GLI ELETTORI NON CONTANO – Dice 9 volte “difesa” e mai “diplomazia” o “pace”. Vuole un’Ue “fortezza” senza politica estera autonoma, ancella degli Usa e della Nato. Contro le nuove “minacce” Russia, Cina e migranti

(DI BARBARA SPINELLI – ilfattoquotidiano.it) – Già alcuni salutano festosi Mario Draghi, autore di uno dei tanti rapporti che l’esecutivo europeo affida a tecnici esterni, e cadendo subitamente in estasi lo incoronano re, per grazia ricevuta non da Dio o dall’Ue o magari dal popolo, ma dalla grande stampa italiana sempre bramosa di recitare in coro gli stessi copioni.
C’è chi canta fuori dal coro, come l’economista Fabrizio Barca su questo giornale, ma il boato degli osanna ne sommerge la voce. Ha fatto bene Giorgia Meloni a dire quello che dovrebbe essere ovvio: non è questo il momento di nominare il presidente della Commissione o del Consiglio europeo. Le elezioni europee devono ancora cominciare e il popolo elettore non conta niente nelle nomine, ma un pochettino magari sì, se il futuro Parlamento europeo oserà ascoltarlo.
Quanto a Draghi, non dice né sì né no: lui scende dalle stelle, non sa cosa sia il suffragio universale, già una volta disse – quando guidava la Banca centrale europea e in Italia irrompevano in Parlamento i 5 Stelle – che le votazioni vanno e vengono ma non importa, per fortuna c’è il “pilota automatico” che impone quel che s’ha da fare: austerità, privatizzazioni, compressione dei redditi, pareggio dei bilanci iscritto nella Costituzione come in Germania (la Germania già sembra pentita). Era il 2013 e un anno prima Draghi si era detto “pronto a fare qualsiasi cosa per preservare l’euro”. Il whatever it takes fu accolto come salvifico dagli incensatori, specialmente a Berlino. Il prezzo, tristissimo, lo pagò la Grecia che venne tartassata e umiliata. Anni dopo, nel 2018, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker riconobbe l’errore: “La dignità del popolo greco è stata calpestata” dall’Unione. Sono patemi estranei a chi si affida ai piloti automatici.
Forse per questo ora Draghi preconizza “cambiamenti radicali” e trasformazioni che “attraversino tutta l’economia europea”, e mette sotto accusa le strategie che fin qui hanno frammentato l’Unione, inducendo gli Stati membri a “ridurre i costi salariali l’uno rispetto all’altro”. Fa un po’ specie una denuncia simile (l’Europa ha sbagliato quasi tutto), come se negli ultimi decenni lui fosse vissuto sulla Luna, mentre è stato direttore generale del Tesoro responsabile delle privatizzazioni, managing director in Goldman Sachs, governatore della Banca d’Italia, presidente della Bce, capo del governo italiano. Forse vuol abbassare Ursula von der Leyen, cui potrebbe eventualmente succedere. Ma il discorso tenuto a Bruxelles non è diverso da quello di Von der Leyen. La concorrenza fra le due persone è finta.
Chi legga il discorso dell’ex presidente del Consiglio, tutto verrà in mente tranne che un pensatore e un protagonista politico. Draghi è un tecnico, impermeabile per via del pilota automatico alle sorprese di un voto nazionale o europeo. Nelle parole che dice e nel rapporto sulla competitività che presenterà a giugno, si mette al servizio di un’Europa-fortezza ineluttabilmente in guerra, e che lo sarà a lungo visto che le parole “pace” e “diplomazia” sono spettacolarmente assenti. Abbonda invece, sino a divenire filo conduttore, la parola “difesa”, che appare ben nove volte.
Prima di credere nel “cambiamento radicale” che Draghi promette, varrebbe la pena capire quel che intende quando suggerisce di competere più efficacemente con Stati Uniti e Cina, indossando gli abiti e le abitudini di un’Europa più compatta, economicamente, industrialmente e tecnologicamente. Se i Paesi rivali sono più forti, dice, è anche perché sono “soggetti a minori oneri normativi e ricevono pesanti sovvenzioni”. L’Europa soffre di troppe norme (immagino parli di clima, welfare, commercio) e le converrà adattarsi.
Passando alla crisi demografica, non è in vista alcun “cambio radicale”, ma l’accettazione condiscendente, passiva, dell’esistente: l’avanzata di una destra al tempo stesso sia neoliberista sia neoconservatrice. Ragion per cui è accettata per buona un’Europa che diventi fortezza non solo armandosi, ma anche chiudendosi a migranti e rifugiati. Draghi volonterosamente prende atto senza batter ciglio che la fortezza è ormai una realtà: “Con l’invecchiamento della società e un atteggiamento meno favorevole nei confronti dell’immigrazione, dovremo trovare queste competenze (lavoratori qualificati mancanti) al nostro interno”.
