
(Giuseppe Gagliano – lafionda.org) – Siamo ormai all’ennesimo giro della giostra geopolitica, quella in cui tutti fingono sorpresa per dichiarazioni che, in realtà, non sorprendono nessuno. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, il più alto ufficiale militare della NATO, ha spiegato al Financial Times che l’Alleanza potrebbe persino considerare un “attacco preventivo”. Preventivo, sì: come il mal di testa che ti viene appena senti qualcuno pronunciare certe parole. Un modo elegante per dire che, forse, sarebbe il caso di colpire prima che l’altro colpisca. E qui già si intravede il capolavoro della diplomazia: se tutti si sentono “preventivi”, prima o poi qualcuno schiaccia il pulsante.
La Russia, prevedibilmente, ha risposto come fa da mesi: parlando di “provocazioni irresponsabili”, “escalation” e tentativi deliberati di mandare all’aria la possibilità (già flebile) di una gestione negoziale della crisi ucraina. Maria Zakharova, la portavoce del ministero degli Esteri russo, ha pronunciato il suo solito rosario: chi parla così gioca col fuoco, mette a rischio la sicurezza europea, eccetera eccetera. Ritornello noto, ma non per questo meno utile a Mosca, che con ogni dichiarazione NATO ottiene nuove munizioni retoriche.
Il problema, però, non è la reazione russa, che è prevedibile quanto una telenovela. Il problema è ciò che sta dietro il ragionamento dell’ammiraglio Dragone. Quando dice che la NATO subisce “attacchi tutti i giorni”, dai virus informatici alle interferenze sulle infrastrutture, dalle campagne di disinformazione fino alle solite accuse sugli immigrati “armati”, usa l’intero catalogo della “guerra ibrida”. Ed è un catalogo comodo: puoi infilarci dentro tutto. Alla fine, qualunque cosa può diventare pretesto per “essere più aggressivi”, come dice lui.
Resta un ostacolo banale: la legge. Dragone stesso lo ammette: tra giurisdizioni, responsabilità e vuoti normativi, nessuno sa bene chi dovrebbe fare cosa. La NATO vuole essere aggressiva, ma senza sapere chi deve tirare il primo colpo. Un capolavoro di chiarezza strategica.
Intanto, mentre si discute di “attacchi preventivi”, succede qualcosa che, guarda caso, non entra nei titoli dei telegiornali. Per esempio, i cavi sottomarini danneggiati nel Baltico e nel Mare del Nord. Tutti sospettano, nessuno può dimostrare. Una petroliera trascina l’ancora per 56 miglia e trancia linee dati. Che sia goffaggine, sabotaggio o geopolitica marinara, un tribunale finlandese ha deciso che il diritto penale non si può applicare. Perfetto: se non ci sono colpevoli, non ci sono problemi. Intanto la NATO si congratula con sé stessa per l’operazione “Baltic Sentry”: “Da quando siamo qui, non è successo più niente”. Forse perché nessuno può più muovere un’ancora senza finire sul giornale.
Poi ci sono i droni entrati in Polonia. Una ventina, dicono. Mosca sostiene che non era intenzionale, Tusk parla del momento più vicino alla guerra dalla seconda guerra mondiale. Il solito copione: un episodio di confine diventa un trampolino per attivare l’articolo 4 dell’Alleanza, riunioni su riunioni, propositi di “rafforzare le difese”. E così si alimenta una tensione che nessuno ha interesse a spegnere davvero.
Alla fine, quello che resta è la solita fotografia: dichiarazioni sopra le righe, reazioni indignate, accuse reciproche e una guerra che continua a consumare risorse, uomini, governi e credibilità. La NATO cerca un ruolo di potenza reattiva e, se possibile, proattiva. La Russia usa tutto questo come carburante per accusare l’Occidente di voler portare il mondo verso l’abisso. Una danza che ormai conosciamo bene: passi di lato, passi indietro, minacce, smentite, rivendicazioni. E, sotto il rumore, un conflitto che non si ferma mai.
