…non ci fu nessun tradimento nei confronti di Aldo Moro da parte delle Istituzioni e della Dc che allora ne incarnava una gran parte. Anzi in quella situazione la Democrazia Cristiana dimostrò quel senso dello Stato […]

(DI MASSIMO FINI – ilfattoquotidiano.it) – Caro Massimo Fini, sul giudizio di Moro ti vorrei sottoporre due questioni: 1) Non hai mai fatto menzione della scorta. Ciò rende plausibile la ricostruzione che con qualche pretesto qualcuno delle istituzioni lo abbia fatto scendere prima della messa in scena del rapimento; 2) Ha messo in primo piano la vita umana quando si è reso conto del tradimento della Dc e delle varie istituzioni in cui lui aveva fortemente creduto. Dopo la desecretazione dei documenti che ha acclamato anche storicamente l’intervento Usa in Cile diventa altamente plausibile ciò che molti hanno sempre pensato, vale a dire che le istituzioni italiane si basano sul tradimento e l’ipocrisia.
Gentile Carabelli, non ci fu nessun tradimento nei confronti di Aldo Moro da parte delle Istituzioni e della Dc che allora ne incarnava una gran parte. Anzi in quella situazione la Democrazia Cristiana dimostrò quel senso dello Stato che sempre le avevamo rimproverato, quorum ego, di non avere. Il liberale Alfredo Biondi, allora vicesegretario del PLI, affermò in quelle ore drammatiche: “i liberali non partecipano alle manovre grandi e piccole che partiti, uomini di chiesa e di cattedra hanno posto in essere in queste ore terribili e drammatiche della Nazione italiana. Non c’è da dividersi e dividere in falchi e colombe: non c’è da mistificare come caldo umanitarismo lo spirito di rinuncia e di sottomissione e come gelida statolatria l’elementare esigenza di non transigere su diritti e doveri indisponibili come quello di rendere giustizia e di assicurare l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; c’è solo da compiere puramente e semplicemente il proprio dovere politico e morale, non di riaffermare il prestigio e la dignità formali di uno Stato, troppe volte così umiliato”.
Sono parole, quelle di Biondi, che ho condiviso e continuo a condividere dalla prima all’ultima riga. Ne ripresi i concetti pochi giorni dopo in un articolo pubblicato dal quotidiano socialista il Lavoro diretto da Ugo Intini, con grande coraggio, di Intini intendo, perché i socialisti erano per la “trattativa”: “nelle sue lettere, Moro, a cui per trent’anni è stata attribuita fama di statista insigne, sconfessa tutti i principi dello Stato di diritto, sembra considerare lo Stato e i suoi organismi un proprio patrimonio privato, invita gli amici del suo partito e i principali rappresentanti della Repubblica a fare altrettanto, chiede pietà per sé ma non ha una parola per gli uomini assassinati della sua scorta, anzi l’unico accenno che ne fa è burocratico, per definirli ‘amministrativamente non all’altezza’”, (Aldo Moro: statista insigne o pover’uomo?), il Lavoro, 5 maggio 1978.
Ma lasciando da parte per il momento i principi, guardiamo sul piano pratico che cosa sarebbe successo se lo Stato, impersonato in questo caso dalla Democrazia Cristiana e sorretto dal Pci, avesse accettato di trattare con le Br come volevano molti politici e intellettuali socialisti, alcuni dei quali, in seguito e non a caso, si rivelarono se non sostenitori, simpatizzanti delle Brigate Rosse. Il giorno dopo le Br avrebbero rapito un Andrea Bianchi qualsiasi e lo Stato si sarebbe trovato di fronte l’alternativa: accettare ancora il ricatto o rifiutarlo. Se l’avesse accettato si sarebbe arrivati, gradino dopo gradino, alla dissoluzione dello Stato, se non l’avesse accettato si sarebbe dimostrato, direi plasticamente, che in Italia ci sono cittadini di serie A e di serie B. E il giorno dopo le Brigate Rosse avrebbero potuto aprire uno sportello con la dicitura, quasi bancaria, “iscrizione alle Br”. E molti cittadini vi ci sarebbero precipitati. Insomma, in un caso o nell’altro, lo Stato avrebbe firmato la sua dissoluzione.