Dicono gli osannanti che Draghi è il glorioso erede dei padri fondatori dell’Europa, e infatti l’ex presidente del Consiglio promette una “ridefinizione dell’Unione europea non meno ambiziosa di quella operata dai Padri Fondatori”. Ma il suo non è un ritorno all’Europa della pianificazione industriale e dello Stato sociale, tanto è vero che l’Europa da “trasformare” viene da lui definita come “nuovo partenariato tra gli Stati membri” o come “sottoinsieme di Stati membri”, da cui sono esclusi coloro che non ci stanno: una Coalizione di Volonterosi insomma, formula usata nelle tante guerre di esportazione della democrazia.
Dopo la scomparsa della Comunità, scompare anche il termine che l’aveva sostituita: Unione. Un partenariato siffatto, una Difesa Comune senza politica estera europea e senza Stato europeo, è di fatto – e inevitabilmente – al servizio della Nato e della potenza politica Usa che la guida. L’Europa ai tempi della fondazione era innanzitutto un progetto di pace. Fingere di tornare a quei tempi è pura prestidigitazione. Si alleano fra loro i tecnici, le élite che mai si misurano alle urne. Sono loro ad aderire al cosiddetto ordine internazionale basato sulle regole (rules-based international order) propagandato da Washington da quando Unione europea e Nato son diventate sinonimi e hanno ufficialmente adottato l’economia di guerra contro la minaccia russa e cinese.
Secondo Draghi, tale ordine globale è stato corroso da forze esterne al campo euro-atlantico. “Credevamo nella parità di condizioni a livello globale e in un ordine internazionale basato sulle regole, aspettandoci che gli altri facessero lo stesso. Ma ora il mondo sta cambiando velocemente, e siamo stati colti di sorpresa“. Neanche un minuto il sorpresissimo Draghi è sfiorato dal sospetto che i primi a violare le regole internazionali, i patti sulla non espansione della Nato, le convenzioni sulla guerra, la tortura, il genocidio, sono stati gli occidentali, a partire dagli anni 90, e con loro lo Stato di Israele. Ci limitiamo agli ultimi casi: l’Amministrazione Usa che giudica “non vincolante” una risoluzione Onu sulla guerra di Gaza che è a tutti gli effetti un vincolo; le violazioni del diritto internazionale nelle ripetute guerre di regime change, la mancata condanna dell’assassinio di alti dirigenti militari iraniani nell’annesso consolare dell’ambasciata di Teheran in Siria, cioè in territorio iraniano (attentato terroristico a cui Teheran ha reagito con l’invio di droni e missili).
Da bravo tecnico, Draghi ignora volutamente queste quisquilie e resta convinto che le regole – non quelle Usa, ma le uniche globalmente legittime: quelle dell’Onu – non siamo mai stati noi a infrangerle.
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io sono interessato ai condizionatori, bisognerebbe chiedergli se sono aumentati di prezzo
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A proposito di Fabrizio Barca (per me una delle poche persone serie in questa Repubblica delle banane):
https://pbs.twimg.com/media/GLduE4SX0AAsEuu?format=jpg&name=medium
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Infatti i più grandi sostenitori del banchiere sono firme famose di giornali sedicenti progressisti; si tratta di persone e luoghi che, invece, emanano un fetore insopportabilmente reazionario.
Se invece il tema è la geopolitica, i loro articoli trasudano altro. Vedono di buon occhio la esportazione della democrazia, tanto per capirci.
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la storiella veneta fa così: padovani gran dotori, venesiani gran siori, vicentini magna gati e veronesi tuti mati!
ma a proposito di padovani anche: ciò e l’è un gran recion padoan 😂
Poi dei fioi de gran putana mai nominare so mama 🤷♂️
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recion padoan alias
a-gender Dra**
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Cosa vi aspettate, per caso, dell’empatia da un lucertolone sputa-fiamme?
Ma l’avete visto che sguardo che ha?
Un alieno di V-Visitors sembrerebbe più umano di lui.
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l’Europa si salverà non con l’agenda Draghi ma agendo al contrario di Draghi.Oltre che il mostro di Firenze abbiamo anche il mostro d’Europa.
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piu leggo delle prodezze dei fautori euroatlantisti pro nato,
piu mi convinco ad essere totalmente sovranista, fuori da questa gabbia di psicopatici e guerrafondai euroatlantisti pro nato,
pertanto il politico che si dichiara a favore di quest’europa e di vassallaggio lo ritengo un nemico pericoloso per me per la mia famiglia per il popolo italiano
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Il delirio di onnipotenza ha preso il sopravvento ottenebrando completamente la classe politica del nostro continente. Vedono loro vittorie dove invece vi sono solo sconfitte politiche,economiche e militari. Parlano di diritti umani facendo da pappagalli agli Usa ,ma nascondono milioni di morti in giro per il mondo causati dalle loro nefaste guerre ridicolamente definite operazioni di pace. Parlano di diritto internazionale e di paesi aggressori ma tacciono sul bombardamento di ambasciate e decine di migliaia di vittime civili a Gaza . Credono di poter andare avanti così all’ infinito senza pagare dazio ? Loro pazzi credono di sì come se esistesse il moto perpetuo,ma non credo che sia possibile. Poveri noi !
