
(Emanuele Maggio – lafionda.org) – Le posizioni sul conflitto ucraino si possono riassumere in QUATTRO grandi categorie, a partire dalla differenza tra antiamericanismo e filoamericanismo, declinati secondo interpretazioni MORALI dei fenomeni (cioè fantasiose, sceniche), oppure REALISTE (cioè basate sugli interessi delle Potenze e delle loro élites).
ANTIAMERICANISMO MORALE
L’antiamericanismo morale è tipico di coloro che istintivamente non credono a una sola parola dei media occidentali e istintivamente simpatizzano per i nemici degli Usa, fossero anche gli Unni di Attila. Secondo questa interpretazione, gli Usa e l’UE sono il Male Assoluto e qualunque cosa è meglio.
Costoro interpretano il conflitto ucraino secondo la propaganda di Mosca: la Russia, ultimo baluardo della cristianità, è intervenuta in Ucraina per debellare il nazismo e proteggere la popolazione russofona. Qualunque altra cosa è da imputare all’Occidente malvagio.
ANTIAMERICANISMO REALISTA
Chi appartiene a questa categoria sottolinea le responsabilità occidentali all’origine del conflitto ucraino e gli interessi delle élites occidentali nella sua continuazione.
In quest’ottica realista il conflitto ucraino nasconde il tentativo storicamente ciclico delle talassocrazie atlantiche (Usa e Uk) di interrompere qualunque barlume di unità euroasiatica, soprattutto quella continuità continentale strategica tra Russia ed Europa dove le materie prime russe incontravano la conversione industriale europea (soprattutto tedesca).
Per contro, l’interventismo militare russo in Ucraina non è solo difensivo, ma anche offensivo secondo la logica delle sfere di influenza, ed esprime una prova di forza di chi vuole avere il potere di violare il diritto internazionale al pari della Nato, rivendicando lo status imperiale che fu zarista e poi sovietico, al fine di costruire il nuovo ordine multipolare.
Corollario di questa visione, spesso, è che il mondo multipolare sia auspicabile, in quanto portatore di modelli alternativi alle liberaldemocrazie occidentali, modelli alternativi in cui il potere economico è sottoposto al potere politico (ciò accadrebbe in certa misura in Russia e in misura maggiore in Cina), mentre ormai in Occidente il potere politico è sottoposto al potere economico.
FILOAMERICANISMO MORALE
Declinato anche come filo-occidentalismo. Con questa interpretazione torniamo nel mondo delle fiabe e delle contrapposizioni morali. Il Libero Occidente è minacciato da Autocrati Orientali senza scrupoli. Ieri Serse, oggi Putin. La “democrazia ucraina” deve resistere all’attacco dell’Autocrate, e tutto il Mondo Libero deve partecipare a questa impresa degna di un’epopea letteraria.
Il mondo è tutta una telenovela, o meglio, un dramma hollywoodiano. Ogni conflitto è cinematograficamente personalizzato: Bruce Willis contro Gary Oldman (scopri il film).
Chi segue questa posizione non parla mai di Russia, ma sempre di Putin. Mai di Pentagono, ma sempre di Trump. Vive in un mondo di figurine mediatiche buone/cattive che si alternano sul palcoscenico. Quelle cattive, se non sono Putin, sono pagate da Putin (persino Trump, persino il vecchio Papa, forse persino Putin: si paga da solo).
In questa interpretazione le liberaldemocrazie occidentali sono il futuro del mondo e ciò a cui tutto il mondo aspira. Tutti nel mondo, siano sufi o beduini, mapuche o mandarini, non vedono l’ora di diventare come noi, in questo sogno impediti dagli Autocrati di cui sopra. Tutti i popoli vogliono entrare nella Nato o almeno nella UE. Non vedono l’ora e non pensano ad altro.
Per chi si nutre di questo tipo di immaginario, la satira di Kubrick è passata invano e resta ancora valida la frase di quel marine di Full Metal Jacket: “dentro ogni vietcong c’è un uomo che sogna di diventare americano” (o europeo).
