(Giancarlo Selmi) – Non lo dico perché mi sia antipatica, tutt’altro. Anzi credo che in qualunque altro paese l’avrebbero messa in pensione da tempo per eccesso di simpatia. Permettetemi però di chiedermi cosa ci faccia sul servizio pubblico, pagata profumatamente anche con i miei soldi, la signora Mara Venier. Mi si risponderà: è la televisione nazional-popolare, caro. Impone quei personaggi. Ma, insomma, posso pretendere un servizio televisivo di qualità e che non mi imponga e non imponga alle persone in qualche modo costrette a guardare la televisione, personaggi come la signora in questione?

E, credetemi, non lo dico dopo i tanti episodi dei quali, senza vergogna, si è resa protagonista. Ultimo l’intervista, lingua in resta, di meloni che raccontava con empatia e armata del suo migliore sorriso le pastarelle della nonna. O il fattaccio di Sanremo. Quel triste, raccapricciante, terribile comunicato che la signora Venier si occupò di leggere in diretta. O la volgare interruzione operata a danno di un artista che voleva, non pretendeva come disse qualcuno, parlare di immigrazione. Lo dico perché la signora Venier è semplicemente inguardabile. Atta a una televisione che vuole rincoglionire, indirizzare, non formare, ma neppure divertire.

L’ho vista pochissime volte, ma sono bastate. Mi sono imbattuto, dai tempi di Giucas Casella in poi, nel corso di due ere geologiche, in un florilegio, anzi un diluvio, di risatone volgari e di nulla. Di lei ricordo solo quello, insieme ai vestiti bianchi in tono con i colori pastello degli studi che, colpevolmente, le hanno fatto riempire. Siamo invecchiati con le sue sguaiate risate, le sue battutine da mercato rionale, perfino con le mani messe addosso all’ultimo vincitore di Sanremo e i suoi volgari ammiccamenti. Oggi si occupa di fare, con i miei soldi, la consulente d’immagine di un personaggio politico.

Non basta? Aveva e ha anni e soldi a sufficienza per fare trionfare la dignità e non la lingua protesa alle terga del padrone di turno. Invece dell’indegno siparietto e della domanda sulla gastronomia nelle domeniche della meloni, poteva chiederle cosa intendesse fare con i bambini che muoiono in coda per il pane. Ha avuto l’occasione e non l’ha colta. Poteva diventare veramente la “zia” d’Italia e dei buoni sentimenti, quelli veri. Di valori supremi come la tolleranza e la pace. Ha preferito il suo ruolo di nulla al servizio del nulla. Adesso cari dirigenti RAI, pensionatela e, per favore, pensionatevi tutti. E questo, già lo so, è pretendere il giusto, ma troppo.