E chissà: magari, un giorno, qualcuno spiegherà ai signori dell’Alleanza che le parole “attacco preventivo” non sono proprio l’ideale quando si pretende di rappresentare un blocco difensivo. Anche perché la difesa, per definizione, arriva dopo. Ma evidentemente non è più tempo di definizioni. È tempo di mostrarsi aggressivi, anche se non si sa bene come, quando e contro chi. L’importante è parlarne. E sperare che nessuno prenda troppo alla lettera quello che ascolta.
Un’intervista di un generale che parla dal pulpito come se spettasse a un militare decidere certe cose e non ai politici . È evidente che ha avuto degli input dall’ alto per fare naufragare il piano barcollante di pace di Trump .Infatti l’ unica leader politica europea che ha criticato l’ ammiraglio è stata Meloni cioè l’ unica che per vicinanza politica a Trump aveva interesse in tal senso.
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Ah, sì, Cesare? L’ha criticato? 😳
Bene, qualunque sia la motivazione…
Mi era sfuggito, forse perché cambio canale appena Pina appare…
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Droni rappezzati con il nastro adesivo, atterrati delicatamente sul tetto di una conigliera e nel mezzo di un campo arato… peraltro. E ditelo!
Nessun cenno su 4 navi attaccate in acque internazionali, proprio in questi giorni?
E se proattivi diventassero anche “loro, quelli cattivi”? Quante maidan con cecchini sull’hotel Europa? Quanti nord steam? Quanti diplomatici stranieri ad aizzare le folle? Altro che sacrificare i figli… questi (n.c.) c’hanno preso per il campo da calpestare con i loro lucidi stivali da non sporcare mai.
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ATTENZIONE ATTENZIONE
ECCO LA PRIMIZIA DELL’EDITORIALE DI OGGI DEL DIRETTORE TRAVAGLIO
EVIDENTEMENTE INFOSANNIO HA RICEVUTO LA DIFFIDA A NON PUBBLICARE PIU’ IL SUO E ALTRI ARTICOLI DEL FQ, VISTO L’ATTUALE RILANCIO DELLA CAMPAGNA ABBONAMENTI DELLO STESSO.
IO INTANTO MI DISPONGO PAZIENTEMENTE AD ASPETTARE, ALLA PORTA DI CASA, I CARABINIERI CHE MI NOTIFICHINO LA DENUNCIA DI AVER DIVULGATO TRUFFALDINAMENTE IL VERBO DEL FQ
SPERO CHE NON SIANO ECCESSIVI I DIRITTI D’AUTORE CHE DOVRO’ CORRISPONDERE, VIA BONIFICO, ALLA PERSONA DI MARCO TRAVAGLIO
CONFIDO NELLA GENEROSITA’ DEL MINISTRO NORDIO AD AVVISARMI – SECONDO SUA LEGGE VIGENTE – QUALCHE ORA PRIMA DELL’ARRIVO DELLE FORZE DELL’ORDINE INCARICATE DI SCANDAGLIARE LA MEMORIA DEL COMPUTER IN CERCA DELLA TRACCIA DELL’AVVENUTA MIA TRUFFA. SARO’ ROVINATO?? CHISSA’. SPERO IN UNA COLLETTA DEGLI INFOSANNITI
LA CORDA E GLI IMPICCATI
»di MARCO TRAVAGLIO
“I capitalisti ci venderanno la corda con cui li impiccheremo”.
Alla profezia attribuita a Lenin basta sostituire “capitalisti” con “europei” per avere il miglior ritratto delle classi dirigenti Ue e Nato (al netto degli Usa). I portavoce di Putin, per tenere alto il consenso al regime e alla guerra, devono dimostrare ogni giorno che sono Ue e Nato a voler attaccare la Russia, non viceversa.
Ma possono andare serenamente in ferie e lasciar parlare gli euro-nani. Trump concorda con Mosca un piano di pace in 28 punti: Kiev rinuncia a ciò che ha già perso (Crimea, Lugansk, 90% del Donetsk, 76% dell’oblast di Kherson e 80% di quello di Zaporizhzhia) e a un fazzoletto di terra che sta per perdere dopo la caduta di Pokrovsk (il 10% del Donetsk); in cambio. Mosca rinuncia ai territori che occupa nelle regioni di Sumy, Kharkiv, Dnipropetrovsk e accetta la confisca di 100 miliardi di suoi beni congelati (su 290) per ricostruire l’Ucraina sconfitta.