FILOAMERICANISMO REALISTA
Chi appartiene a questa categoria sottolinea le responsabilità occidentali all’origine del conflitto ucraino, E LE RIVENDICA.
L’allargamento della Nato a est è stato un atto deliberatamente provocatorio; in Ucraina nel 2014 c’è stato un golpe; il sabotaggio del North Stream è di matrice atlantica, così come il riarmo europeo.
Queste affermazioni, che i filoamericani con i cartoni animati nella testa vedono come propaganda russa, per i filoamericani realisti sono affermazioni scontate che segnalano la grande strategia degli Stati Uniti, una strategia da rivendicare e di cui essere orgogliosi, grazie alla quale il primato dell’Occidente si prolungherà ritardando o scongiurando il mondo multipolare.
L’impero statunitense, tutt’altro che agonizzante, ha dunque operato un capolavoro di strategia “divide et impera”, dividendo Russia ed Europa con la guerra ucraina e dividendo Russia e Cina con la pace ucraina.
La guerra ucraina, cioè la divisione tra Russia ed Europa, è stata istigata con l’allargamento minaccioso della Nato, poi con il regime change ucraino; poi ha trovato espressione concreta nel sabotaggio del North Stream e suggello finale con il riarmo europeo, il quale inaugura una nuova Cortina di Ferro.
La pace ucraina, cioè la divisione tra Russia e Cina, cerca di ricondurre la Russia nell’alveo di un dialogo bilaterale con gli Usa, e utilizza il riarmo europeo per spostare il grosso dell’impegno militare statunitense sul Pacifico in funzione anti-cinese. In caso di conflitto con la Cina, i russi avranno il confine europeo sul piede di guerra e ci penseranno due volte prima di supportare l’amico-nemico cinese.
In quest’ottica, a dispetto delle ridicole chiacchiere italiane, il “piano di Trump” e il “piano UE” sono entrambi piani della Nato e del Pentagono (come del resto è ovvio che sia), perché rispondono allo stesso identico disegno: Usa e Russia devono fare la pace, ma Europa e Russia NON devono fare la pace, ma devono restare divise da una nuova Cortina di Ferro (altrimenti rimettono in piedi la fornitura di gas russo e tutto torna come prima: allora a che è servito usare gli ucraini per dividerli?).
Nell’ottica filoamericana realista, ricordiamolo, tutto questo quadro può sembrare “cinico” ma è perfettamente funzionale a prolungare la supremazia degli Usa e del modello economico-politico occidentale, contro i rivali asiatici.
Queste, dunque, le quattro posizioni.
Ora, avrete notato che le posizioni realiste, che siano antiamericane o filoamericane, concordano sui fatti principali, perché partono dall’analisi della realtà e la realtà quella è. Ma si augurano esiti finali opposti. Sono le posizioni morali a negare interi segmenti della realtà, da una parte o dall’altra.
Avrete anche notato che l’ultima posizione, quella filoamericana realista, è del tutto assente nel nostro dibattito. Non solo è assente nel dibattito italiano, ma anche europeo.
Nel nostro dibattito le grandi conququiste della strategia americana vengono o negate (dai filoamericani morali, che non possono includerle nella loro narrativa favoleggiante) oppure denunciate come negative (dagli antiamericani morali o realisti). I filoamericani realisti, che quelle strategie rivendicano come giuste, non trovano spazio.
Negli Stati Uniti, invece, la posizione filoamericana realista è ben presente e rappresentata, perché è semplicemente patriottica e non desta alcuno scalpore (anche se è comunque minoritaria nel dibattito USA, ma questo solo perché è la meno ipocrita).
Non mi riferisco solo a Biden e alla Nuland, che in maniera esplicita hanno rivendicato pubblicamente il sabotaggio del North Stream e le ingerenze nel regime change ucraino (checché ne dica il commovente impegno di chi cerca di negarlo).
