Sfottò del ministro: “Nel mondo si nasce, perché preoccuparci?”. Le culle sono vuote, le sedie pure. Alla tavola rotonda convocata per gli Stati generali della natalità, i leader dei principali partiti […]

(DI PAOLA ZANCA – ilfattoquotidiano.it) – Le culle sono vuote, le sedie pure. Alla tavola rotonda convocata per gli Stati generali della natalità, i leader dei principali partiti hanno scelto di partecipare da remoto. Antonio Tajani è in Norvegia con Mattarella, Matteo Salvini e Elly Schlein sono impegnati in campagna elettorale, Giuseppe Conte pure (ma non si collega, manda solo un video registrato di cui ricorderemo soprattutto un “non mi vergogno a dirlo: all’Università vivevo in una stanza doppia”).

Sul palco ci sono Mara Carfagna e Elena Bonetti. E poi lui, il ministro che il governo ha mandato in rappresentanza, Francesco Lollobrigida. Quello della “sostituzione etnica”. Che non si lascia sfuggire l’occasione per vendicarsi delle polemiche che lo hanno visto protagonista. Perfino della vignetta del nostro Natangelo, anche se ancora ieri insisteva: “Lì non si parla di me, ma di una persona che non ha incarichi pubblici e a cui mi lega l’amore”.

Si infastidisce ancora, Lollobrigida, se gliela ricordi. Eppure soltanto qualche minuto prima, sorrideva sornione: “Perché uno si dovrebbe preoccupare della natalità?”. Non gli pare vero: lo hanno chiamato a parlare della crisi della nascite in Italia, ma lui ha portato i numeri che gli facevano più comodo. Dice che – mentre in Italia nell’ultimo decennio abbiamo perso un milione e mezzo di abitanti – nel mondo i nuovi nati galoppano al ritmo di 75 milioni all’anno, “che c’è da preoccuparsi?”. Quindi, insiste, se per due giorni sono qui tutti riuniti (stamattina arriverà anche papa Francesco e poi la premier Giorgia Meloni) un motivo ci sarà. “Se ci preoccupiamo – argomenta Lollobrigida – è per salvaguardare la nostra lingua, la nostra cultura, un’etnia italiana, quella che la Treccani definisce raggruppamento linguistico culturale e che vogliamo sopravviva”. Poi si preoccupa anche delle vite di chi è “disallineato a un fenomeno naturale” (tradotto, chi sta diventando troppo vecchia per fare figli).

Poco prima, Salvini aveva fatto mostra di pelosa saggezza, dicendo che lui – di fronte a queste scelte – “si ferma davanti al portone” e che tutt’al più alla politica spetta rimuovere gli ostacoli economici alla genitorialità. Che poi sono il solito elenco di cose (i contratti stabili, gli asili nido, i correttivi Isee) che ai rappresentanti delle famiglie, più o meno numerose, sembra che ormai facciano il solletico: “Finiamola di raccontarci la storia dei bonus, dei congedi e altre fesserie – si sfoga un partecipante – Qui devono dirci che la smettono di tassare la parte di reddito che usiamo per mantenere i figli”. Dell’etnia, a occhio, interessa zero.