U Siccu ai pm nell’interrogatorio prima di morire: “Tutto inizia da Falcone, ma vi siete accontentati di mezze verità”

(di Lirio Abbate – repubblica.it) – La morte di Matteo Messina Denaro non cancella ciò che ha fatto nel passato e soprattutto quello che ha detto negli ultimi mesi di vita, in particolare nell’ultimo interrogatorio del 7 luglio. È rimasto davanti ai pm di Palermo per quasi quattro ore, ha instillato dubbi e lanciato messaggi depistanti. Ha risposto alle domande del procuratore aggiunto Paolo Guido e dei pm Piero Padova e Gianluca De Leo. Ha provato a farli sbandare, ma senza successo, sostenendo che, secondo il suo punto di vista, la magistratura, in passato, ha affrontato inchieste come quelle sulle stragi, senza però arrivare alle vere motivazioni.
E qui Messina Denaro sparge veleno. Due mesi prima di morire u Siccu ha messo a verbale che secondo lui gli inquirenti non hanno capito la vera origine della strage di Capaci, da cui, secondo il boss, parte la strategia terroristica mafiosa. O ancora peggio, e qui arriva altro veleno, si sono accontentati di quello che avevano, che per lui non corrisponde alla realtà.
Insomma, il boss non ha accettato di collaborare con i pm, non ha voluto chiarire le proprie posizioni, pur ammettendo per la prima volta di essere un mafioso, ma ci tiene a prendere le distanze da altri accusati di mafia. Esclude che Falcone sia stato ucciso per le condanne del maxi processo. Incalzato dai pm, il boss dice: «Voi magistrati vi siete accontentati che il giudice Falcone sia stato ucciso perché ha fatto dare 15 ergastoli al maxi processo?».
Paolo Guido lo riprende: «Perché fa riferimento proprio alla strage Falcone?». «Perché penso sia la cosa più importante, da dove nasce… quantomeno da dove nasce tutto» risponde u Siccu. «Tutto cosa?» chiede Guido, e lui: «Le stragi, l’input», e il boss sottolinea che fa riferimento proprio a Capaci e via d’Amelio e agli altri attentati del 1993. È un depistaggio?
«Sì, sì, questa strage (Falcone, ndr)…, tutto da là parte» afferma Messina Denaro: «Faccio un altro esempio: dopo non so quanti anni, avete scoperto che non c’entrava niente Scarantino (il falso pentito della strage di via d’Amelio, ndr) e non mi riferisco a voi, è un plurale maiestatis… Ora la mia domanda è, me la pongo, diciamo, da scemo: perché vi siete fermati a La Barbera (Arnaldo La Barbera, il dirigente della polizia che ha indagato sulle stragi sospettato di aver contribuito al depistaggio, ndr)? Perché La Barbera era all’apice di qualcosa… ha capito cosa… il contesto?».
Il boss ipotizza: «E se La Barbera fosse ancora vivo, ci sareste arrivati o vi sareste fermati un gradino prima di La Barbera?». Il capomafia crea ombre sul modo di indagare. Il procuratore aggiunto Guido lo rintuzza: «Lei si rende conto che queste sono cose sulle quali noi ci aspettiamo delle risposte, non delle domande». E lui: «Perché in certe cose (i magistrati, ndr) si contentano e in altre cose no?» chiede ancora u Siccu.
E Guido lo riprende: «Noi non dobbiamo fare qui una discussione, signor Messina Denaro». I pm gli fanno presente che lui le risposte a queste domande le conosce e vorrebbero che ne parlasse a verbale. «Ma se ce le ho io, perché non le deve avere lei? Io che sono, più intelligente?» svia il boss, e Guido lo riporta sui binari dell’interrogatorio: «Perché secondo la nostra ricostruzione e quello che dicono le sentenze, lei è stato uno dei protagonisti di tutta questa storia».
U Siccu a questo punto riversa la responsabilità sul padre Francesco Messina Denaro che era il capomafia di Trapani e vecchio amico di Riina e attacca le ricostruzioni giudiziarie in cui viene affermato che lui gli è subentrato nella commissione di Cosa nostra mentre il vecchio padrino era vivo.
«Una cosa che non ho mai sopportato è pensare che mio padre è stato descritto come il cameriere di qualcuno (dei corleonesi, ndr). E quindi mio padre cosa era il cameriere di queste persone o il mio cameriere? Mio padre era mio padre, fino a quando fu vivo, su questo non c’è ombra di dubbio» e aggiunge: «A un tratto con mio padre vivo, io rischio, comando tutto e lui mi diventa il cameriere della consorteria?».