Queste posizioni si leggono “tra le righe” anche nei contributi di gente come Luttwak o Ikenberry, e in modo più esplicito nelle analisi della Rand Corporation, di Geopolitical Futures, della Brookings Institution, di George Friedman, Ben Hodges (ex comandante US Army Europe), Larry Johnson (ex CIA), Douglas MacGregor (colonnello US Army).
E in tutti questi casi ciò che in Europa è diventato “propaganda russa”, viene confermato e semplicemente rivendicato come funzionale all’interesse americano.
In Europa non può esistere una narrazione filoamericana realista basata sull’interesse delle Potenze, perché subito si paleserebbe che quell’interesse non è nostro, non è europeo (certamente non è europeo occidentale), ma è (anglo)americano.
Il filoamericanismo (o filo-occidentalismo) europeo può essere solo ingenuo, fiabesco, disneyano, in aperta contrapposizione alla logica realista (la complessità è putiniana, la geopolitica è putiniana, il realismo è putiniano, 2+2 è putiniano ecc.), ma è anche un filo-occidentalismo strillato, compulsivo, tanto più isterico quanto più si allontana dalla realtà per ascendere all’ideale.
L’Europa, nelle sue classi dirigenti, è una figlia adolescente intrisa di idealismo, che dal padre-padrone prende solo le menzogne (o le paghette), e queste crede ciecamente o rifiuta con rabbia (nelle sue sparute frange antiamericane).
Ma in tutto questo non ha ancora trovato, nemmeno nel suo esibito filo-occidentalismo, il coraggio adulto della verità.
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L’ottimo Maggio ha trascurato almeno tre o quattro diverse impostazioni…
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Una luce in fondo al tunnel: l’articolo non fa la classica suddivisione binaria all’italiana ma configura addirittura ben 4 fattispecie.
Un passo evolutivo enorme per l’homo Italicus e quindi meritevole di rispetto ed attenzione.
Premetto che la mia posizione, tra le 4 proposte dall’articolo quella di un antiamericanismo realista, è almeno quella che si avvicina di più alle 4 descrizioni.
Ma io ho un modo particolare di vedere le cose; per me gli interessi economici sono la base di tutto molto prima degli interessi geopolitici quindi è un’ottica totalmente diversa.
Le opinioni che derivano dal materialismo storico, dall’economia politica o da certo realismo strutturale mettono gli interessi economici al centro e leggono la geopolitica come il riflesso o la traduzione di quegli interessi in linguaggio statale-militare.
Gli Stati non sono unità autonome: sono le strutture economiche profonde (capitali, industrie, lobby, settori dominanti) a determinare le scelte di politica estera.
Il conflitto Ucraino nasce come scontro fra interessi economici europei e interessi economici russi.
L’Europa vuole sicurezza energetica a basso costo, input produttivi stabili (gas, metalli, fertilizzanti).
La Russia vuole mantenere la sua centralità come fornitore e impedire che l’Europa costruisca autonomia industriale o alternative energetiche che la indeboliscano.
Qui gli USA all’inizio non sono il motore: sono un attore che valuta come inserirsi.
Gli USA accettano (o addirittura supportano con l’amministrazione Biden) la linea dura europea con la Russia e in cambio chiedono mano libera in Asia, dove i loro interessi fondamentali (supply chain, semiconduttori, rotte marittime) sono minacciati dalla Cina.
Non è “Washington vs Mosca”, ma “Bruxelles/Berlino vs Mosca”, con Washington che appoggia tatticamente l’Europa in cambio di Taiwan.
Con l’amministrazione Trump questo meccanismo si rompe, la narrativa parla di un Trump che vuole spezzare l’asse Mosca-Pechino escludendo gli alleati europei.
L’articolo dà per scontato un ruolo centrale americano nella genesi del conflitto, ma la realtà dei fatti dice qualcosa di molto diverso: È l’Europa ad avere un conflitto economico con la Russia; gli USA lo appoggiano solo per ottenere Taiwan come “compenso strategico”.
La guerra nasce non da una volontà europea di scontro, ma dal fatto che l’Europa aveva già “vinto” economicamente sulla Russia.
