SOLIDARIETÀ PELOSA – Vittimismi editoriali

(DI SELVAGGIA LUCARELLI – ilfattoquotidiano.it) – Dopo giorni di accuse e indici puntati contro politici, dirigenti, direttori e vice, abbiamo il nome di chi ha oscurato, tolto luce e spazio allo scrittore Antonio Scurati: Roberto Saviano.
Il povero scrittore e docente diventato un caso dopo la vicenda dell’ospitata saltata da Serena Bortone, non ha neppure fatto in tempo a diventare un martire della censura che l’autore di Gomorra ha dovuto ristabilire un fondamentale punto fermo: è più martire lui. Più oscurato, odiato, perseguitato, osteggiato, escluso. Chi si crede di essere, questo Scurati, che oltretutto ha ricevuto la solidarietà di tutti mentre Saviano è ormai isolato, espulso dagli spazi del dibattito, talmente censurato da non avere più angolini da cui esprimere il dissenso.
C’è solo una stranezza. Saviano non se ne lamenta guardando dritta la webcam della sua cameretta mentre i poteri forti della fibra ultraveloce provano a fargli saltare il collegamento, ma – solo negli ultimi cinque giorni – in 20 minuti di intervista singola a “Propaganda”, in 18 minuti di intervista singola da Floris e in altri 30 minuti di intervista da Fazio seguiti da 16 minuti di intervista singola sempre a Che tempo che fa. Il 20 aprile, sempre in qualità di censurato, l’isolato Saviano era anche ospite del Festival del giornalismo dove ha parlato di Putin e attacchi alla libertà di espressione. Di Gaza non ha detto nulla perché al contrario suo i gazawi hanno fin troppo spazio in tv e sui giornali.

La censura ai suoi danni proseguirà al “Salone del libro” dove a maggio lo scrittore sarà ospite a quattro eventi. Praticamente dorme direttamente su due poltrone dell’Auditorium. La presentazione del suo libro poi avverrà in sordina, in quello che sarà una sorta di raduno carbonaro (la Sala Oro, 700 posti) e con un relatore di fortuna, perché quando sei censurato ilpotere scappa: il direttore del Corriere della sera Luciano Fontana.
Ma l’agonia di quest’uomo senza più spazi non è ancora finita: dal 3 maggio è in tournée in alcuni teatri italiani i cui foyer saranno presidiati da alcuni eroi della Resistenza. Del resto, in queste sue rare apparizioni tv per ricordarci che sì, Scurati è un bersaglio delle destre, che sì, tutti dobbiamo proteggerlo, che sì, tutti dobbiamo parlare di quel che gli è successo “ma ora parliamo di Roberto Saviano”, l’isolato Saviano ha descritto con grande senso della realtà il suo strazio di intellettuale lasciato solo in quanto unico bersaglio di censure, querele e intimidazioni.
A “Propaganda”, per esempio, ha spiegato che i politici al governo hanno un metodo: individuano pochi bersagli come lui e li attaccano. Che questo è il metodo dei giornali di Angelucci contro di lui, Michela Murgia e pochi altri. “Dov’eravate quando ci pestavano tutti i giorni?” ha domandato. E ha aggiunto che lui ai processi si è ritrovato solo, a parte la compagnia di qualche amico scrittore.
Ora, io non metto in dubbio l’amarezza e le difficoltà di Saviano, ma l’esclusività che ritiene di poter vantare in termini di attacchi e censure è quantomeno ridicola. Vorrei evitare di fare la Roberto Saviano della situazione e ricordargli che io mi sono beccata querele da Salvini e politici vari nonché gli articoli più immondi dai giornali di Angelucci e che non ricordo la sua solidarietà, per cui sposto l’attenzione su altri. Meloni ha querelato anche Domani e i giornalisti Feltri e Fittipaldi, Matteo Salvini ha querelato una miriade di giornalisti, vignettisti e comuni cittadini (perfino un sacerdote) e in generale credo che se ci mettessimo a contare le querele dei politici a giornali e programmi d’inchiesta e opinione forse Saviano comprenderebbe che purtroppo non ha l’esclusiva sui tentativi di intimidazione.

Semplicemente, per chi scrive sui giornali è talmente ordinaria amministrazione da non considerarla più una notizia. La sua – lo dico con un certo dispiacere – è ormai una evidente sindrome del perseguitato. “A processo si è sentito solo”, dice. Fatto sta che si è presentato in aula con scrittori e conduttori, noi altri al massimo con l’avvocato. “Sento che siamo pochi”, dice lamentandosi della chiusura del suo programma Insider. L’orrendo silenzio che ha accompagnato la (ingiusta) chiusura del suo programma è stato però disturbato da Elly Schlein che ha presentato una interrogazione parlamentare lamentando il danno erariale, da una raccolta firme su change.org, di un servizio su “Insider” alle Iene, da appelli di associazioni antimafia, da indignazione diffusa e suoi virgolettati su alcuni dei principali quotidiani del paese.
Il Saviano che pretende solidarietà nei confronti degli intellettuali censurati dalla Rai è quello che dopo l’editto bulgaro pubblicava serenamente libri con Mondadori, immagino. O quello che (non) si stracciava le vesti per la cacciata di Gabanelli, Porro, Giletti, Giannini e molti altri, quando in Rai era Renzi a decidere la lista dei giornalisti buoni e cattivi.
Sempre a proposito di editto bulgaro, lo scrittore ha poi aggiunto che se prima venivi mandato via dalla Rai i soldi giravano comunque, “l’editoria era florida”. Certo, quando Berlusconi ti faceva fuori della Rai c’era sempre Mediaset. Ah, no era di Berlusconi. C’erano La7, la Nove. Ah no, non esistevano.
Infine, Saviano si è lamentato anche del fatto che lui non ha potere, ha solo quello della parola. Non so cosa intenda Saviano per “potere”, ma quando alza il telefono per chiedere a politici, conduttori e scrittori che lo difendano pubblicamente o telefona direttamente al meloniano dg Giampaolo Rossi chiedendogli spiegazioni sul perché non gli venga consentito di promuovere il suo libro in Rai e poi chiama i conduttori delle trasmissioni Rai per comunicare che hanno il via libera del direttore generale ad invitarlo, mi sembra che l’esercizio del potere non gli sia del tutto estraneo.
E questo a prescindere dal fatto che quelli poi lo invitino o no. Non so quanti giornalisti o scrittori oggi potrebbero permettersi di alzare il telefono e interloquire con il direttore generale Rai. E non so quanti lo farebbero, se quel direttore generale fosse un fedelissimo del loro più acerrimo nemico politico. Forse sarebbe ora che Saviano realizzasse una cosa: è sicuramente vittima di censure e vendette politiche, ma soprattutto del suo autocompiacimento vittimistico.