Paolo Guido mette le cose in chiaro: «Lei deve metterci nelle condizioni, e questo solo lei riesce a farlo, di ricostruire dei pezzetti di verità, che ci dirà lei e che le consentiranno anche di essere più sereno, rispetto alla sua storia, rispetto a questa schifezza che l’ha circondata prima e dopo e fino a qualche giorno fa. Questo è il nostro invito a riflettere».
«Ascolti, dottore Guido, e veda che quello che sto dicendo è verità… tutti questi, chiamiamoli pentiti, che hanno detto, sì, qualche pezzo di verità, e hanno fatto fare dei processi, va bene, ma ognuno ha portato acqua al proprio mulino. E per farlo dicono cose che possono essere reali e coincidere con quello che cercate voi o con quello che interessa a voi, ben venga, giusto? Ma ci sono cose, però, che, per esempio, nessuno è mai arrivato, perché a me sembra un poco riduttivo dire che a Falcone lo hanno ucciso per la sentenza del maxi processo. Se poi voi siete contenti di ciò, ben venga, sono fatti vostri, ma la base di partenza non è questa… parlo di grandi cambiamenti».
E queste sue versioni sono finite con lui nella tomba.
A me sembra abbastanza chiaro Messina Denaro
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Che Falcone fosse inviso a una parte della clesse politica e anche a tanti suoi colleghi è cosa nota. Questo perchè ? Forse la trattativa che si voleva mettere in atto non doveva essere ostacolata.
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Meh le cose che dice le avrei potute dire anche io.
E non son Messina …………………e non parliamo poi di denaro.
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E li irride pure. E fa bene, a questo punto.
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Anche se in modo sibillino (per non tradire i suoi soci e sodali) Messina Denaro ha instillato il dubbio che ci fossero altri ben altri moventi e, soprattutto, altri “mandanti”… lui l’ha buttata lì ma chi già ha raggiunto il guado dall’altra parte forse ha smesso di tremare come pure quelli che ancora sono da “questa” parte.
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Illuminante il libro LA BESTIA in cui l’ex magistrato siciliano Carlo Palermo rivela i retroscena, i personaggi e gli intrecci che hanno collegato (e collegano) tutti i settori sia legali che occulti (mafia, massoneria, finanza, politica, forze armate, intelligence, religione, ecc.). L’autore, scampato miracolosamente a un attentato, parla di un disegno complesso e articolato che ha radici molto profonde e antiche di cui la mafia non occupa certo il vertice. Segue il filo rosso che lega i tanti fatti di sangue rimasti per lo più irrisolti o impuniti (Portella della Ginestra, Omicidi Mattei e Moro, strage di Ustica, di Bologna, attentati Falcone/Borsellino, Georgofili, Via Palestro, Treno di Bologna, ecc.) e analizza al microscopio moventi, documenti, testimonianze. Dopo 40 anni molti testimoni non ci sono più ma il puzzle è quasi completo anche se rimane a livello di ipotesi. Qualcuno aveva voluto fermare il magistrato perché chi si “impiccia” di certe “cose” va eliminato. Lui gli aveva fatto il “dispetto” di non morire e comunque gli era stata tolta l’inchiesta.
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Ma non possono tappargli la bocca. Elenca cupole, manovratori occulti, piani diabolici, macchinazioni, parla di come i personaggi che crediamo di conoscere siano nella realtà ben diversi da come appaiono. Le élites che governano il mondo discendono da famiglie antichissime, hanno ben altri scopi che non il benessere dei popoli. Che non siano solo ipotesi l‘abbiamo visto e toccato con mano in questi anni. In questi giorni poi chi ha collegato la morte dei due personaggi protagonisti della narrazione degli ultimi 30/40 anni ironizzando su collegamenti, maschere, ruoli e identità ha dato voce a pensieri e suggestioni che chiunque con un minimo di sinapsi aveva elaborato. Il libro di Carlo Palermo conferma che il nostro disagio di cittadini tenuti all’oscuro, non è frutto di immaginazione; siamo dentro a una realtà distopica che ha creato un sistema marcio e di proporzioni mondiali, di cui l’Italia è una pedina piccola ma importante e centrale.
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Il comportamento e le parole di Messina Denaro sono coerenti con le tesi di Carlo Palermo e lasciano immaginare scenari ben diversi da quelli della narrazione ufficiale. Come nei migliori gialli, si dovrebbe guardare dall’angolazione giusta, senza pregiudizi, per veder apparire un disegno imprevisto e sorprendente. Forse basterebbe collegare i puntini o le tessere del mosaico (o i personaggi) uscendo dai canoni dettati dalla logica convenzionale. Ma, a parte Carlo Palermo, chi vorrebbe mettere le mani su una patata bollente grande come un pianeta?
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per questo dico che ciò che ha affermato MD lo avrei potuto dire anch’io.
Non ha detto niente di nuovo, è di dominio pubblico.
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