Prima del 2022 l’Europa ottiene ciò che voleva dalla Russia: accesso privilegiato al gas a basso costo (Nord Stream), materie prime russe stabili e convenienti, un mercato di sbocco per l’industria europea.
In questa visione la Russia era in una posizione strutturalmente svantaggiata: modello economico basato sulle rendite energetiche, scarsa diversificazione industriale, vulnerabilità estrema alle oscillazioni dei prezzi del gas, dipendenza (al 40-45%) dal mercato europeo.
La Russia, percependo questo sbilanciamento strutturale, decide di rompere il tavolo in quanto non accetta di essere relegata al ruolo di “stazione di servizio dell’Europa”, di dipendere economicamente dalla Germania, di vedere il proprio peso strategico ridotto.
Per la tua interpretazione, la chiave è:
La Russia non invade per colpa della NATO o dell’Ucraina, ma perché l’assetto economico euro-russo la stava strangolando a lungo termine.
Con Biden
Gli USA appoggiano la posizione europea solo per una transazione più grande: supporto alla linea dura UE contro Mosca, in cambio di un allineamento europeo contro la Cina (Taiwan, export tech, semiconduttori).
Gli USA quindi non sono i promotori dello scontro euro-russo, ma ne sfruttano l’occasione a proprio vantaggio.
Con Trump il meccanismo salta: Trump non vuole difendere gli interessi europei, non chiede come contropartita l’allineamento UE contro la Cina; non ha un progetto transatlantico, ma solo obiettivi transazionali bilaterali.
Per questo nella tua lettura:
Trump non ha alcun interesse nel sostenere la posizione europea verso la Russia.
E la narrativa mainstream (“Trump vuole spezzare Mosca da Pechino”) può essere vista come proiezione di altri gruppi di potere, non come obiettivo reale di Trump.
Riassumendo La guerra ucraina è in primo luogo una reazione economica russa contro una perdita di vantaggio verso l’Europa.
L’UE non è né burattino USA né provocatore: è vittima del proprio stesso successo economico contro Mosca.
Gli USA sfruttano la situazione per Taiwan.
Con Trump la convergenza tra interessi USA e UE collassa completamente.
Non esiste più un occidente unito, L’Europa ora è bloccata in uno scontro che non voleva e che la danneggia.
L’Ucraina possiede uno dei più grandi bacini di litio d’Europa, soprattutto nella regione di Donetsk e Zaporizhia ( per me è un fatto noto da oltre 30 anni visto che iniziai a lavorare in un’azienda chimica che faceva anche vernici e il “bianco” ucraino= biossido di titanio, era tra i più pregiati, se non il migliore in assoluto)
Dal 2017 al 2021 sono stati firmati memorandum e licenze con aziende occidentali (europee e non solo) per sfruttamento di litio, grafite, minerali rari.
L’Ucraina era già vista dalla UE come hub strategico per la transizione energetica, con documenti ufficiali che la indicano come partner chiave per materie prime critiche.
Litio e titanio sono armi strategiche del XXI secolo: batterie, semiconduttori, componentistica aerospaziale, missili, green economy
Molti depositi si trovano proprio nelle aree invase nel 2022
Questo è un dato oggettivo e molto rilevante Kirovograd è zona contesa nei piani russi iniziali
Donetsk già nel 2014 sotto attacco russo Zaporizhia è tra le prime zone occupate nel 2022
Non è “prova”, ma è coincidenza strategica non banale.
L’Ucraina dal 2018 voleva diventare il principal provider di minerali critici per l’UE
Era scritto nelle roadmap della Commissione Europea: ridurre la dipendenza dalla Cina, costruire catene del valore autonome, agganciarsi a giacimenti vicini.
Dal punto di vista della Russia:
vedere la UE mettere le mani su risorse strategiche nel proprio “spazio storico” è una minaccia.
