La tragedia di ieri chiude un percorso iniziato in Turchia e in Siria a febbraio

Terremoti, Tozzi: “Mediterraneo regione più a rischio sismico del mondo, il problema è la scarsa prevenzione”

(MARIO TOZZI – lastampa.it) – Vedere ondeggiare come una palma la torre di Koutoubia da piazza Jemaa El Fna (una delle cui traduzioni suona, oggi in modo agghiacciante, come “assemblea dei morti”) deve aver fatto tremare fino in fondo il cuore dei marocchini appena scesi in strada a Marrakech, durante il terremoto di magnitudo 6,8 Richter che ha danneggiato anche le mura storiche della città.

Il terremoto è la catastrofe per definizione, è lo stravolgimento, è la presa di coscienza fulminante che anche ciò che sembra più stabile, come la terra sotto i piedi, possa vacillare e tremare per decine di lunghissimi secondi. Ma mentre in queste occasioni prende sempre corpo l’idea che le società degli uomini sono soggette a un consenso geologico che può essere ritirato senza preavviso, il terremoto di ieri in Marocco chiude un percorso iniziato in Turchia e in Siria, dall’altra parte del Mediterraneo, nel febbraio di quest’anno: un percorso casuale ma sistematico, reiterato mille volte e pronto a essere ribadito mille altre ancora.

Dalle terre di Atlante a quelle di Prometeo, il bacino del Mediterraneo è una delle regioni a più elevato rischio sismico del pianeta. Non tanto per la magnitudo e la frequenza dei terremoti, molto più violenti e ricorrenti in Giappone o in Indonesia, quanto per l’esposizione di popolazioni e beni e una complessiva impreparazione di fondo che non prevede il rischio naturale fra le priorità.

L’Africa settentrionale è terra di sismi, anche se molti rimangono sorpresi nel vedere centinaia di morti e tutti quei danni. Ma l’Algeria ha registrato centinaia di vittime, fra il 1980, il 1994 e il 1999. E non è lontano, geologicamente, il risentimento nel Mediterraneo del grande terremoto di Lisbona del 1755, sul quale hanno dibattuto gli illuministi. Ogni insediamento romano, da Gibilterra fino in Libia, ha avuto problemi o è stato abbandonato per i terremoti connessi alle vicissitudini geologiche delle catene montuose del Nordafrica. La faglia trasforme del Mar Morto, che divide il continente africano da quello asiatico, ha segnato la storia e lo sviluppo della Palestina fino al clamoroso abbandono di Bet She’an, dove ancora oggi si notano le colonne di marmo cristallizzate in un drammatico tuffo nel basolato di 1500 anni fa. Più a oriente, la Turchia è stretta fra la enorme faglia trascorrente Nord-anatolica (responsabile del terremoto di Izmit del 1999), che minaccia direttamente Istanbul, e quella che a inizio anno ha messo in ginocchio Antalya e dintorni, scatenando un sisma di magnitudo7,8 proprio all’angolo Nordorientale del bacino mediterraneo. La Grecia registra terremoti dalla notte dei tempi, come risulta dai danni ai templi e alle costruzioni classiche, ma anche oggi, da Salonicco (1978) alle Cicladi, da Creta alle isole ioniche. Albania, Montenegro e Croazia sono regioni geologicamente attive e a elevato rischio sismico. Per arrivare alla nostra penisola, vero sismografo del Mediterraneo, che presenta la zona a maggior rischio sismico di tutte, quella in cui ogni euro andrebbe messo nella ristrutturazione antisismica di Reggio Calabria e Messina e non per sfidare il rischio, costruendo un ponte che magari reggerà, ma solo per unire due cimiteri.

La storia del Mediterraneo e delle regioni collegate è una storia di terremoti, oltre che di vulcani e alluvioni, e di tentativi di convivenza con il rischio sismico. Le immagini dei crolli a Marrakech impressionano per via della scarsa qualità delle costruzioni, ma un terremoto di magnitudo 6,8 o 7 con quelle accelerazioni, in Italia farebbe danni paragonabili, visti i morti e gli sconvolgimenti di Amatrice (M 6,0) o L’Aquila (M 6,3), così come in Grecia o sulle coste albanesi o dalmate. Mentre quasi non ce ne se accorgerebbe in Giappone o in Nuova Zelanda. Non è questione solo di cemento, come dimostrano le ottime ricostruzioni in muratura di Norcia (Perugia) o Cerreto Sannita (Benevento) o Santo Stefano di Sessanio (L’Aquila), ma di progettazione antisismica, manutenzione, materiali utilizzati e soprattutto cultura del rischio.

Nella gran parte del Mediterraneo il terremoto viene ancora oggi visto come fatalità, punizione dovuta agli dei avversi, incidente fortuito. È disastro, appunto, attinente agli astri contrari e dunque a che serve prevenire rinforzando e ristrutturando, quando tutto dipende da un dio?

Stretti fra le grandi faglie del Mediterraneo orientale, lo scontro geologico fra Africa e Europa che si consuma fra Creta-Santorini e le isole Eolie, le grandi faglie maltesi e quelle nordafricane, i 450 milioni di abitanti del Mediterraneo sembrano non volere fare i conti con un destino che, per ciò che concerne gli esiti, sarebbe solo nelle proprie mani.