Bruxelles baluardo del diritto internazionale in un mondo dominato dai forti

Soccorritori al lavoro dopo un bombardamento russo su un palazzo di Kiev

(Domenico Quirico – lastampa.it) – In attesa che sull’ultima sgangherata rappresentazione allestita da Trump (la pace in Ucraina! Nientemeno), una grottesca riffa di piani e di punti 28, no 24, no 19! si concluda con il numero perfetto del presidente americano ovvero lo zero, nell’Europa o in quello che ne resta credo sia eticamente obbligatorio, per non perdere la faccia verso noi stessi, procedere a un radicale, lustrale bagno di sincerità. Ci sarà finalmente un giorno della rivelazione anche per noi? Saremo finalmente costretti a non guardare al passato e a confessare quello che siamo diventati? Non per dichiarare bancarotta come invocano euroscettici interessati a lucrare sulle macerie ma per iniziare da capo, guardando in faccia la realtà. Il resto del mondo America, Cina, Russia, il Sud globale che una volta era formato da nostri sviliti sudditi, lo ha compreso da un pezzo e si comporta di conseguenzaIgnorandoci. È inutile discutere e perdere tempo con personaggi irrilevanti, ma che insistono a fingersi Napoleone o Churchill. E pretendono di fare correzioni alla realtà, imporre punizioni e scrivere loro la parola fine, loro che sono, più o meno, i rappresentanti di 450 milioni di consumatori. Abbiamo perso ogni ambizione a fissare un nesso tra coraggio ed idea. Sostanzialmente essere europei significa restare dove si è. Una comune retorica condita di prosopopea il cui contenuto è un miserevole conservatorismo garantista del nostro comodo.

L’Unione, le sue nazioni e le sue azzoppatissime élite si ostinano a presentarsi come i sacerdoti del tempio del diritto internazionale. E in base a questa veste sacerdotale che ci siamo attribuiti come consacrati apostoli del dio pensiamo di poter continuare a fulminare e punire i peccati della perduta gente fatta di eretici o peggio, atei autocratici. Pensiamo a noi stessi come l’inizio di una era nuova, una infanzia della vera umanità, di una promessa. Promettiamo l’età dell’oro, la pace millenaria. Ma è davvero così? Sono bugie a cui crediamo solo noi che le abbiamo inventate. Non siamo stati noi per primi occasione di vasti delitti?

Un prima considerazione: tragica. Questo dio non esiste più, non è morto, non è mai esistito. Prima ancora di cominciare aveva già la spina dorsale rotta. L’essenza del secolo dei diritti è una vita che sputa sangue, ingiustizia e morte. Il Diritto internazionale è un dio che ha fallito perché non ha mai avuto praticanti che non fossero gli auto proclamati sacerdoti, i suoi riti si svolgevano nel tempio dell’occidente. Gli officianti erano sacerdoti finti, come quelli della rivoluzionaria dea Ragione giacobina, imbonitori che agitavano turiboli e organizzavano processioni ma che servivano solo al proprio potere. Una astuta superstizione o per esser gentili una teologia debole.

La fine della Seconda guerra mondiale ha segnato il debutto del diritto universale. Ma le democrazie occidentali che hanno combattuto contro Hitler lo hanno fatto per distruggere l’ennesimo micidiale espansionismo della potenza tedesca e non l’abominevole Terzo Reich, tanto è vero che si sono curate ben poco dello Sterminio. Tra i creatori dello strumento per la applicazione di regole ai rapporti tra le nazioni, l’Onu, c’era una potenza, l’Unione Sovietica staliniana, che sui diritti, interni e internazionali, praticava infernali negazioni. E poi Inghilterra e Francia: all’epoca ancora due imperi coloniali costruiti sulla negazione metodica e dichiarata dei diritti dei sudditi di mezzo mondo. La Francia che sedeva pomposamente sul seggio dei Giusti del mondo bombardava con le navi civili algerini che invocavano ancora sommessamente la indipendenza e tentava con ogni mezzo di rimettere insieme i cocci del suo dominio indocinese. E l’Inghilterra? Il suo libro nero ai quattro angoli di una globalizzazione ormai esausta, dall’India al Kenya, è un bestiario di nefandezze.

Restano gli Stati Uniti. Quelli che Wilson definiva «l’unica nazione idealista del mondo». Si sono sbarazzati senza troppi rimorsi della fiaba di essere dei puri costretti all’impegno in un mondo imperfetto, barattando gli ideali con gli interessi. Hanno inventato uno slogan di successo: il miglior modo per giustificare qualsiasi azione al servizio del proprio utile è quello di affermare un principio morale che gli altri, comprese le vittime, dovrebbero condividere. L’intervento è diventato la chiave della politica estera americana ma fini e metodi sono stai celati in un miasmo di retorica e spesso di confusione. Nessun compito di globale omniscienza appare loro irrealizzabile. E tuttavia la Storia gioca sgambetti crudeli. Possono distruggere il pianeta in pochi minuti ma non riescono a vincere guerre contro contadini in pigiama nero o montanari che invocano Allah. Con Trump perfino questa finzione è stata arrogantemente abolita. Nessun imperialismo umanitario o in nome dei diritti, diamine! Basta a giustificare tutto la matematica elementare della forza e una intossicazione di onnipotenza condita dal business.

E l’Europa, o meglio le ex potenze coloniali europee? Vorrebbero parlare con le cannoniere ma la forza è sfumata. Sono nani in un mondo di giganti che non vogliono scendere dal palcoscenico, ridursi a dignitose comparse. Strepitano, piagnucolano, minacciano a vuoto, gridano meravigliose strofe di giustizia che sono stati i primi a tradire.