
(di Michele Serra – repubblica.it) – La parola “patrimoniale” viene usata nel dibattito politico-economico come uno spauracchio. La si rimpiazzi, dunque, con formule più esplicative, che rendano meno lecite le urla di orrore (vedi Matteo Renzi ieri) al solo risuonare di quella parola.
Per esempio, proviamo a dirla così: far pagare più tasse ai ricchi in modo da far pagare meno tasse ai ceti medi e ai poveri. Oppure: ripartire la pressione fiscale in modo più equo; prendere i soldi là dove si sono nascosti e smetterla di andare a prelevarli sempre nelle stesse tasche, soprattutto quelle dei lavoratori dipendenti; reintrodurre, sui redditi molto alti, quelle aliquote che erano abituali nelle democrazie del Novecento (per esempio gli Stati Uniti) e sono state via via smantellate dalla destra liberista (per esempio negli Stati Uniti) senza che poi la destra populista, amica dei miliardari e spesso loro diretta emanazione, abbia osato ritoccarle.
Così va meglio? È meno traumatico? Meno scandaloso che dire “patrimoniale”? Non solo non c’è alcun nesso consequenziale tra “tassare i grandi patrimoni” e “aumentare le tasse”: è vero semmai il contrario, cioè che sarebbe possibile allentare la pressione fiscale (cosa che il governo Meloni non si sogna di fare) solo costringendo i molto ricchi a pagare tasse in misura proporzionale. Chiedere a pochi facoltosi, ai quali non manca nulla, di contribuire al bene pubblico in misura proporzionale alla loro fortuna: dove sta lo scandalo? Qualcuno è in grado di spiegarcelo?
Andatevi a leggere la modifica delle franchigie, già enormi, sulle tasse di successione e Vi chiarirete subito le idee sulla direzione presa dalla tassazione in Italia!
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Nessuno scandalo, in effetti, nel voler ripartire in modo più equo l’onere fiscale.
Il principio è chiaro e condivisibile: far contribuire di più chi ha di più, per alleggerire la pressione su chi ha meno.
Il problema, però, è duplice e simultaneo: riguarda il cosa fare e il come farlo.
Il “cosa” sembra semplice, almeno sulla carta: introdurre una forma di patrimoniale o di tassazione progressiva più efficace.
Ma è sul “come” che tutto si complica.
Come si definisce, concretamente, un “grande patrimonio”?
Come si evita che i capitali fuggano o si nascondano, come spesso è accaduto?
E soprattutto: come si garantisce che le maggiori entrate vadano davvero a ridurre la pressione fiscale sui ceti medi e bassi, invece di disperdersi altrove?
W Landini!! W la patrimoniale!!!
Porka troia
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Gli abituali sogni : chi è davvero ricco non ha i milioni in banca, ville, yacht, dozzine di appartamenti, Ferrari e Lamborghini a SUO NOME. Sono di proprietà di società basate nei paradisi fiscali le cui azioni sono disseminate in scatole cinesi di altre società. Chiediamo, al contrario, a gran voce in Europa che chi guadagna in Italia qui paghi le tasse e non in Irlanda, Olanda o nel Delaware dove ha posto la sede legale. In Borsa si sospendono le trattative se un titolo azionario conosce un eccesso di rialzo o di ribasso. Chi ha realizzato profitti straordinari sulla media degli ultimi 5/10 anni ( banche, assicurazioni) potrebbe essere chiamato a un maggior contributo. Altro che i sogni di qualcuno.
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e pure in questo caso i politici se ne fottono di cosa dice la costituzione riguardo alle tasse che ogni cittadino è dovuto a pagare
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