
(di Milena Gabanelli e Francesco Tortora – corriere.it) – «L’istruzione è l’arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo» diceva uno che il mondo lo ha cambiato davvero, Nelson Mandela. Forse lo cambierà anche Donald Trump, ma non sostenendo gli atenei e tantomeno gli studenti. Ha appena tagliato 400 milioni di dollari alla Columbia University accusata di antisemitismo, ha deciso una riduzione drastica dei fonti per i progetti di ricerca e smantellato di fatto il Dipartimento dell’Istruzione licenziando in 24 ore metà del personale dell’agenzia che eroga le sovvenzioni agli studenti con redditi bassi. Un colpo durissimo al sistema accademico che contende all’Europa la formazione di professionisti e la futura classe dirigente. Eppure le università europee e americane hanno obiettivi comuni: pari condizioni ai blocchi di partenza e valorizzazione del merito. Ma a fare la differenza, soprattutto Oltreoceano, sono i soldi che lo studente (o meglio la sua famiglia) ha in tasca.
Quanto spendono Usa e Ue
Nella Ue l’istruzione universitaria è prevalentemente finanziata dalla fiscalità generale (Qui pag.279) con una spesa pari allo 0,8% del Pil comunitario. Nel 2022 erano 18,8 milioni gli studenti iscritti: il 59,5% alle lauree triennali, il 29,4% a corsi magistrali, il 7,5% a cicli brevi e il 3,6% a dottorati. La stragrande maggioranza (77%) frequenta atenei pubblici, sebbene in 4 Paesi (Ungheria, Lettonia, Cipro e Belgio) oltre la metà degli universitari studi in istituti privati. Gli Stati Uniti investono di più: il 2,3% del Pil (anno 2022), ma solo lo 0,9% proviene da fondi federali e statali, il restante 1,4% arriva da fondi privati. Il sistema è organizzato secondo un modello di mercato in cui le università ricevono donazioni, si fanno una forte concorrenza per accaparrarsi i migliori docenti e studenti in modo da ottenere sempre più finanziamenti alla ricerca da aziende, organizzazioni internazionali o agenzie governative. Inoltre, hanno un patrimonio accumulato nel tempo con il quale si autofinanziano. La più ricca è Harvard con un patrimonio di oltre 53 miliardi. Nella maggioranza dei college ogni anno è ammesso un numero prestabilito di studenti che di solito fanno domanda in più di un ateneo. In totale gli studenti sono 18,6 milioni: 15,4 milioni frequentano un corso biennale (associate degree) o quadriennale (bachelor’s degree), 3,2 milioni corsi post-laurea (master’s degrees). Il 73% studia in un ateneo pubblico, ma le università private contano una presenza più alta rispetto all’Europa, con 5,1 milioni di iscritti.
Università pubbliche: il costo della retta
Nell’Unione europea la tassazione media dipende dai Paesi: in Italia, Ungheria, Olanda, Lettonia e Irlanda va dai 1000 ai 3.000 euro. Nel nostro Paese l’importo delle tasse pagate dalla maggior parte degli studenti è di 1.629 euro, ma si abbassa a 200 euro per i redditi più bassi e sfiora i 3.000 per quelli più alti. Complessivamente il 39% degli studenti o paga tasse ridotte o è completamente esentato perché ha un reddito sotto soglia. In 9 Paesi la retta va da dai 100 ai 1.000 euro. Per esempio, in Spagna la maggior parte degli studenti paga 929 euro, che scendono a 170 euro in Francia e si fermano a 100 in Germania. Zero tasse o quasi invece in 13 Paesi: università completamente gratuita in Svezia, Finlandia, Estonia, Danimarca, Austria, Grecia, Malta e a Cipro, mentre in Repubblica Ceca, Slovacchia, Lituania, Polonia e Slovenia la retta scende sotto i 100 euro.
Negli Stati Uniti, secondo i dati dell’organizzazione no-profit CollegeBoard (Qui pag.10), la retta annuale negli atenei pubblici è in media di 11.610 dollari per i residenti dello Stato in cui si trova l’ateneo, che sale a 30.780 dollari per i fuorisede.
Università private Usa-Ue
Nel mondo delle università private ognuno fa storia a sé. In Italia la retta media è di 3.407 euro, ma negli istituti più prestigiosi come la Bocconi di Milano si raggiunge i 16.500 euro. Sulla stessa linea altri atenei famosi: si va dai 19.460 euro dell’École supérieure de commerce di Parigi (ESCP) ai 25 mila dell’Universidad Instituto de Empresa di Madrid (IE).
