(Tommaso Merlo) – In Italia la politica è morta, è mera lotta per il potere tra gruppi sostanzialmente identici. In campagna elettorale si scannano, poi non cambia mai nulla. Succede perché viviamo nell’era del pensiero unico neoliberista, perché siamo una colonia americana e perché siamo pure sommersi dai debiti e se alziamo la testa a Wall Street ce la mozzano. Ma non solo. La politica italiana è morta perché i politicanti nostrani non hanno nessun vero interesse a cambiare. Preferiscono godersi l’alta società limitandosi alle solite scaramucce in attesa della prossima poltrona. Promettono cambiamento ma una volta accomodati si rimangiano tutto. Anche perché cambiare è difficile e bisognerebbe sapere come. Per questo ci siamo ridotti così. Siamo fermi ai soliti capi bastone attorniati da corti e tifosi che scalpitano per una salvifica vittoria che non arriva mai. Tutti intenti a lodare il proprio messia ed infangare quello altrui per poi ritrovarsi sullo stesso malconcio barcone a galleggiare in un lurido stagno. Non un confronto costruttivo tra idee, ma uno sterile scontro tra politicanti del pensiero unico. Non politica ma meschina lotta per il potere. Con partiti ridotti ad agenzie di marketing elettorale intente a sfornare storielle per il popolino e partorire sinergie di palazzo. Sono le urne il loro chiodo fisso, non un mondo migliore. Ma la politica è morta anche perché il vero potere è finito altrove. La politica non esprimere più la volontà popolare ma quella delle lobby e dei mercati finanziari che tengono sotto ricatto paeselli conciati come il nostro. Una grave crisi democratica aggravata dal decesso della politica politicante, di uomini disposti a sacrificarsi disinteressatamente per i propri ideali. Per questo votano solo gli irriducibili ultras ed i nostalgici disposti a tapparsi il naso. Da noi è morta la politica ma anche il giornalismo. Invece di contribuire al dibattito, la stampa aizza le rispettive curve fungendo da megafono ai capibastone di riferimento. Gettano fango sui nemici e manipolano la realtà per compiacere gli amici. Lo sanno anche loro che senza piena libertà e quindi onestà intellettuale ed indipendenza, il giornalismo non ha nessun senso. Ma questo passa il convento. Sono vittime pure loro. Tengono famiglia e pure un ego da sfamare e se il sistema è marcio o ti adegui o finisci nell’indifferenziato. In paesi come l’Italia i vantaggi del conformismo vengono insegnati a scuola e anche la mafia culturale si apprende in giovane età. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Una cappa davvero asfissiante con cricche che vegetano ai piani alti per decenni nonostante un fallimento dopo l’altro. La meritocrazia in Italia vale solo per i poveri cristi e il riciclo permanente è tra gli onorevoli privilegi. È proprio così. Si sono allungate le aspettative di vita e quindi anche quelle delle caste politiche e giornalistiche che piuttosto di mollare girano col pannolone da un riflettore all’altro. Le solite facce, le solite stanche litanie, il solito vuoto. Con le nuove generazioni che si sottomettono ai boss o sono fuori. Perche’ il diverso e’ percepito come minaccia esistenziale. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. L’Italia è ferma immobile mentre il mondo corre. È ferma politicamente e anche culturalmente. Siamo vittime di un passato immaginario e in balia di un mondo in subbuglio. Basti pensare alla devastante crisi demografica con interi pezzi di paese abbandonati mentre popoli interi sono in viaggio, o all’ennesima rivoluzione tecnologica alle porte e ad una nuova economia tutta da disegnare. Basti pensare a tutte le questioni politiche globali per cui i nostri staterelli nazionali non toccano palla. Basti pensare all’arenato progetto continentale mentre sta avvenendo un epocale cambio di leadership e di sistema mondiale. In tale impressionante scenario, la politica e la stampa nostrane appaiono in tutta la loro drammatica inadeguatezza. È sempre più urgente un cambiamento radicale, ma il cambiamento non proviene mai dall’alto. Prima cambiano le persone, poi le società e poi arriva la politica. E non viceversa. La politica arriva per ultima trasformando in decisioni ciò che i cittadini hanno maturato dentro. Il compito della politica è concretizzare le nuove consapevolezze mentre quello della stampa è raccontare la storia con onestà ed arricchire il dibattito. Nessuna utopia. È così che avviene il vero cambiamento ed è così che funzionano le democrazie sane. Altro che messia de noialtri e partiti stracotti, è ora che i cittadini si rimbocchino le maniche.