LE PAROLE DI STOLTENBERG – La premier ora insegue Salvini: “Frasi discutibili”. Ma il Carroccio deposita un odg per “censurarlo”

(DI GIACOMO SALVINI – ilfattoquotidiano.it) – Mancano due settimane alle elezioni europee e la campagna elettorale si gioca anche sulle dichiarazioni. Nello specifico una del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che in un’intervista al settimanale britannico The Economist sabato aveva proposto di eliminare il divieto di utilizzare le armi degli alleati atlantici per colpire obiettivi russi. Una frase che ha provocato la presa di distanza – più o meno sfumata – del governo italiano nel pieno delle dinamiche elettorali: dopo ore di tambureggiamento di Matteo Salvini che ha puntato sul “pacifismo” per raccogliere qualche voto in più è dovuta intervenire anche Giorgia Meloni che ha consigliato a Stoltenberg “maggiore prudenza”. Nel frattempo, però, l’unica leader che non ha commentato le parole del segretario della Nato è la segretaria del Pd Elly Schlein. Un silenzio pesante dietro cui si celano le distinzioni interne ai dem. Così il leader M5S Giuseppe Conte ha buon gioco ad attaccare la premier chiedendole “di riferire” in Parlamento: “Ha scommesso sulla vittoria militare della Russia”.

La polemica però coinvolge la destra. Salvini è il più duro contro Stoltenberg. “Si scusi, rettifichi o si dimetta”, dice il segretario della Lega. Una posizione – quella contro l’escalation – su cui il leader del Carroccio punta molto perché sa che il tema è popolare tra gli elettori. Così, dopo qualche ora di silenzio, deve intervenire anche la premier Meloni. Parlando a In Mezz’Ora da Monica Maggioni, definisce “discutibili” le parole di Stoltenberg: “Non so perché dica una cosa del genere. Bisogna essere molto più prudenti”. Pur specificando che “la Nato deve mantenere la sua fermezza, non deve dare segni di cedimento” e che il sostegno a Kiev resta “fondamentale”, Meloni ha aggiunto che “sono molte le dichiarazioni discutibili” a partire da Macron sull’invio di truppe in Ucraina. Da qui l’invito: “Io consiglio maggiore prudenza”.

Un’uscita a cui risponde subito la Lega di Salvini. Non basta che il governo sia compatto – a parole – sulla questione. L’ordine che il segretario del Carroccio dà ai suoi è quello di portare la vicenda in Parlamento, e prima possibile. Così fa intervenire il senatore e candidato alle europee, Claudio Borghi, che annuncia un ordine del giorno o un’interrogazione parlamentare per “censurare le parole di Ssoltenberg”, rilanciat0 dallo staff del segretario. Insomma, aggiunge Borghi parlando col Fatto, “chiediamo che il governo si impegni non solo a parole per prendere le distanze da questa dichiarazione che ci porta verso l’escalation: ci dicono che parliamo sempre e non agiamo mai, ora lo faremo in Parlamento”. Una mossa parlamentare, alla vigilia del voto, che rischia di mettere in difficoltà gli alleati di governo che dovranno impegnarsi con una mozione per prendere le distanze dal segretario generale della Nato. Insomma, un’operazione ad alto rischio diplomatico e internazionale. Tant’è che la risposta di Fratelli d’Italia è molto cauta: “Le parole di Stoltenberg sono inaccettabili –­ replica il vicecapogruppo al Senato Raffaele Speranzon – leggeremo l’ordine del giorno e valuteremo”. FdI e Lega in queste settimane si stanno rincorrendo sul tema delle armi all’Ucraina perché entrambi i partiti sanno che il tema è molto impopolare. Non è un caso che il nono pacchetto di aiuti a Kiev sia stato rimandato e non dovrebbe essere presentato al Copasir dal ministro Crosetto prima delle europee.

Chi a ieri sera invece non aveva detto una parola sulle frasi di Stoltenberg invece è la segretaria dem Schlein che ha fatto un lungo tour elettorale in Toscana. Questo nonostante il cancelliere tedesco e leader dei Socialisti europei, Olaf Scholz, si sia detto contrario all’uso delle armi tedesche per colpire la Russia. Dopo 48 ore Schlein non ne parla: se a farlo sono stati i candidati pacifisti come Cecilia Strada e Marco Tarquinio, il rischio per Schlein è aprire una spaccatura nel suo partito.