“No, Aldo Moro non fu tradito: Dc e Pci hanno salvato lo Stato” peccato però che per Ciro Cirillo nel 1981 non andò così, anzi lo stato pagò un riscatto alle BR per liberarlo. Insomma i classici due pesi due misure.
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Personalmente che la DC abbia tradito o no non me ne può fregare di molto ….l’importante è il risultato ….e se il risultato era di non permettere un governo DC+PC … bene allora possiamo tranquillamente considerare le brigate di altro colore e finanziate da fuori italia!
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L’apertura in Italia al governo di sinistra era già cosa paventata fin dagli inizi del 1963, che vedevano in accordo Kennedy, quindi il beneplacito USA, il Papa buono, ovviamente Kruscev e Moro. La cosa sembrò consolidarsi dopo l’enciclica “pacem in terris”. Ma… 2 mesi dopo il Papa morì (di cancro). A novembre anche Kennedy morì, come tutti sappiamo è che tutti volevano morto. Ma l’anno successivo anche Kruscev fu “messo da parte e gli subentro’ Brescnev. Moro rimase da solo, fino a che il popolo italiano non lo convinse che era arrivato il momento del famoso “compromesso storico”. Ma anche lui è morto. MAH?! sono tutti casi, certo. Però sono sempre casi ad hoc.
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Maria Frida Moro disse che nelle ultime righe della chiusura (CHIUSURA) del processo per l’assassinio di Aldo Moro, così scrivevano i giudici: “In via Fani c’erano anche (ANCHE) le brigate rosse. Se lo Stato non fosse stato già dissoluto ( in tutti i sensi), quel processo di sarebbe chiuso e se ne sarebbe aperto un altro.
Continua, questo miserabile, a spalare fango (per non dire altro) su Moro e a santificare ignobili servi, coloni ben pagati, dell’ormai noto colonizzatore.
Nella storia i Viceré erano peggiori del Re.
Provo solo questo: 🤢
Terzo tentativo, visto che non me lo pubblicano…
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Ma forse non te lo pubblicavano perché non ci capivano niente di quel che volevi comunicare. A me è successo
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No, ci capivano eccome, ho usato due epiteti per il sopracitato Fini, che non chiamo giornalista per non offendere i veri giornalisti che sono stati uccisi in quei tempi e con loro è morto il giornalismo.
Ho dovuto eliminare il “míserábilə òmminícchio” con cui lo ho apostrofato e adesso lo maschero per farlo accettare 😆
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chi tirava le fila delle indagini fecero in modo di non trovare la “prigione” di Moro, contrariamente a quello che avvenne con la liberazione del Generale Dozier.
Il tempo permette di mettere insieme molti pezzi che all’epoca non si potevano vedere.
Moro fu lasciato in mano alle BR con la “speranza” che ci pensassero loro.
Il più grande fautore della “fermezza” fu Kossiga, che per ricompensarlo lo hanno fatto PdR, poi auto-denunciatosi quale uno degli organizzatori di Gladio grazie ad un accordo tra CIA e servizi segreti italiani guidati dal poi divenuto “famoso” De Lorenzo.
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Mi fa piacere che qualcuno ricordi Dozier. Quelli erano i veri BR e abbiamo visto che non sono andati lontano. Due settimane circa, il e Dozier tornò a casa.
Per Cirillo chiesero aiuto a Cutolo e abbiamo visto come è finita. Uno di quelli è ancora in vita e allora era un ministro molto potente. Dei soldi del riscatto non si sa molto bene che fine fecero.
Tornando a Moro, anche di lui Cutolo venne a sapere dove era prigioniero, ma nessuno era interessato. Il fatto quindi non riguarda più una trattativa o altro, ma il non averlo voluto liberare che fa pensare che fossero stati tutti (quasi) d’accordo. Era un piano prestabilito. Andava tolto di mezzo. È così che vogliono i ns padroni dal 1943 e sarà il così per sempre.
Pensate soltanto ad Allende, in Cile (11 settembre). E a comandare il colpo di stato fu il centenario che comanda ancora oggi. Ma vi rendete conto? Ma come fa? O che si cambia il sangue alla Keith Richards.