L’Ue si oppone al piano, sostenendo
che l’ha scritto Putin (in un
allarmante attacco di autolesionismo,
visti i sacrifici che si infligge), i confini
non si toccano (salvo
per la Nato in Kosovo e per Israele
in Palestina, Libano e Siria) e urge
“preparare la guerra alla Russia”che
vuole attaccarci. Putin replica che
“è ridicolo anche pensarlo, ma, se
ci tengono, metto per
iscritto che non li attaccheremo”.
Gli inviati di Trump volano a Mosca
per fargli ingoiare il piano di
19 punti che accontenta l’Ue rimuovendo
i 9 decisivi. In tempo
reale, il militare Nato più alto in
grado, Cavo Dragone, minaccia
“attacchi ibridi preventivi alla
Rus sia”. Cioè: mentre la Russia
dice che non ci attaccherà, la Nato
dice che attaccheremo la Russia.
La Zakharova se la ride: “Vis to?”.
Putin ripete: “Ho detto cento volte
che non abbiamo intenzione di
combattere con l’Europa. Ma, se
l’Europa vuole combattere con
noi, siamo pronti”. C o r r i e re :“Pu –
tin minaccia l’Ue: pronti alla
g u e r ra ”. Rep, Stampa, Messagge –
ro e Domani: “Putin minaccia
l’E ur op a”. Mes sa gger o: “Put in
minaccia di colpire l’Ue ”. Intanto
a Kiev beccano tutti gli uomini del
presidente con 100 milioni di
dollari in mazzette, ville e cessi
d’oro: ma la notizia per i nostri
media non è che Zelensky si circonda
di ladri, bensì che “Zakharova e i sovranisti esultano”, quindi dietro l’Anticorruzione ucraina c’è
Putin (o la Cia, che ormai è
la stessa cosa). In Ue beccano dirigenti
e deputati che truccano
appalti o lavorano per Stati esteri
in cambio di favori o valigie di
banconote: ma la notizia per i nostri
media non è che l’Ue è piena
di corrotti e lobbisti, bensì che
“Zakharova e i sovranisti esultano”,
dunque dietro la Procura europea c’è
Putin. Se questi geni non
lavorano già per lui, Putin dovrebbe
assumerli: sono ancora
meglio della Zakharova.
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Cmq un peccato che sia così.
Facciamo così: scriviamo tutti al FQ e diciamogli che noaltri lettori di IS ci abboniamo in massa al giornale.
Così forse si sbloccano un pò.
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Ho già postato l’editoriale di Travaglio che, ahimè, è incappato nei rigori della moderazione. Confido nella generosità di infosannio. Tanto in carcere ci andrò a finire io, mica la redazione!
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In carcere non ci andrà a finire nessuno: le pene previste per questo tipo di reato arrivano al massimo a sei mesi (commutati in qualche ora di servizi sociali), e soltanto nei casi più gravi.
La responsabilità del gestore del blog non è automatica, ma per non essere considerato complice il gestore, una volta informato, deve agire prontamente per eliminare la violazione.
Quello che si rischia davvero per la pubblicazione di materiale coperto da copyright, oltre alla rimozione dei contenuti, ad una sospensione temporanea e ad una sanzione pecuniaria che può arrivare fino a 15.000 euro, è la causa civile per risarcimento danni, e lì il detentore del copyright può sparare la cifra che più ritiene congrua al danno subito (tipicamente: qualche decina di migliaia di euro).
Premesso tutto ciò, delle due l’una: o sottoscrivi e pubblichi una fideiussione di importo adeguato intestata al signor Raffaele Pengue, oppure la pianti di fare lo spaccone in casa d’altri fottendotene delle conseguenze (che, in misura minore, ci potrebbero essere anche per te).
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Al netto delle differenze di contesto storico, politico oltre che operativo mi sembra di scorgere nei media una sorta di “strategia della tensione” che caratterizzò il terrorismo in Italia.
