Il ministro dell’Agricoltura lo ha detto al forum in Masseria di Bruno Vespa

Francesco Lollobrigida

(di Davide Carlucci – repubblica.it) – E Lollo inventò la ‘bresaola sconsigliata”. Pur di riuscire a convincere Donald Trump a ridurre i dazi – che il presidente americano minaccia di portare al 17 per cento – Francesco Lollobrigida confessa al forum in Masseria di Bruno Vespa, che se le sta inventando tutte. Anche un’ideona che va in contrasto con i suoi proclami contro la carne pompata a stelle e strisce. “Noi non possiamo accettare carne ormonata dagli Stati Uniti: sulla salute non si transige – rassicura il ministro alla platea dell’evento organizzato a Manduria da Comin and Partners – maa…”. E qui fa una pausa che introduce il suo astuto escamotage. “Ma ci sono le importazioni vincolate”. Ovvero? “Noi importiamo il 90 per cento di carne per fare bresaola. Se la importiamo da loro, la possiamo poi produrre per il loro mercato secondo il loro modello alimentare. Io la sconsiglio, però”.

Ecco come il re delle capriole alimentari (“anche l’abuso di acqua può portare alla morte”, disse a febbraio per difendere il vino) si prepara a condurre le trattative in un tavolo bilaterale italo-americano che entrerà nel vivo a settembre. Per fare cosa? “Per analizzare – spiega – come possiamo valorizzare le nostre produzioni”. Reduce da una missione negli Usa, Lollobrigida rivela anche che “ci sono accordi bilaterali che ci possono aiutare a superare cose che non possiamo accettare”. E qui si entra nel mondo dei salumi. “Se importi carni per produrre prosciutti che vanno negli Stati Uniti, puoi decidere di fare accordi vincolati che ti permettono di operare in questo senso”.

Cioè? Ecco che l’ex cognato di Giorgia Meloni illustra “il caso” della specialità valtellinese: “Noi importiamo il 90 per cento di carne per fare bresaola. La possiamo importare dagli Stati Uniti per produrre bresaola fatta con carne statunitense, quindi con le regole del loro modello alimentare…”. Se la mangino loro, insomma. L’importante è “permettere anche agli americani di esportare di più in Italia”. Perché “rispetto agli otto miliardi di euro che noi esportiamo, da loro noi importiamo solo 1,7 miliardi. E questo sbilanciamento li mette in sofferenza, inducendoli a una politica tariffaria che noi non condividiamo ma che possiamo comprendere…”. Se non funziona con la bresaola, il ministro ha un’altra potente merce di scambio: la soia. “Noi ne compriamo in quantità enorme da Argentina, Brasile e solo per un sesto del totale dagli Usa”.

Troppo poco “rispetto ad altri Paesi per noi importanti ma meno interessanti come mercati. Se noi diamo segnali e compriamo dagli Usa quantità maggiori di soia riusciamo, anche pagandola leggermente di più, a indurre gli Usa a riflettere sul fatto che la soia serve per l’allevamento delle vacche, le vacche danno latte da cui si fa il parmigiano. E il parmigiano potrebbe tornare da loro senza avere dazi”. Il ministro è orgoglioso: “Questo è un modello virtuoso che tiene conto delle ragioni dei nostri imprenditori ma anche delle loro ragioni…”.