
(Raffaele Pengue) – È l’amministrazione più triste e malinconica di sempre, ma se lasciamo che il paese venga occupato dalla peggior classe politica della storia guardiese poi non può che succedere questo: le viti non fanno limoni e i pesci non cinguettano.
Io ce l’ho qualche anno sul groppone, e li sento tutti, ma la desolazione e il vuoto che vedo da oltre un ventennio nel paese dove sono nato non li avevo mai visti, a certi sprofondi etici e morali non c’eravamo mai arrivati. Se questo è il “cambiamento”, forse era meglio la clava. Niente progetti né idee; nessun programma plausibile, ma anche nessun programma e basta. Solo un’imprescindibile vetrina di chiacchiere e distintivo, sicura come la prostatite dopo i 60 anni ma molto più fastidiosa: la solita sfilata di capi-diavolo alla continua ricerca di celebrazione e consenso. Sempre sul pulpito a predicare e proporre soluzioni per problemi creati da loro stessi. E non fate caso al risalto mediatico che viene dato a questa baracconata. La realtà non passa per convegni autocelebrativi o per lo schermo dei social. La realtà sono i cittadini guardiesi, i bisogni delle persone, la sanità territoriale assente, le bollette da pagare… e i fenomeni che vedete sfilare come attori ieri come oggi sul Comune in una passerella questi bisogni non ce l’hanno e nemmeno li sentono, e nel caso possono frugarsi in tasca e risolverli quasi sempre.
Oggi a Guardia esiste una sorta di onnipotenza. Una volta varcato il portone comunale si sentono unti dal Signore. Scomparsa la condivisione ci rimane solo l’io trionfante. Senza rendere conto ad alcuni, ma solo a sé stessi. Alla loro carriera. Non ci sono in giro o all’orizzonte pensieri affacciati sul futuro di Guardia. La riflessione politica si è come esaurita. Dalla politica non ci aspettiamo nulla, o quasi. Da tempo. Ieri la povertà dei fatti era almeno compensata dalla fioritura delle idee; oggi alla povertà dei fatti corrisponde pure la miseria delle idee, la loro assenza. Il cerchio è chiuso, c’è una perfezione del nulla, dentro c’è solo il vuoto. Stiamo cioè raggiungendo quel punto in cui è vano discutere, pensare, paragonare perché non può accadere nulla di diverso da quel che accade.
Cambiamento! Una parola, “cambiamento” che deve essere stata rinvenuta e tradotta da qualche geroglifico di migliaia di anni fa e che probabilmente costituisce una specie di rituale magico. Evocarla in campagna elettorale ha avuto sulla massa dei cittadini guardiesi un effetto ipnotico, è stato come liberare nell’aria una tossina che non lascia scampo. Quando era chiaro che tutta questa pantomima serviva solo ad aizzare l’opinione pubblica contro chi “recava fastidio” e a farli fuori, mina vagante di un ordine che non deve mutare. Tolti di mezzo loro le differenze fra maggioranza e opposizione non si sarebbero nemmeno più viste.
Attuare il cambiamento è complicato, prevede particolare impegno: servirebbe un salto di qualità ma sembrano tutti troppo zoppi per saltare, fosse anche un solo scalino. E se anche esistesse qualcuno capace di farlo, quel salto, lo azzopperebbero di sicuro.
Sul come risollevare questo paese, e per quello che vale (e per chi volesse conoscerla e non avesse di meglio da fare), la mia idea ve l’ho detta . Anche se, le mie speranze sono ridotte alla luce di un lumino da morto quand’è spento. Perché credo che quelle idee così logiche nella loro semplicità, dalle quali tutti si affannano a prendere le distanze come a doversene vergognare, siano oggi più vive che mai, e costruirci sopra un progetto politico sia del tutto indispensabile. Certo però occorrerà cambiare, come nell’ombra si sta già facendo, smettere di lamentarsi, andare “Oltre”, abbandonare certe ambiguità cerchiobottiste e schierarsi più decisamente, accogliere in quello spazio che in autunno con l’associazione “Oltre” si andrà a formare, figure che altrimenti non troveranno posto in questo contesto pseudo-politico e che altrimenti non avrebbero voce.
Dicono che i paesi come Guardia, siano destinati a morire. Guardia oggi, in effetti, non è altro che un sovrapporsi di macerie, un senso di inevitabilità, di tristezza, melanconia, senso di decadenza e della fine… Eppure non è nemmeno da escludere che Guardia, in maniera diversa dal passato, possa acquistare una nuova vita. Per quanta tristezza possa generare, i luoghi abbandonati vanno integrati e recuperati nella memoria che è vita. Lo so, non serve che me lo ricordiate, questo in una realtà come Guardia è un libro dei sogni. Ma ho solo quelli e quando la realtà è il pulviscolo oggi sulle poltrone comunali che non dico nemmeno, preferisco sognare. E i miei sogni prendono vita, diventano la cronaca che vorrei per questo paese. E in ogni caso, sarà meglio essere deluso da un sogno che nauseato dalla realtà.
Anche per questo oggi mi fermo ancora a sognare, perché per me i sogni sono la cosa più vera di tutte. E quindi rimango a coltivare i miei ideali, a cullarli, a nutrirli come fossero lievito madre per una nuova speranza, e se non basterà questo mondo ce ne sarà un altro. O un altro ancora. Qui, o altrove. Non li abbandono quei sogni, non li butto come fossero errori del passato magari con l’illusione di salvarmi o di credermi assolto visto che ho fallito nel realizzarli. Perché so di aver fatto il possibile per loro, perché in quei sogni ci credo ancora e non li ho mai traditi. E perché non erano i sogni ad essere sbagliati, né gli ideali che li alimentavano.
Perciò continuerò a sognare una Guardia migliore non solo per conservarne la memoria e tenere acceso quel lievito madre per quando qualcuno, migliore di noi, saprà apprezzarlo e sarà finalmente disposto a fare le rinunce e i sacrifici che servono per dargli la vita, a quelle idee. E senza fidarmi più di nessuno. La mia fiducia nel genere umano, soprattutto nel peggiore, quello che in questa comunità si occupa di politica, era già al suo minimo da parecchio, ma adesso ha esalato l’ultimo fiato, e non ho nessuna intenzione di rianimarla. Mi bastano le mie eccezioni. Ma loro, i miei sogni, continuano a vivere. Loro sono immortali.
Ecco, questo è il mio sogno.
Buon sogno a tutti, e soprattutto buona vita.
Nei sogni, affratellati.
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