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E lo svolgimento del agguato con la scorta uccisa e Moro illeso come fosse un film .Ma chi può essere in grado di condurre un’azione così perfetta,le brigate rosse ?
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P.S. Fini, visto che dai del vile ad Aldo Moro, tu, cuor di leone, hai mai scritto un articolo in difesa di Assange?
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No Baky di Assange non ne deve parlare nessuno .ps anche il correttore non ti aiuta a scriverlo
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Se veramente su Assange non ha mai voluto scrivere un rigo, vuol dire che per lui anche in questo caso c’è da difendere lo Stato. Lo Stato yankee incancrenito fino al midollo, come lo era quello italiano ai tempi (e non solo) del rapimento Moro. Lo Stato difeso da quella classe dirigente, Berlinguer compreso, era un’idea astratta di Stato. Nei fatti era un agglomerato di nefandezze tra le più ripugnanti, che anni dopo sono venute fuori lo stesso, identiche a quelle di prima (vedi stragi, servizi deviati, massoneria, mafia, Cia e quant’altro di immondo). Insomma, Moro DOVEVA MORIRE! Le BR (manipolate come bambini) sono stati i killer, ma la mente si trovava altrove.
Che delusione Fini! Di solito scrive cose intelligenti ma stavolta… diciamo che ha preso un granchio, per non dire di peggio.
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” si sarebbe arrivati. ..alla dissoluzione dello Stato” quello Stato che nella persona del suo pdc, Giulio Andreotti, aveva rapporti con Cosa Nostra per cui fu prescritto, non assolto, prescritto fino al 1980, nella sentenza di appello del 2003? Pdc incaricato nel marzo 1978, quindi in un periodo in cui la sentenza lo ritiene associato all’ organizzazione criminale, e questo non è sufficiente a ritenere uno Stato già dissolto a livello delle sue massime rappresentanze? La scelta di non salvare Moro, fu veramente libera, ispirata al principio di uno Stato che non ceda al ricatto di terroristi , o condizionata/imposta da altre collusioni, regia occulta dove si intrecciano sempre i soliti protagonisti, Gladio, Cia, servizi segreti, organizzazioni criminali, massoneria, rappresentati istituzionali, già dissolti nel loro ruolo in ragione di rapporti antitetici al principio di Stato democratico? Di quale Stato si temeva la dissoluzione? Quello dell’ ANCHE, succitato, presente e protagonista in via Fani? Perché il caso Moro, andrebbe inserito in un contesto storico e politico, non riducibile al solo 1978, ma in un prima e dopo, decenni di storia italiana, dove l’ unica fermezza è stata la staticità/complicità di certi indissolubili legami, con le loro conseguenze politiche che definiscono la struttura di uno Stato!
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Infatti Ale si parla di ciò che accadde in Piemonte/genova… colpire la classe lavoratrice, la Fiat…. da “Io ci sarò ancora” di Miguel Gotor(pag.28)
^^^^^^
Il caso Moro – come Gotor evidenzia fin dal primo capitolo di questo libro – è strettamente intrecciato con le vicende dell’inchieste
del processo torinese (1974-1978) che ebbe come imputati i fondatori” delle Brigate Rosse (Renato Curcio, Alberto Franceschini
Paolo Maurizio Ferrari, Prospero Gallinari, Alfredo Buonavita, Pietro Bassi, Piero Bertolazzi, Loris Tonino Paroli, Arialdo Lintrami, Rocco
Micaletto e altri fra cui Mario Moretti, unico capo storico rimasto latitante). Toccò a me, allora giudice istruttore, condurre l’inchiesta con
Bruno Caccia come PM. Il processo era imperniato sul sequestro del magistrato genovese Sossi, che la Cassazione aveva assegnato a Torino
Col rinvio a giudizio esso passò alla Corte d’Assise, presidente Guido Barbaro. Era un processo che le Brigate Rosse non ammettevano.
La rivoluzione non si processa; la lotta armata non si condanna: questi erano il loro credo e i loro proclami. Proclami di sangue, destinati a
tradursi in violenza spietata. Cosi, con logica criminale fanaticamente coerente. sul processo di Torino fu scaricato un impressionante volume
di fuoco. Senza risparmio di crudeltà e ferocia, fu praticato a Torino vero processo «di guerriglia».
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e te pareva …in moderazione
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