Ancora più alti i costi dei college privati americani che salgono a 43.350 dollari, mentre se si frequenta uno degli 8 atenei della Ivy League il conto diventa salatissimo. Si va dagli 86.366 dollari di Harvard fino ai 93.417 della Columbia University. (Harvard ha annunciato che dall’anno accademico 2025-26 gli studenti con un reddito sotto i 200 mila dollari non pagheranno tasse). A queste università sempre ai primi posti nelle classifiche delle migliori al mondo non accedono solo i più meritevoli, ma entrano con facilità anche i figli degli ex studenti o dei finanziatori di quello specifico college, si chiama «ammissione ereditaria». Il prestigio di questi atenei garantisce il successo futuro: l’ex studente a 10 anni dalla laurea ha un reddito annuo tra 93.000 e 111.000 dollari, quasi il doppio rispetto alla media nazionale. Sta di fatto che i costi delle prime 436 università americane sono cresciuti del 40% negli ultimi 20 anni.
Le borse di studio nella Ue
Tutti i Paesi Ue distribuiscono borse di studio e i criteri di assegnazione considerano sia la condizione economica che i meriti accademici. Secondo Eurydice, la rete di informazione sull’istruzione Ue, in Italia il 14% degli iscritti riceve un contributo (l’ importo annuo più frequente è di 4.473 euro), in Portogallo il 24% (872 euro), in Spagna il 31% (3.855 euro, ma solo a chi ha un basso reddito). Altri Paesi distribuiscono i sussidi in maniera universale, cioè alla maggior parte degli iscritti. L’Olanda al 100% degli studenti (1.412 euro all’anno), la Danimarca al 94% (contributo più frequente: 10.612 euro all’anno), Malta al 91% (3.433 euro), la Svezia all’88% (3.228). Infine, ci sono i prestiti d’onore, una forma di sostegno pubblico con interessi: apprezzato nei Paesi nordici, ma pressoché inesistente (meno dello 0,1%) nel resto della Ue.
Usa: sovvenzioni e scholarship
Negli Stati Uniti i finanziamenti ai meno abbienti e ai meritevoli hanno superato nel 2023 i 160 miliardi di dollari. Le risorse pubbliche però sono limitate: il 28% arriva dal governo federale e il 9% dagli Stati che ospitano gli atenei. Il grosso lo sborsano direttamente i college (52%), a seguire fondazioni private, enti filantropici e imprese (11%). Tra gli aiuti federali più importanti conferiti agli studenti con un reddito familiare tra i 20 mila e i 60 mila dollari c’è il «Pell Grant», programma gestito dal Dipartimento dell’Istruzione e che nel 2023 ha distribuito in media 4.255 dollari a 6,5 milioni di studenti, per un totale di 31 miliardi di dollari. Negli ultimi 15 anni il budget è diminuito di più di un terzo (raggiungeva 50 miliardi nel 2010) e secondo Forbes oggi anche chi riesce a ricevere il massimo dell’importo del Pell Grant (7.395 dollari) copre appena il 31% delle spese (tasse, vitto e alloggio) in un’università pubblica. Nel frattempo, però, sono aumentate le borse di studio da fonti private. Sono più di 1,8 milioni, coprono l’11% della popolazione studentesca e mettono in tasca degli universitari 8,2 miliardi di dollari (20 anni fa erano 3,3 miliardi). Tra le più generose ci sono quelle della «Coca-Cola Scholars Foundation» che ogni anno assegna 20 mila dollari a 150 studenti o la «Society of Women Engineers Scholarship» che stanzia 1,5 milioni di dollari per 330 borse di studio a sostegno delle donne nell’ingegneria, nell’informatica e nella tecnologia ingegneristica. Anche chi fa attività agonistica può ottenere una borsa di studio. In media sono 180 mila gli sportivi che s’iscrivono al college e ricevono un finanziamento.
43 milioni di studenti indebitati
Nonostante tutti questi finanziamenti sempre più studenti chiedono prestiti per studiare e s’indebitano con lo Stato, che poi rimborseranno con una quota del futuro stipendio, fino all’estinzione del dovuto. Solo nel 2023 sono stati richiesti 99 miliardi. In totale oggi sono 42,8 milioni gli americani che hanno debiti universitari, dal 2007 aumentati al ritmo di un milione all’anno e con un passivo a testa di 37.900 dollari (Qui pag.42). In totale i prestiti da rimborsare hanno raggiunto la cifra monstre di 1,6 miliardi di dollari, quasi quattro volte in più rispetto a 20 anni fa.
L’amministrazione Biden aveva tentato di cancellare parzialmente il debito (fino a 20 mila dollari per ogni studente), ma la norma è stata bloccata dalla Corte Suprema. Oggi, con la minaccia di chiusura del Dipartimento dell’Istruzione, anche il programma di sostegno agli studenti con redditi bassi è un’incognita. Intanto in un decennio la popolazione universitaria americana ha perso quasi 2 milioni di iscritti, passando dai 20,4 milioni del 2013 ai 18,6 milioni del 2022. Al contrario nel Vecchio Continente il numero degli iscritti è cresciuto di 2,3 milioni.
dataroom@corriere.it
Io non riesco a capacitarmi di costi così astronomici.
Precisamente, che ca22o di costi hanno le università per chiedere rette così poco adatte al… retto degli studenti e dei loro genitori?
Mi sembra un magna-magna colossale.
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