(di Michele Serra – repubblica.it) – No ai “fondi stranieri” e ai “soggetti stranieri”, il debito pubblico “deve rimanere italiano”. È con questo concetto fieramente autarchico che il Salvini ha ri-bocciato il Mes, che da quello che si è capito sarebbe una specie di paracadute da tenere nell’armadio e da usare solo in caso di emergenza, ma nella visione salviniana è un grimaldello del bieco mondialismo per scardinare i forzieri della Patria. I “soggetti stranieri” si annidano nel Mes come gli achei nel cavallo di Troia.

La parola “italiano” ricorre, nei discorsi del Salvini, più della virgola. Tutto deve essere “italiano”, compreso il nostro cavernoso debito pubblico, conquistato con il sudore della fronte, l’ininterrotta lagna assistenzialista e la velocità di gamba con la quale scansare le tasse. In questo senso il Salvini ha mille volte ragione: l’italianità del debito italiano andrebbe rivendicata con lucido realismo. Alla stessa maniera l’italianità delle frane e delle alluvioni, l’italianità del ponte Morandi, l’italianità delle mafie (ne abbiamo una collezione quasi prodigiosa), l’italianità di tutte le nostre magagne e omissioni.

In fin dei conti sarebbe un bel passo avanti, perché il patriottismo facile e piacione (“siamo i migliori!”) potrebbe essere bilanciato da una specie di patriottismo riflessivo: siamo anche dei notevoli pirla, e in qualche caso dei mascalzoni di lunga esperienza e di tenace fedeltà alle cause peggiori.

Ogni paio di settimane si dovrebbe aprire l’oblò che si affaccia sul debito pubblico (possiamo immaginarlo identico al deposito di Paperone, ma vuoto e rimbombante) e constatare, con la voce di Alberto Sordi, che non c’è una lira. Nemmeno un euro, ma è valuta straniera e dunque possiamo fare finta che non ci riguardi.