(di Michele Serra – repubblica.it) – La tragedia delle foibe (il numero delle vittime, a seconda delle fonti, oscilla tra le cinque e le diecimila) e l’esodo degli italiani d’Istria e Dalmazia (intorno ai trecentomila profughi) meritano di avere un museo che li rievochi e metta un poco di ordine nella memoria di quei fatti. È dunque una buona notizia quella che hanno dato la presidente Meloni e il ministro Sangiuliano: il museo si farà a Roma.

La speranza (sento di dire: molto esile) è che il comitato scientifico incaricato di allestirlo non sia costruito su basi etnico-ideologiche, anche alla luce del fatto che quella tragedia ha avuto, appunto, una matrice etnico-ideologica. Quella sanguinosa pagina della storia europea ebbe radici primarie nella dissoluzione dell’Impero asburgico (che era multietnico, beato lui), radici secondarie nell’aggressione fascista alla Jugoslavia e nel truce tentativo di cancellare lingua e cultura delle popolazioni slave, infine il suo esito nella orrenda rappresaglia dei nazional-comunisti di Tito.

Esiste una ricca storiografia, letteratura, memorialistica (italiana, slovena e ulteriori) sulla quale fare affidamento per onorare tutti i morti di quel lungo macello, prodotto dalla stupida ferocia dei nazionalismi, dall’invasione fascista e infine dalla giustizia sommaria dei comunisti slavi.

Se anche uno solo di questi quattro colpevoli (il nazionalismo; la guerra; il fascismo; il comunismo) dovesse mancare dal museo dedicato alle foibe, il suo valore scientifico sarà vicino allo zero. E il suo valore propagandistico, da solo, non basterebbe a onorare alcuna delle vittime. Al massimo, farà felice il tizio o la tizia che taglierà il nastro.