Capolavoro della band inglese. E mesi prima, in sala d’incisione, si presentò Syd Barrett, il genio abbandonato

(di Stefano Mannucci – ilfattoquotidiano.it) – “Chi è questo tizio? Perché lo hanno lasciato entrare?”, si chiedono i Pink Floyd nella sala controllo degli Abbey Road Studios. 5 giugno 1975. Un ragazzone corpulento, completamente rasato – sopracciglia comprese – siede quietamente in mezzo alla band immersa nell’ascolto di un take provvisorio di Shine on youcrazy diamond. Nessuno lo riconosce. Ore così. Nick, Roger, Rick e Dave si scambiano occhiate perplesse. L’intruso chiede: “Quando arriva la mia parte di chitarra?”. Gilmour, incredulo, lo riconosce. Waters prova a coinvolgerlo: “Che ne pensi del pezzo, Syd?”. Barrett risponde: “Suona un po’ vecchio”. Eccolo lì, il leader scaricato, giudicato folle sin dalla tournée americana del ’67: i Pink Floyd aprivano i concerti per Janis Joplin e Syd si presentava sul palco con la testa impastata di Brylcreem e Mandrax, la Fender scordata a bella posta, attonito e non collaborativo mentre il set procedeva. Il ragazzo che aveva guidato l’equipaggio verso l’infinito e oltre doveva aver perso il senno. Suo padre, il patologo Max Barrett, coltivava l’hobby dei funghi nell’orto botanico dell’università di Cambridge. Il figlio doveva averne assaggiato qualcuno – o forse aveva creduto che quelli allucinogeni potessero davvero spalancargli le porte della percezione, senza lasciarlo intrappolato nei labirinti della mente. Come leader di un gruppo rock sperimentale poteva ancora avere un ruolo, ma quando i Pink Floyd divennero un jolly discografico Barrett fu lasciato a piedi. Letteralmente.

Il 26 gennaio ’68 c’era da onorare una serata a Richmond. Qualcuno, all’interno del pulmino, disse: “Non dovremmo passare a prendere Syd?”. Qualcun altro replicò: “Fanculo, chi se ne frega!”. Ora, ad Abbey Road, il capitano umiliato e offeso si era rimaterializzato, una nemesi senza chioma, il suo silenzio come una punta di trapano per scavare sulla Colpa & il Pentimento della ciurma. Come si era intrufolato nelle sale dove i Pink Floyd stavano registrando, non senza problemi, il seguito del capolavoro The Dark Side of The Moon? Nella stessa giornata, Syd si era recato nella sede dello studio grafico Hipgnosis, quello delle visionarie copertine dei loro dischi. Gli era stato detto che il responsabile, Storm Thorgerson, era con i ragazzi lì dove i Floyd univano i tasselli di Wish youwere here, l’opera magnifica e imperfetta che avrebbe visto la luce il 12 settembre ’75, cinquant’anni fa. E se Dark Side era una summa dell’esperienza umana dalla nascita alla morte, questo nuovo LP verteva sul tema dell’Assenza. Non necessariamente quella di Barrett, come la vulgata tramanda. Non, almeno, nella canzone che dava il titolo al tutto. A Gilmour era venuta l’idea dell’arpeggio iniziale (per la diffidenza di Waters, che temeva fosse un frammento rubato a chissà chi); Waters ne scrisse il testo pensando a tante cose: a suo padre morto in guerra, al matrimonio andato in frantumi e soprattutto a se stesso, l’alienazione ti impedisce di vivere pienamente, come ribadirà più tardi in The Wall. Adesso Syd era lì, fisicamente incombente, spiritualmente su altre galassie, il pazzo sull’erba, il “lunatic is on the grass” che percorreva scalzo tutta la strada da Londra a Cambridge per sedere nel giardino della casa di mamma, uno stordito pellegrino che sperava di veder crescere le margherite. Ok, Syd era il diamante di Shine on, almeno questo tributo glielo dovevano. Quante volte si presentò ad Abbey Road? Almeno due, giurano. Lo testimoniano anche le foto. In una indossa una camicia bianca, nell’altra, con un accenno di pizzetto e i capelli che rispuntano sul cranio, ha una maglietta a righe. Il 5 giugno il fantasma era rientrato in scena, subito prima della partenza dei Pink Floyd per un nuovo giro negli Usa. I suoi amici ricordano che passò gran parte di quel tempo a lavarsi i denti – però con lo spazzolino all’interno di una busta di plastica dove custodiva anche mentine Amplex. La seconda, sostiene Ginger, allora fresca consorte di Gilmour, doveva essere stata il 7 luglio, al loro rientro ad Abbey, dove fu organizzato un brindisi per gli sposi. Syd era tornato a bordo, dunque? No, semmai era un tormento che si materializzava, uno spettro che non concedeva benedizioni tardive. L’ultima volta che Waters lo vide fu ai magazzini Harrods: Barrett stava comprando caramelle, parve spaventarsi e scappò via. Nel 2005, al Live 8, i quattro eseguirono, in una reunion mai più ripetuta, Wish you were here, dedicandola “specialmente” al loro ex compagno. Che un male costrinse alla resa un anno più tardi. Spente le luci psichedeliche del suo spirito, Syd volò a riveder le stelle.