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e se qualcuno da fuori li rovescerà, noi popoli occidentali saremo considerati conniventi e correi…..
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Forse non tutti sanno che Draghi è stato l’allievo prediletto di Federico Caffè, il maggior economista keynesiano d’Italia. Poi un bel giorno decise di pensare alla carriera e tradì i suoi insegnamenti. Per Draghi il capitalismo deve seguire le innate tendenze all’accumulazione infinita. E’ l’illimitatezza privatistica la caratteristica fondamentale del capitale, senza intromissioni dello Stato che deve, semmai, intervenire a sanare gli effetti nefandi delle sue contraddizioni sistematiche quando, a forza di accumulare avidamente profitti, man mano senza rispetto alcuno dell’etica, entra in crisi (emblematica quella del 2008), dalla quale DEVE uscire rafforzato altrimenti la società e il sistema di vita annesso implodono con risultati catastrofici. E, naturalmente, senza alcuna resistenza opposta da enti preposti a regolare i rapporti sociali con equilibrio e un certo senso di giustizia collettiva. Via la religione che, a forza di pensare al paradiso in cielo, potrebbe avvertire l’esigenza anche del paradiso in terra. Via il welfare che riduce la competitività per via della riduzione delle sovvenzioni statali all’industria. Ma come… si vogliono chiudere gli ospedali, le scuole, l’Inps etc. etc.?? Non sia mai, sostengono i cultori del capitale: resteranno in vigore ma… a SPESE DIRETTAMENTE DEI CITTADINI. Ma come?? CON UNA GRAN POLIZZA ASSICURATIVA del tutto compreso (America docet)!!! E se di denari i cittadini non ne hanno abbastanza?? Allora dovranno accontentarsi di ospedali e scuole statali, cioè per i poveri (che vivono di sussidi), come fanno in America che è il paese del più avanzato capitalismo. Che quando ha il sentore di entrare in crisi irreversibile… introduce dosi sempre più massicce di autoritarismo a tutti i livelli e persino… scatena guerre!
Ecco spiegata, nella sua essenza, l’origine dell’imbarbarimento progressivo della società presente. Soluzioni?? Una sola: RIFARE TUTTO DACCAPO!
PS. Thomas Fazi – Una civiltà possibile. La lezione dimenticata di Federico Caffè. Meltemi edizioni 2022
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questa è la democrazia in cui viviamo.
Il sionista che sostiene i notiziari del New York Times introduce nuove linee guida.
“Nel tentativo di insabbiare i crimini di guerra genocidari israeliani nella Striscia di Gaza, il New York Times ha introdotto nuove linee guida di scrittura per i suoi giornalisti, secondo una nota interna trapelata.
Il quotidiano americano ha invitato i giornalisti che si occupano della guerra di Israele a Gaza ad astenersi dall’usare termini come “genocidio” e “pulizia etnica” per descrivere la violenza scatenata sui palestinesi, consigliando anche di evitare l’espressione “territorio occupato” quando si fa riferimento a i territori palestinesi occupati.
Scritto dall’editore degli standard del NYT Susan Wessling, dall’editore internazionale Philip Pan e dai loro delegati, il promemoria sconsiglia inoltre l’uso della parola Palestina “tranne in casi molto rari”.
“Non utilizzare nelle date, nei testi di routine o nei titoli, tranne in casi molto rari come quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha elevato la Palestina a stato osservatore non membro, o nei riferimenti alla Palestina storica”, si legge nella nota.
L’omissione delle parole “genocidio” e “pulizia etnica” è inoltre in linea con la deliberata manipolazione da parte del giornale delle notizie relative al genocidio in atto a Gaza, che ha già causato più di 34.000 vite innocenti, la maggior parte delle quali bambini e donne.
Ai giornalisti che lavorano con il New York Times è stato inoltre sconsigliato di usare il termine “campi profughi” per descrivere le aree di Gaza abitate da palestinesi sfollati, nonostante il loro riconoscimento da parte delle Nazioni Unite e che ospitano centinaia di migliaia di rifugiati registrati.
Il promemoria afferma di fornire indicazioni sulla terminologia e sulle questioni nel contesto della guerra genocida israeliana contro Gaza. Tuttavia, diversi dipendenti del Times hanno avvertito che ciò riflette un pregiudizio nei confronti delle narrazioni ufficiali israeliane, mancando di riconoscimento del contesto storico dell’occupazione israeliana”.
Republicofscotland
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siamo alla damnatio memorie dei palestinesi
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