Un pacifinto si aggira nel governo. Ed ha la stazza e le sembianze del vice premier e leader della Lega Matteo Salvini

Il pacifinto

(di Antonio Pitoni – lanotiziagiornale.it) – Un pacifinto si aggira tra le stanze del ministero delle Infrastrutture e i corridoi di Palazzo Chigi. Ed ha la stazza e le sembianze del vice premier e leader della Lega Matteo Salvini. Da settimane si smarca dal prossimo decreto aiuti all’Ucraina, slittato di rinvio in rinvio al 29 dicembre, preparando la retromarcia.

Con qualche formula in politichese – tipo “aiuti civili, principalmente” che non esclude quelli militari – che gli darà il pretesto di riallinearsi al resto dell’esecutivo, votare il provvedimento, ma continuando a dire ai suoi: “Visto! L’abbiamo spuntata noi”. Ma non finisce qui. Mentre cerca di smarcarsi – per lo più a parole – dalla deriva bellicista degli alleati, i fatti continuano a smentire le intenzioni. Nella Manovrina da poco più di 18 miliardi, che il governo continua a riscrivere, è spuntata l’ennesima riformulazione (poi accantonata) di una serie di emendamenti con l’obiettivo di “tutelare gli interessi essenziali della sicurezza dello Stato e rafforzare le capacità industriali della difesa riferite alla produzione e al commercio di armi, di materiale bellico e sistemi d’arma”.

Ma da dove arriva la misura che favorisce la riconversione industriale in chiave militare? Da tre proposte fotocopia di Fratelli d’Italia, di Forza Italia e, udite udite, della Lega. Il partito di Salvini che, mentre si mette di traverso sul decreto armi a Kiev, presenta un testo per traghettare il Paese in economia di guerra. Almeno che non sia opera della solita “manina”. Come quella che al ministero dell’Economia avrebbe, secondo il Carroccio, inserito in Manovra l’ulteriore stretta sulle pensioni rispetto alla legge Fornero che promettevano di abolire.