
(Raffaele Pengue) – I Riti Settennali sono alle porte. Mancano solo un paio di mesi, il battito d’ali di una farfalla. Il set messo in piedi dall’amministrazione per i Riti è allestito. Le risorse pure. Ben 315mila euro. Venghino, venghino, siore e siori!!! Ricchi premi e Cotillon!!! “Ufficio di Coordinamento Organizzativo 35mila euro; Mappatura di Servizi Ricettivi 30mila euro; Info-Point 20mila euro; Ufficio stampa e comunicazioni 20mila euro; Grafica impaginazione e stampa del materiale promozionale 50mila euro; Eventi collaterali 50mila euro; Valorizzazione degli storici percorsi processionali 110mila euro… Attesi 250mila turisti”. Cosa vedranno, cosa capiranno, cosa diranno turisti, curiosi, giornalisti, studiosi che nella settimana dei Riti avranno modo di visitare Guardia? Cosa offrirà loro Guardia, al netto dell’originalità e della grandiosità di un evento unico al mondo? Vedranno un’Isola che non c’è, o il Paese di Bengodi decantato un giorno sì e l’altro pure dalla propaganda di quattro scappati di casa? Divenuto oggi emblema di desolazione. Visitato durante l’anno solo dai curiosi che vogliono scoprire se questo posto esiste davvero. Dove ogni porta chiusa della “Straordinaria Gemma del Sud” che fu racconta mille storie, dove si vedono ancora cento volti, si sentono tante urla e rumori di piatti e chiacchiericci. E dove i pochi giovani rimasti in questo paese hanno una nostalgia diversa, quella di andare lontano, perché per loro quelle case, come le campagne, i vicoli, sono da sempre solo una maledizione. Devono viaggiare, si dirà, ci mancherebbe restar chiusi nel paesello. Allora la domanda è: perché non si è fatto e non si fa nulla per questo dannato paese? Un paese tra i più strampalati del mondo che un tempo era famoso per l’operosità dei suoi abitanti, i suoi artigiani, i suoi prodotti, i suoi Riti, le lotte delle congreghe politiche e sociali che già allora fingevano di gareggiare per il potere, le feste patronali, le scampagnate, le mangiate a mezza via, i tressette nelle bettole, le bevute, le botteghe di una volta, le belle ragazze, gli emigrati che ogni estate tornavano e partivano piangendo.
Ma non è delle case abbandonate del centro storico che dobbiamo parlare e che rievocano soltanto nostalgia, ma degli “scappati di casa”, di chi negli anni ha avuto l’onere e l’onore di fare qualcosa e non l’ha fatto. Gente incapace di vedere al di là del proprio naso – in fondo per vedere cosa c’è sotto il proprio naso occorre un grande sforzo -. Gente senza alcuna visione, lungimiranza, previdenza, iniziativa e simili. Grazie alla loro inadeguatezza Guardia oggi è un paese dimenticato. Un paese quasi muto, in disfacimento. Basta fare un giro un giro lungo per il centro abitato, ai limiti del percorso ufficiale dei Riti. Una lunga, attenta passeggiata lungo le strade, stradine e vicoli che sono parte integrante di questo disgraziato questo paese, e osservare tutto con occhio scrupoloso ed obiettivo per rendersi conto di quanto tutto lasci a desiderare. Dove per attraversare il paese da nord a sud poi, come si sa, occorre passare sotto il cosiddetto “Arco di Trionfo”, sul quale incombe un ulteriore, minaccioso rischio crollo. Cosa è stato fatto per ovviare a questo pericolo? Nulla a riguardo compete al Comune? Proseguendo per il centro storico, poi, non possiamo non renderci conto di quale pericolo gravi sulla testa dei rari passanti minacciati dalla caduta di tegole o cornicioni dalle vecchie case in stato di abbandono ed in gran parte diroccate. Portandoci poi sulla parte bassa del centro abitato e, dopo aver osservato attentamente lo stato d’incuria del torrente Ratello, volgendo lo sguardo verso l’alto, ci si rende conto di un insieme fatiscente. Si ha l’impressione di avere gli occhi tappati e la mente offuscata.
Una ulteriore riflessione spassionata alla fine non potrà non portarci a parlare delle strade e stradine che circondano il paese, vere e proprie mulattiere infestate da rovi ed erbacce, il tutto allietato non dal panorama mozzafiato sui filari di viti che si gode soprattutto nei pressi della cosiddetta “Rocca dei Sanframondo”, ma dall’abbandono e dal decadimento del paesaggio, dovuto proprio all’incuria di chi dovrebbe prendersi cura di esso, perché il dizionario ci suggerisce che il termine “incuria” significa propriamente “mancanza di cura, di attenzione, di diligenza nel fare una cosa” e ancora “grave trascuratezza, negligenza a danno proprio e altrui”, e sottolineiamo e rimarchiamo quel “proprio”. A chi spetta adoperarsi perché ciò non succeda più quando fra qualche settimana verremo assaliti dalla valanga di turisti di cui sopra?
Il problema di Guardia non è constatare l’ovvio e quello che tutti sappiamo e viviamo. La domanda è se dobbiamo rassegnarci supinamente a un paese desertificato e vuoto (con grave danno delle future generazioni) oppure se è possibile fare qualcosa, opporsi in qualche modo. Opporsi a questo lento e perfido “genocidio”. Forse, subito dopo i Riti Settennali, si potrebbe cominciare col mandare a casa, per sempre, chi da decenni gestisce questa comunità e vedere cosa si potrebbe fare, in maniera concreta, senza i soliti rimpianti, per cambiare profondamente le cose (sempre che si sia in tempo).