(Giulia Grilllo and L’Indispensabile – lafionda.org) – Da due anni ormai ci viene ripetuto che bisogna armarsi e fare la guerra per arrivare alla pace. L’unico modo per ottenere un risultato soddisfacente in politica internazionale, è quello di continuare ad inviare armi e usarle come deterrenza.

 Insomma, distruggere la vita umana per vivere.

Quindi, in questo contesto così contraddittorio non stupisce per nulla l’insurrezione alle parole recenti del Papa di molti del cosiddetto <<mondo occidentale>>. Usando una metafora, quella della bandiera bianca, che nel diritto internazionale assume un significato preciso, il Papa ha incoraggiato per l’ennesima volta a trattare, a negoziare, cioè a dialogare.

Ma, naturalmente, in quest’ottica contraddittoria, dialogare ormai significa arrendersi e quindi non si può accettare. L’unica cosa accettabile è vincere e si vince imponendosi con forza sull’altro; si vince addirittura distruggendo l’altro, annichilendolo. Ci sarebbe tanto da sviluppare in questa breve argomentazione, ma mi limiterò solo ad un punto, che, forse, è uno dei punti chiave.

La verità è che tutte queste parole e azioni scaturiscono da una profonda frammentazione mentale e interiore. Siamo scissi ed è proprio questa scissione interiore che scatena tutte queste contraddizioni: ‘la pace attraverso le armi’ oppure ‘dividiamoci per restare uniti’ e via di questo passo. Queste sono il risultato diretto di queste grandi sofferenze non curate (e qui non si intende il termine medico) cui noi cerchiamo di porre fine sia consciamente che inconsciamente. A questo proposito, uno psichiatra statunitense, James Gilligan, che ha lavorato per decenni nel sistema delle prigioni statunitense, tra le tante interessantissime cose che spiega e illustra, dice proprio questo e cioè che l’uso della violenza in tutte le sue forme scaturisce dal bisogno umano di porre fine ad un dolore interiore molto grande. Tuttavia, per poterlo eliminare, il nostro processo cognitivo ha bisogno di identificarne la fonte. Quindi l’attacco ad un’altra persona o addirittura ad un intero popolo non è altro che il tentativo di eliminare questo dolore incredibilmente forte.

Per cui, c’è una via d’uscita da questa spirale di sofferenza che porta alla follia umana e agli eventi terribili cui ormai assistiamo all’ordine del giorno? Io sono convinta che una via d’uscita ci sia anche e soprattutto in prospettiva del periodo pasquale che stiamo per vivere; un periodo di grande speranza ed anche di grande certezza che sì, la via d’uscita c’è. Certo, c’è bisogno di superare un po’ quella pigrizia d’animo (l’accidia del nostro caro Dante) che abbiamo un po’ tutti noi esseri umani e bisogna lavorare su noi stessi per imparare ad ascoltarci.

Inoltre, nel fare ciò, bisogna che ci ricordiamo che lo stesso grande dolore che sentiamo noi dentro, è presente anche nell’altro: dal vicino di casa, al soldato che combatte e a quel capo di Stato o di un qualunque movimento politico che scelleratamente dà l’ordine di andare a combattere. Se ci ricordiamo questo e se proviamo ad ascoltare il dolore nostro e il dolore dell’altro, allora probabilmente riusciremo a ricucire queste scissioni e queste contraddizioni e dal costruire la pace con armi e divisioni, si arriverà a costruire la pace con il dialogo e l’unione.