1957, Armi nucleari in Italia

Le Serie del Corriere - La bomba atomica - 07 - 1957, Armi nucleari in Italia

(Carlo Rovelli – corriere.it) – L’Italia ha firmato il 2 maggio del 1975 il Trattato di non proliferazione nucleare, che nell’art. II recita: «Ciascuno degli Stati militarmente non nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari.» Secondo un vecchio sondaggio Ipsos, l’80% degli italiani è contrario al fatto che ci siano armi atomiche dislocate nel nostro Paese. Eppure illegalmente, contro il desiderio ovvio dei suoi cittadini, e senza che ci sia stata una vera discussione, l’Italia ospita un terzo delle testate nucleari presenti in Europa.
In Italia ci sono ora, per quanto ne sappia, fra 70 e 90 bombe nucleari B61, modello 3, 4 e 7, stoccate in due luoghi: 50 nella base di Aviano, dalle parti di Pordenone, e circa 30 nella base di Ghedi, dalle parti di Bergamo. Questo significa che in caso di conflitti, gli italiani in Veneto e Lombardia saranno i primi ad essere arrostiti vivi, perché ovviamente in caso di conflitto per prima cosa si spara alle armi nemiche.

Non abbiamo neanche la consolazione che queste siano armi italiane, perché non sono controllate da italiani. Sono comandate dall’esercito degli Stati Uniti. Possono essere sganciate dagli aerei F-16 Falcons degli Stati Uniti che sono ad Aviano e a Ghedi. Gli F-16 – per quanto ne so – sono in corso di sostituzione con gli F-35.

Prove di indipendenza: l’Italia avvia il suo programma nucleare

Non è sempre stato ovvio che le atomiche italiane fossero controllate dagli Stati Uniti. Alla fine della guerra, le Forze Armate italiane hanno cercato di dotarsi di capacità nucleare. Il programma nucleare italiano è cresciuto fra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70.

Le prime armi nucleari schierate in Italia sono state due battaglioni di missili MGR-1 e MGR-5, messe in funzione nel 1955. La logica era che potevano essere usate in modo tattico per rallentare una eventuale avanzata sovietica dalla Jugoslavia, dando tempo per organizzare la difesa. In altre parole, arrostire vivi gli abitanti del Veneto per salvare il “capitalismo” dai “cattivi comunisti”. A questi si sono poi aggiunti, negli anni ’60, 90 missili Hercules con testate nucleari W31. Ma nessuno di questi era sotto controllo italiano. Gli Stati Uniti tenevano il controllo totale. L’Italia aveva perso la guerra ed era trattata militarmente come una colonia dagli Stati Uniti. Lo è ancora.

Il ministro della difesa Paolo Emilio Taviani, il 29 novembre 1956 dichiara che il governo sta cercando di persuadere gli alleati a «rimuovere ingiustificate restrizioni per le nazioni Nato ad accede alle nuove armi.» In altre parole, l’Italia vuole la sua bomba atomica.

La pressione politica sugli Stati Uniti funziona. Il 26 marzo del 1959 il governo firma un accordo con gli Stati Uniti per ricevere 30 missili balistici Jupiter a raggio intermedio da operare dalla base italiana di Gioia del Colle, sotto controllo italiano.

Il primo missile arriva il primo aprile del 1960, e non è un pesce d’aprile. È operato dalla 36esima brigata dell’Aria, ma con un accordo a doppia chiave, che quindi dà all’Italia più controllo. L’accordo prevede che i nuovi missili possano essere usati «per l’esecuzione di piani e strategie Nato, in tempo di pace come in guerra

L’inversione di rotta dopo la crisi di Cuba

Ma non dura a lungo. A seguito della crisi di Cuba, gli Stati Uniti ritirano i missili Jupiter. L’Italia quindi, come si è capito poi, è stata più coinvolta nella crisi di Cuba di quanto si pensasse allora. Kennedy e Khrushchev evitano la guerra nucleare con un semplice accordo: la Russia riportava a casa i suoi missili già in rotta verso Cuba in cambio del fatto che gli Stati Uniti togliessero i missili dalla Turchia e dall’Italia.

A seguito di ciò, l’Italia lancia il suo programma di armi nucleari. Converte a questo scopo l’incrociatore Giuseppe Garibaldi e testa un missile balistico chiamato Alfa
Alfa era un razzo a propellente solido capace di lanciare una testata nucleare di una tonnellata dall’Adriatico a Mosca. Il test è lanciato con successo da Salto di Quirra in Sardegna, il 6 aprile 1976. Il costo del progetto è di 6 miliardi di lire.

Ma la ragione prevale sulla follia. Nel 1975 l’Italia aderisce al trattato di non proliferazione nucleare e chiude questi programmi. Erano tempi più ragionevoli di oggi. Lungo gli anni 50, la popolazione italiana viene considerata ignorante in questioni di politica internazionale. In generale, la Democrazia Cristiana era favorevole e il Partito Comunista contrario ad armi nucleari italiane.

Quando il governo italiano ha finalmente accettato definitivamente che le atomiche italiane fossero in mano degli Stati Uniti, si è guardato bene dal discutere la cosa apertamente nello spazio della discussione pubblica.