
(Stefano Rossi) – Il Prof. Tomaso Montanari, che io stimo e seguo con attenzione per il suo acume, soprattutto quando parla di arte, è caduto nell’errore di molti, quando per forza devono difendere, sempre e comunque, lo straniero.
Il casus belli riguarda il velo (imposto?) alle donne.
Il professore prende spunto da una proposta della Lega, in Commissione Cultura della Camera dei Deputati, secondo la quale, bisognerà vigilare nelle scuole affinché non venga imposto il velo alle giovani studentesse.
Lascio ad altri giudicare una proposta del genere senza che sia accompagnata da un dibattito con sindacati e rappresentati del corpo docente, mi soffermo sul ragionamento di Montanari.
Scrive nel suo articolo apparso su il Fatto: “Non risulta che i nostri fascistoidi si siano mai scagliati contro il velo delle monache e delle suore cattoliche … Né che abbiano fatto polemica contro il protocollo vaticano, che imporrebbe (almeno in teoria) il velo nero alle donne ricevute dai pontefici. Ad essere simboli di sottomissione sarebbero soli i veli “islamici”, non quelli imposti alle donne da altre religioni”.
Il professore confonde il laicato con il clericale facendo un errore grossolano che offende, in primis, la sua intelligenza. E mi fa specie, visto che si dichiara “cristiano cattolico, credente e praticante”.
Ma è in buona compagnia. A sinistra, pur di difendere ad oltranza lo straniero, sono capaci di dire qualunque castroneria.
Dunque, secondo Montanari, l’imposizione del velo alle donne, laiche, magari atee o agnostiche, sarebbe da paragonare al vestito talare imposto, secondo regolament,o dai tempi del Medio Evo, da tutte le congregazioni, enti religiosi e confraternite.
In questo secondo caso, le donne, ma stesso discorso vale per gli uomini (si pensi ai francescani che escono con sandali e saio in pieno inverno), prima di prendere i voti ed entrare a far parte di un ente religioso, sanno che, tra le varie regole, ci sarà anche quello di indossare l’abito secondo regolamento. E per le donne vi è spesso il velo. Ma non per tutte. Le clarisse non lo portano. E, il professore dovrebbe sapere, dopo il Concilio Vaticano II, alcune congregazioni hanno abolito l’obbligo del velo. Sappia, il professore, che il velo, per le suore cristiane, simboleggia umiltà e dedizione, non verso un uomo, ma verso Dio.
Possiamo dire che c’è una bella differenza tra un marito qualunque e Dio?
Invece, alle donne musulmane, viene imposto il velo da una società arcaica, maschilista, patriarcale, spesso criminale verso le donne.
Su Rete4, ebbene sì, ogni tanto, oltre a La7, se gli ospiti non li gradisco, cambio canale, vidi un bel servizio in un paese del Veneto. Solo gli uomini parlavano italiano. Le donne, quasi mai da sole giravano per strada, se venivano intervistate guardavano il marito, non capivano e non rispondevano. Per esse rispondeva il marito. In quella cittadina le ragazze, dopo una certa età, sparivano dalla scuola e finivano in casa. In attesa di un matrimonio combinato.
Per capire fino in fondo questa storia, sarebbe bene rivedere certe trasmissioni andate in onda in tempi non sospetti, quando la sinistra non aveva fatto, dello straniero, la sua bandiera principale.
Vedremo solo critiche, astio, repulsione da parte delle nostre donne che, senza la mediazione culturale (imposizione?) del partito, erano tutte contrarie al velo.
Anni fa, un musulmano, in tv spiegava perché la donna porta il velo. È tutto un programma. Più o meno disse di immaginare un vassoio con due cioccolatini rimasti. Uno ancora ben incartato e l’altro scartato e poi richiuso da chi non gradiva.
Chiese, non ricordo a quale presentatore, lei quale sceglierebbe di prendere? Io quello che nessuno ha toccato.
Quello che non capisco è che, quelli come Montanari, sono pronti ai più bei discorsi quando si tratta di difendere le donne dai soprusi degli uomini (si fa per dire), dai femminicidi, dalle violenze domestiche, poi, però, quando la donna è straniera, entrano in un terreno viscido e imaginifico e cominciano a sfarfallare.
E, tal volta, rasentano il ridicolo.
Come quando egli ricorda il protocollo vaticano sul velo nero alle donne ricevute dal papa.
Montanari, se una donna si presenta dal papa in bianco, nero, verde, rosso, lungo, corto o a pois, non succede nulla.
Se una donna musulmana non indossa il velo, sono botte da orbi. Tal volta vengo arrestate, torturate, uccise. Lei fa il giornalista, non devo mettere lo sterminato elenco di quelle uccise per non aver messo il velo.
Ovviamente condivido.
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Caro Rossi , si tratta solo non di vestiario ,ma di imposizione!
E questa se la poteva evitare: A sinistra, pur di difendere ad oltranza lo straniero, sono capaci di dire qualunque castroneria.
Grande ca22ata …complimenti!
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Infine La consiglierei di andarsi a rileggere l’edsitoriale di Montanari in risposta a quando disse la giovgia sulla questione.
Islam no e suore sì? Giù il velo sulle balle in difesa delle donne – infosannio
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Nessuno prende posizione sull’imposizione di vestirsi, per esempio in giacca e cravatta in certe circostanze (pena licenziamento) oppure sullo sconsigliare di non vestirsi in pantaloncini e reggiseno in altre circostanze.
Per lavoro ho avuto a che fare con ragazze musulmane che indossavano il velo con dignità e fierezza (alcune non tutte) ed altre vestite in modo da esaltare curve e dimensioni di parte del corpo. Quali fra queste erano più libere? Ma, sinceramente non saprei.
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In certe occasioni la forma e’
sostanza, inutile fare gli ipocriti, sappiamo tutti quali. Se devi fare il testimone al matrimonio del tuo migliore amico ci vai in pigiama ? E nessuno ti obbliga a non farlo…
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“se una donna si presenta dal papa in bianco, nero, verde, rosso, lungo, corto o a pois, non succede nulla.
(No, non succede nulla perché non la fanno passare)
Se una donna musulmana non indossa il velo, sono botte da orbi. Tal volta vengo arrestate, torturate, uccise. Lei fa il giornalista, non devo mettere lo sterminato elenco di quelle uccise per non aver messo il velo.”
La differenza sta nel Paese e Montanari il discorso lo fa a chi discrimina in Italia. Iveli da lui citati implicano tradizioni e culture che si criticano vicendevolmente ma che in fondo condividono una discriminazione del mondo femminile, entrambe discutibili chi più chi meno.
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