(ilfattoquotidiano.it) – Continua la caccia al presunto putiniano, in barba all’articolo 21 della Costituzione. L’altroieri l’ultimo caso: su ItaliaOggi Michele Magno (sindacalista e politico ex Cgil, ex Pci ed ex Pd) scrive una “Lettera aperta a Lucio Caracciolo sulle scelte di Limes”, in cui chiede al politologo di giustificare perché alla scuola di Limes insegnino giornalisti, politologi, economisti russi e Fabio Mini, generale collaboratore del Fatto. “Ammetterà che a qualcuno possa venire il sospetto (non a chi le scrive, per carità) che dietro la sua tesi maestra della ‘guerra per procura’… ci sia lo zampino del Cremlino”, scrive Magno. Pare di leggere Joseph McCarthy. Ma sui social va pure peggio. Massimiliano Coccia, giornalista de Linkiesta e marito di Pina Picierno (la vicepresidente Pd dell’Europarlamento che vede ovunque propaganda russa) fa a pezzi su X Alessandra De Rossi, docente dell’Università di Torino, accusandola di “apologia del regime russo” sul suo profilo: “Uno schifo assoluto che travalica ogni codice deontologico”. Non entriamo nel merito delle opinioni di De Rossi. Ma sulla deontologia ricordiamo a Coccia che Linkiesta è diretta da Christian Rocca, giornalista cresciuto al Foglio di Giuliano Ferrara (quello che fu al soldo dalla Cia). Rocca frequentava Pio Pompa, l’uomo dei dossier Sismi contro giornalisti e magistrati, e nel 2013 giustificava lo spionaggio degli Usa contro i governi Ue. Evidentemente la deontologia non conta quando fa comodo a Washington.