(di Raffaele Pengue) – Le prime notizie dei Riti risalgono al 1620. Tutto è rimasto come allora. Più di un evento devozionale, più di una celebrazione religiosa, il racconto dei Riti Settennali di penitenza in onore dell’Assunta coinvolge e accomuna l’intera comunità, a volte sparsa e frammentata, erosa e dilatata, vuota o sovraffollata, di Guardia Sanframondi. Segnano, in maniera abbastanza omogenea l’intero territorio guardiese e presentano una ricchezza e un’articolazione, che sorprende anche per la grande capacità organizzativa e per il lungo impegno profuso da tutta la comunità, soprattutto dai giovani.

Sette anni. Un’intera settimana. Le visite nella chiesa (per chiedere l’intercessione della Vergine), i Misteri (che vedono come protagonisti i quattro rioni), le sacre rappresentazioni, le processioni, i canti, i Penitenti, la Vergine Assunta, costituiscono ancora oggi un grande ordito letterario, mitico, religioso, antropologico, che ogni sette anni coinvolge e impegna anziani, giovani, donne e anche bambini. Le chiese, le strade, le piazze, i vicoli del centro storico, diventano luoghi densi di sacralità, spazi scenici “eccezionali” dove vengono recitate, raccontate, rappresentate, teatralizzate, scene raffiguranti episodi di vita religiosa o dei principi morali, vicende esemplari (elaborate storicamente secondo particolari modalità religiose e culturali), anche in forme drammatizzate, antiche e sempre attuali nella quale tutti si riconoscono e si identificano. Santa Maria Goretti, San Luigi Gonzaga, re Davide penitente, Sant’Agostino, San Tommaso, il Calvario… il trionfo della vita sulla morte. La liberazione degli uomini dalla loro precarietà e dall’angoscia ad essa connessa… sono solo alcuni degli innumerevoli temi messi in scena. Difficile, per chi vi assiste maniera “distratta”, capire quanto ci sia di fede o quanto sia solo cultura popolare e senso di appartenenza. Difficile riconoscere al di fuori di questa antica realtà contadina la stessa intensità, partecipazione, pathos e affermazione di presenza e di aggregazione, il desiderio di continuare ad esserci, che si ritrova nella manifestazione rituale di Guardia Sanframondi.

I Riti guardiesi costituiscono un forte elemento di identificazione per donne e uomini, e invitano, pur nella fiacchezza del periodo attuale, a scoprire una sorta di religiosità interiore, a farci capire che per la quasi totalità dei suoi protagonisti la Fede non è una parola vuota, formale, una formula ripetitiva, ma un momento da accogliere, riconoscere, all’occorrenza vivere e interpretare. Anche se spesso in passato erano stati ridotti – ad opera di osservatori che hanno cercato quasi sempre di mettere in evidenza gli aspetti cruenti e più esteriori del rito, ovvero a scontri e contrasti tra Chiesa e organizzatori, suscitando le reazioni di quanti hanno un legame profondo con i Riti e con l’Assunta, che affondano probabilmente la loro origine in epoca moderna, anche se riti di flagellazione erano presenti nel mondo antico e poi nel Medioevo – a colore, folklorismo, esteriorità, apparenza. Non solo, ma i Riti di Guardia Sanframondi rinviano ad alcune delle questioni più controverse e dibattute nelle discussioni intorno allo status delle culture e del Mezzogiorno italiano, come osserva Franco Ferlaino: «…il rapporto tra osservatori e osservati, con la fondamentale questione dello “sguardo esterno” che ha spesso costruito pregiudizi culturali…». In realtà il rito di Guardia non coincide né si esaurisce nelle scene vissute e rappresentate nei Misteri durante la quale gli “attori”, svolgono il loro cerimoniale per le strade di Guardia Sanframondi, ma nella processione generale della domenica quando i Riti toccano l’apice emotivo, l’esaltazione e l’eccitazione con “l’incontro” dell’Assunta e i Battenti.

È vero, viviamo un’altra epoca, il tempo è cambiato, non possiamo fingere che il mondo non sia cambiato; l’atmosfera è più distratta e svagata, quasi turistica, ma c’è ancora qualcosa di prezioso e autentico nei riti guardiesi. La stessa partecipazione quantitativa di pubblico, la partecipazione emotiva, religiosa, comunitaria, non è certamente una variante dello zapping dei media che ti fanno vedere l’Italia e le sue tradizioni; un che di artificioso, di finto-tipico e di pseudo-etnico. Dall’altra parte, è altrettanto stupido ripetere che ormai il tempo è cambiato; la Guardia Sanframondi di un tempo, l’Italia di un tempo è finita e oggi anche in questa comunità sono tutti più o meno americani. Ma forse la verità sta oltre questi luoghi comuni.

Sette anni. Ci mancheranno i nostri Riti. Ma voi che il prossimo agosto sarete a Guardia non lasciateli scivolare nella routine, nei social e nelle menate virtuali dei video e dei selfie dello smartphone. Sono belli i nostri Riti, belli i Misteri, bella la Penitenza, reale, viva, condivisa, carnale e corale. Bella la nostra Assunta, l’Assunta dei presenti, degli assenti, dei tornanti.