La guerra nasce dal fatto che l’UE stava progressivamente integrando l’Ucraina nei propri circuiti economici (gas, miniere di litio e titanio, infrastrutture), riducendo la Russia a partner subordinato e dipendente.
La Russia ha reagito militarmente per impedire questo sbilanciamento strutturale a lungo termine.
Se inserito in un contesto quale quello del green deal tra perdere le fonti fossili russe e perdere i minerali ucraini necessari per il green deal era meglio perdere le fonti fossili che sono state comunque rimpiazzate anche se a caro prezzo.
Le fonti fossili possono essere sostituite (LNG USA, Norvegia, Algeria, rinnovabili accelerate).
Costoso, ma fattibile in 6–36 mesi.
Le materie prime critiche (litio, nichel, cobalto, grafite, titanio) NON possono essere sostituite facilmente.
Senza di esse la transizione non parte, non maturano le catene industriali e non si raggiunge autonomia strategica.
Perdere il gas russo è shock costoso ma gestibile (cosa che è avvenuta)
Perdere litio e titanio ucraini significa rallentare o compromettere non solo il Green Deal stesso ma anche affrancarsi dalla dipendenza dalla Cina che non solo chiede, come è normale che sia, pagamenti ma anche trasferimento di Know How industriale ( cioè lo strozzo dello strozzo)
Il vero shock economico per l’UE non è stato il gas, ma i minerali.
La prova è nella politica industriale: Dopo il taglio del gas: l’UE ha reagito subito e con successo (LNG, Norvegia, Iberia, prezzi tornati gestibili). Impatto più politico che industriale, salvo alcuni settori energivori.
Davanti alla perdita dei minerali e alle incertezze ucraine:
Sono nate nuove leggi: Critical Raw Materials Act., sono state aperte “alleanze industriali” speciali per litio, batterie, magneti, Sono partite corse agli investimenti in Portogallo, Serbia, Svezia, Groenlandia, Africa. l’UE ha tentato di ricostruire alternative in tempo record.
Quando uno shock genera nuove leggi strutturali, significa che è percepito come esistenziale.
L’UE ha considerato più accettabile perdere il gas russo che i minerali ucraini, perché il gas appartiene al passato industriale, mentre
litio/titanio appartengono al futuro industriale del continente.
L’articolo dipinge l’intervento russo come difesa di sfere di influenza o prova di forza imperiale”.
La realtà economica è che Mosca reagisce perché vede minacciati interessi concreti di sfruttamento di risorse critiche e il mantenimento di vantaggi industriali.
Senza questa lente economica, il comportamento russo appare solo imperialista o cinico ( nella realtà di questi di questi pixel anche nazista, per la serie non c’è limite alla deficienza umana) , mentre in realtà è razionale in chiave materiale-strategica.
L’articolo propone che tutto sia mosso dalla strategia americana, “divide et impera”.
La realtà economica mostra che gli interessi americani possono sovrapporsi a quelli europei, ma non coincidono completamente, e l’UE aveva spazi di manovra strategica autonoma, soprattutto sul fronte dei minerali critici.
In breve, il tallone d’Achille dell’articolo non è la geopolitica, ma l’economia:
Sotto questa lente, anche alcune interpretazioni “realiste” (antiamericane o filoamericane) collassano perché non tengono conto della centralità dei minerali e della logica economica europea.
Il problema dell’articolo non è la geopolitica, ma l’economia.
Senza guardare alle risorse, alle catene industriali e ai costi concreti, anche le interpretazioni “realiste” crollano.
Tratta il conflitto come lotta di potere e morale, ma ignora il vero motore: gli interessi economici materiali.
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Grazie Lion per i tuoi interventi. Tra i migliori su questo blog.
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X L-70: ma men male che ci sei tu che ce lo ricordi che i conflitti sono basati sulla vile pecunia ecomica.
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Le due visioni realiste concordano su una base “oggettiva”. In quella filoamericana, noi finiamo per fare la fine del cappone prima di Natale!
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Personalmente il mio ANTIAMERICANISMO MORALE e REALISTA, parte da molto più lontano nel tempo
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