Mantenere un clima costante di allarme serve infatti a orientare l’opinione pubblica: alzare il livello della paura compatta il fronte interno e giustifica politiche più aggressive e costose.
È un effetto che può legittimare l’aumento della spesa militare, rafforzare la coesione all’interno della NATO, preparare psicologicamente a scenari più duri ed erodere la disponibilità a ricercare compromessi diplomatici.
A questo punto la domanda è inevitabile: la stampa fa bene a parlare di tutto ciò, o finisce per diventare, consapevolmente o meno, parte di questa dinamica?
La risposta è duplice.
La stampa fa bene a informare: è suo dovere dare conto delle dichiarazioni dei vertici politici e militari, perché il silenzio sarebbe peggiore dell’allarme; ma tutto dipende da come ne parla.
C’è un giornalismo che informa, che fornisce il contesto completo, distingue dichiarazioni da decisioni, evita titoli catastrofisti, verifica le fonti e, se possibile, le riporta (vero, Fabio?).
E c’è un giornalismo che spettacolarizza, che vive di titoli allarmistici, estrapolazioni decontestualizzate, retoriche del “siamo sull’orlo della guerra”, ripetizioni ossessive di scenari estremi e scarsa analisi (Vero Fabio? et sequitur)
Il paradosso è che proprio questo secondo tipo di giornalismo, indipendentemente dalla narrativa che sostiene, finisce per alimentare la tensione che pretende di denunciare; diventando così parte del meccanismo che contribuisce a mantenere un clima di allarme permanente.
Ultima domanda: il pezzo in questione appartiene alla prima categoria o alla seconda?
La risposta, temo, è quasi scontata.
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Concordo.Per me appartiene a una terza categoria: non giornalismo, ma pensierini che una volta si scrivevano sulla Smemoranda(diario-agenda).
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Poi ci sarebbe la categoria di commentatori-dirigibili, tipo te e quello Zeppelin qua sopra.
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A mio avviso, ti stai dimenticando del più grande ed irrisolto vulnus dell’informazione occidentale, ovvero il fatto che la suddetta “informazione” (con o senza virgolette), per esistere, deve vendere copie (o clic, che dir si voglia).
Quindi, la vera domanda è: i lettori (o cliccatori), alla fine, chi finiscono col premiare, chi informa, oppure chi spettacolarizza, lucrando sulle paure dei disinformati? Ma è una domanda retorica.
Parafrasando il grande Guido Angeli: polarizzare, per vendere.
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All’ inizio erano armi “difensive”, qualsiasi cosa significhi; poi venne il turno di quelle offensive, alcune modernissime, altre da spolverare. Andati ad esaurimento i corazzati dell’era sovietica vennero messi in campo i manufatti occidentali (Abrams, Leclerc, Leopard, M113, Bushmaster, Maxx pro ecc) alcuni dei quali necessitavano di cambio livrea, perché erano prevalentemente beduini e pecorai i nemici degli evoluti occidentali. Antiaerea, con patriot , samp/t ecc: costosi e soprattutto insufficienti contro le ondate di droni e missili. Poi gli f16. Ok anche per i missili, ma in zona occupata (tipo Crimea, considerata tale) e suppliche per usarli anche in profondità.
Caos dovuto al mix (formazione del personale, logistica, manutenzione, riparazione/ricambi ecc) e ogni fornitura sempre accompagnata da titoli trionfalistici : ecco l’ arma risolutiva!
Risultato: i tank milionari bruciano come tutti gli altri e giacciono contorti sulla steppa, e le infrastrutture di Kiev sono a pezzi, ogni giorno di più.
A questo punto, visti gli esiti, rimangono tre possibilità:
1 Chiedere a Putin che si dimetta, visto che sta vincendo la guerra
2 Chiedere alle classi dirigenti EU che si dimettano in blocco, visto che la guerra è ampiamente persa
3 Aggiungere un altro tassello alla escalation, perché una poltrona, anche se posizionata in un bunker, vale più della ammissione di una sconfitta.
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