha dialogato in parlamento apprezzando, se non consentendo, quanto diceva l’opposizione? Mai appunto, perché la cultura politica della premier non prevede tolleranza e pluralismo: vibra solo sulle corde dell’attacco, del vittimismo e del rancore. Questo stile politico crea un clima di tensione e rende volontariamente difficile raggiungere intese super partes

(Piero Ignazi – editorialedomani.it) – Per evitare il rischio di incidenti in vista della partita di pallacanestro tra la Virtus Bologna e Maccabi Tel Aviv, il comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico della città felsinea, composto da questore, prefetto, comandanti dei Carabinieri e della Finanza e sindaco, aveva stilato un documento il 5 novembre dove si affermava che era necessario spostare la gara di Eurolega ad altra data e ad altro luogo.
I club interessati e la federazione internazionale erano d’accordo. D’imperio, invece, è intervenuto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi affinché la partita si svolgesse come previsto. A nulla sono valsi i richiami del sindaco che sottolineava la difficoltà a gestire l’ordine pubblico, tra l’altro in un centro cittadino sottosopra per i lavori del tram. Niente da fare. Forse qualcuno sperava che ci fossero danneggiamenti qua e là da parte dei manifestanti, in parte pro-Pal in altra parte semplicemente desiderosi di rompere tutto a ogni occasione. E così le televisioni sono andate a nozze nel documentare gli scontri e le devastazioni.

Mantenere il potere
Quanto successo è stato ovviamente cavalcato dalla destra per scagliarsi contro chi chiunque protesti, e infangare il governo della città, raccontando un luogo alla mercé dei violenti, senza ordine e legge, dove intervenire con pugno di ferro.
Forse non è un caso. In fondo, “Bologna la rossa” dà ancora fastidio. Rode che abbia resistito a una serie di attentati lunghi dieci anni, e ancor più che la giustizia abbia individuato al di là di ogni ragionale dubbio esecutori e mandanti nel mondo della destra radicale di ascendenza neofascista.
L’episodio bolognese, forse piccolo in sé perché “non c’è scappato il morto” come a Genova nel 2001, dà però la misura della spregiudicatezza con cui la destra al potere muove le sue leve, per fini di parte. È una delle tante dimostrazioni che il governo Meloni non si cura, se non causalmente, degli interessi nazionali, bensì segue un’altra stella polare ben precisa: il mantenimento del potere attraverso la demonizzazione dell’avversario (oltre al controllo di tutte le risorse, affidandole a famigli e seguaci dalla storia non immacolata ma piuttosto tendente al nero fumo).

Sintonia con Trump
Le parole di odio che tracimano dai fogli più spudoratamente filo-governativi e dagli interventi dei rappresentanti della destra sono l’anticipazione del clima che verrà quando avrà conquistato tutte le casematte. I toni oltraggiosi e lo stile arrembante nei confronti degli avversari diventeranno la norma.
Del resto già oggi, quando mai la presidente del Consiglio ha dialogato in parlamento apprezzando, se non consentendo, quanto diceva l’opposizione? Mai appunto, perché la cultura politica della premier non prevede tolleranza e pluralismo: vibra solo sulle corde dell’attacco, del vittimismo e del rancore.
Questo stile politico, in perfetta, non casuale, sintonia con Donald Trump, crea un clima di tensione e rende volontariamente difficile raggiungere intese super partes. Lo si è visto nella riforma costituzionale sulla giustizia, introdotta a colpi di maggioranza senza nulla concedere al dialogo con l’opposizione.
Lo stesso, probabilmente, avverrà sulla riforma elettorale, dove la maggioranza punta a introdurre un mostriciattolo a suo uso e consumo per mantenere in potere anche con una minoranza dei voti. Il metodo di governo “di parte”, che è riscontrabile in mille casi, e a volte deborda, come a Bologna, innalza la temperatura politica e favorisce la polarizzazione in una logica di scontro ultimativo. Del tutto congeniale alla destra gladiatoria di origine neofascista, ma nemica di ogni buon governo e, soprattutto, di una democrazia ben funzionante.
deve mantenere alto il consenso del 28/29% di quelli che vanno a votare,
quindi regalie a gogo’
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