Dalla marcia su Roma al Duce: il fascismo secondo Vannacci. Il fact-checking della storica Ponzani. La professoressa: “All’ex generale mancano cinquant’anni di storiografia contemporanea. Evidentemente non ha frequentato gli archivi dello Stato maggiore dell’Esercito, sarebbero molto istruttivi”

Dalla marcia su Roma al Duce: il fascismo secondo Vannacci. Il fact-checking della storica Ponzani

(di Serena Riformato – repubblica.it) – La marcia di Roma “poco più di una manifestazione di piazza”. Il regime fascista? “Fino agli anni Trenta agì in una cornice di legalità”. Benito Mussolini? “Il più votato alle elezioni”, insomma mica un dittatore. Michela Ponzani, professoressa di Storia contemporanea all’Università di Tor Vergata, davanti al post di Roberto Vannacci, eurodeputato e vicesegretario della Lega, vede prima di tutto cosa manca: “Cinquant’anni di storiografia contemporanea. Evidentemente l’ex generale non ha frequentato gli archivi dello Stato maggiore dell’Esercito, sarebbero molto istruttivi”. Il fascismo secondo Roberto Vannacci alla prova dei fatti. Una dichiarazione per volta.

Il consenso e il voto di fiducia

Roberto Vannacci scrive: “Il 15 maggio 1921, Benito Mussolini viene eletto in Parlamento” come “deputato più votato d’Italia”. E il suo primo governo ottenne la fiducia delle Camere, insomma giunse al potere in maniera “formalmente legale”.

“Benito Mussolini viene eletto nel 1921 nei blocchi nazionali e questa è responsabilità di Giovanni Giolitti che pensa ingenuamente di poter costituzionalizzare le illegalità delle squadracce fasciste, e dunque normalizzare all’interno dello Stato liberale quello che, di fatto, è un partito armato. Questo è il partito fascista, da subito: una milizia, una forza che ha un leader che si presenta in Parlamento come leader moderato, ma fuori dal Parlamento agisce con incendi, saccheggi, devastazioni. Di più: umiliazioni contro quelli che i fascisti considerano i nemici della nazione, i disfattisti, i sabotatori, i socialisti, gli anarchici, i repubblicani e quant’altro. L’obiettivo è creare un clima di violenza e di illegalità”.

La marcia su Roma

Il vicesegretario della Lega cita lo storico Francesco Perfetti: “La Marcia su Roma non fu un colpo di Stato ma ‘poco più di una manifestazione di piazza’”.

“E questo dovrebbe dimostrare che il fascismo fu innocuo? Quando gli squadristi, radunati da tutta Italia, entrarono a Roma non fu sparato un solo colpo per un motivo molto semplice: il Re aveva già deciso nell’agosto del 1922, a seguito dello sciopero nazionale legalitario, di conferire l’incarico di governo a Benito Mussolini. Anzi, di regalargli il potere, letteralmente. E lo aveva deciso perché Vittorio Emanuele III era letteralmente terrorizzato – in maniera del tutto infondata – dall’idea che in Italia potesse scoppiare da un momento all’altro una rivoluzione bolscevica. Temeva di perdere il potere della Corona, sua unica preoccupazione”.

La cornice di legalità

È corretto dire, come fa Vannacci, che “il fascismo, almeno fino alla metà degli anni Trenta, esercitò il potere attraverso gli strumenti previsti dallo Statuto Albertino, cioè all’interno dell’ordinamento giuridico del Regno d’Italia”?

“Nel momento stesso in cui il re Vittorio Emanuele III decide di affidare l’incarico di governo al capo di un partito armato che ha versato molto sangue in Italia siamo già oltre la legalità della democrazia liberale, perché è vero che si tiene in piedi la cornice istituzionale dello Statuto Albertino, ma è una cornice vuota, senza un controllo reale”.

Il Parlamento

L’ex generale sottolinea una responsabilità condivisa: “Tutte le principali leggi — dalla riforma elettorale del 1923 alle norme sul partito unico, fino alle stesse leggi del 1938 — furono approvate dal Parlamento e promulgate dal Re, secondo le procedure previste dalla legge”.

“Ma in che condizioni furono approvate quelle leggi? Questo Vannacci non lo dice: il Parlamento viene svuotato del suo potere reale fin da subito. Le milizie, le squadracce, si presentano ai seggi elettorali, impediscono alle persone di votare, minacciano, usano il bastone, il coltello, incendiano, saccheggiano: siamo oltre la legalità democratica. Lo stesso Mussolini sul Popolo d’Italia scriveva: ‘Noi vogliamo abolire il Parlamento, schiuma infetta della società italiana’. E di fatto è quello che avviene. All’interno dell’attività parlamentare, le opposizioni cercano di fare il loro lavoro, ma hanno contro la volontà del Re e soprattutto scontano le violenze politiche fuori dal Parlamento. Giovanni Amendola viene bastonato, viene massacrato di botte, la casa di Francesco Saverio Nitti viene completamente devastata dagli squadristi, incendiata. Chi si opponeva in Parlamento rischiava la vita, come poi è stato dimostrato dal delitto Matteotti”.

Il Re le promulgava.

“Sì, vero, il Re le convalidava. Quindi per Vannacci erano leggi buone? Istituire una milizia volontaria per la sicurezza nazionale come parte dell’esercito, cioè raggruppare tutti gli squadristi che hanno compiuto violenze e illegalità nel Paese e farle diventare parte dell’esercito regolare è già oltre la legalità dello Stato. Istituire un tribunale speciale per la difesa dello Stato e una polizia politica l’Ovra per eliminare qualsiasi tipo di dissenso anche in maniera violenta, eliminare sedi di partito, eliminare oppositori politici, eliminarli fisicamente si intende: è già oltre la legalità sì o no? Questo dovrebbe dirci l’eurodeputato”.

Il delitto Matteotti

Cosa manca nella “lezione di fascismo” di Roberto Vannacci?

“Ovviamente non è citato il delitto di Giacomo Matteotti perché rende ancora più evidente quanto sia assurdo il tentativo di inserire, a posteriori, il fascismo in una cornice di legalità. L’omicidio fu diretta responsabilità di Mussolini che diede l’ordine, ci sono le carte. C’è un memoriale di Cesare Rossi, fedelissimo di Mussolini, segretario della presidenza del Consiglio dei Ministri. Racconta che il delitto fu ordinato e commissionato con la promessa dell’impunità assoluta, perché Matteotti andava eliminato. Rompeva le scatole, era un politico preparatissimo che sapeva leggere i bilanci dello Stato, era in grado di sovvertire tutta la propaganda mussoliniana. E soprattutto, aveva scoperto una rete di tangenti che legava la famiglia Mussolini, in particolare il fratello del duce Arnaldo Mussolini, alla compagnia petrolifera americana Sinclair Oil. Ma forse questa parte della storia Vannacci non l’ha studiata”.