Uno studio ha calcolato i vantaggi di una maggiore integrazione Ue. E i rischi di un ritorno dei nazionalismi e della frammentazione tra gli Stati membri

(Dario Prestigiacomo – europa.today.it) – Riportare indietro le lancette dell’orologio, fermando il processo di integrazione europea e riportando sempre più poteri nelle mani dei governi nazionali, potrebbe costare ai 27 Paesi Ue fino a 480 miliardi di euro all’anno da qui al 2032. Al contrario, aumentando le politiche congiunte così come proposto dal Parlamento europeo finora, potrebbe portare nei prossimi 10 anni a una ricchezza aggiuntiva di 2.800 miliardi. È quanto emerge da uno studio condotto dal think tank dell’Eurocamera e pubblicato in occasione della Giornata dell’Europa.
“Per mezzo secolo – si legge nello studio – l’integrazione europea è stata fondamentale per stimolare la crescita economica, generando guadagni significativi in termini di prodotto interno lordo e prosperità sociale per gli Stati membri dell’Ue. Uno dei risultati storici dell’Europa è il mercato unico, che genera benefici per milioni di imprese e consumatori ogni giorno. È stato dimostrato che questo progetto ha di per sé favorito un’espansione del Pil dell’Ue compresa tra il 6 e l’8% che altrimenti non sarebbe stata realizzata”. Più in generale, “l’integrazione europea è riuscita a promuovere la pace, la governance democratica, la protezione dell’ambiente e l’innovazione in tutti gli Stati membri e a rafforzare la resilienza di fronte alle crisi”, come quella della pandemia di Covid-19.
Allo stesso tempo, però, in giro per il continente sono emersi movimenti e partiti euroscettici e anti-Ue, che stanno spostando gli equilibri nel blocco e che potrebbero spingere verso un ritorno dei nazionalismi, bloccando l’integrazione, se non addirittura invertendola. Le prossime elezioni europee, previste nella primavera del 2024, saranno cruciali in tal senso. “Guardando al prossimo decennio – scrivono gli autori dello studio – l’Europa può scegliere diverse opzioni possibili”. Gli scenari delineati sono tre: il primo è il mantenimento dello status quo, ossia “un semplice proseguimento, fino al 2032, delle azioni politiche già avviate, senza una sostanziale azione aggiuntiva dell’Ue”. In questo scenario, il “Pil reale passerebbe da un valore di circa 15mila miliardi di euro nel 2022 a circa 17miliardi nel 2032 (a parità di potere d’acquisto, ndr), il che si tradurrebbe in un tasso di crescita medio annuo del Pil in termini reali dell’1,3% nel periodo in esame”.
C’è poi la strada di una “azione strategica e collettiva”, ossia “nuove azioni politiche per promuovere la capacità di anticipazione e la risposta dell’Ue”. In altre parole, è lo scenario di una maggiore integrazione europea secondo quanto delineato, per esempio, da diverse proposte del Parlamento europeo. In questo scenario, lo studio calcola una crescita media annuale del Pil complessivo dei 27 Paesi membri pari al 2,9%: tradotto in soldoni, vorrebbe dire una crescita aggiuntiva rispetto allo scenario dello status quo di circa 2.800 miliardi nell’arco di 10 anni.
Ma come si è giunti a questa cifra? Lo studio prende in esame 50 settori strategici, e analizza l’impatto delle proposte sul tavolo che mirano ad aumentare le politiche comuni in tali settori. Il macro-settore dove i guadagni sarebbero maggiori è quello del mercato unico e dei trasporti: ridurre ulteriormente la burocrazia per il commercio di beni e servizi nell’Ue, aumentare i trasporti sostenibili, ma anche combattere insieme le frodi sull’Iva e l’elusione fiscale (favorite entrambe dalla frammentazione dei sistemi fiscali nazionali), oppure mettere in atto il sistema di protezione delle indicazioni geografiche anche per i prodotti non agricoli. Tutto questo, secondo lo studio, potrebbe generare un surplus di 644 miliardi da qui al 2032.
Ci sono poi le proposte sulla trasformazione verde, che potrebbero portare altri 439,5 miliardi. Quelle per la trasformazione digitale garantirebbero invece un surplus di 384 miliardi. Anche la riforma del Patto di stabilità avanzata dalla Commissione europea, insieme alle nuove regole su banche o sull’euro digitale, avrebbe un impatto notevole (321 miliardi in più in dieci anni). Ci sono poi i settori dove la competenza è oggi ancora saldamente nelle mani dei governi nazionali, come la sanità o la giustizia. “Aggregare” le competenze, suggerisce lo studio, non vuol dire eliminare i poteri nazionali, ma potrebbe portare a “miglioramenti in termini di efficienza” a un “migliore uso delle limitate risorse esistenti”. Un esempio è l’acquisto congiunto di farmaci, una delle proposte avanzate in questi mesi da Bruxelles per integrare maggiormente i 27 sistemi sanitari: nell’insieme, queste misure potrebbero garantire 46,5 miliardi in più.
Ancora meglio andrebbe con un maggiore coordinamento della giustizia: le misure in discussione a livello Ue sullo stato di diritto, contro la corruzione, o sul rafforzamento della cooperazione di polizia e giudiziaria porterebbero 153,9 miliardi di euro aggiuntivi. Il resto della maggiore ricchezza arriverebbe dalle proposte sull’occupazione, sulla parità di genere e sulla cooperazione internazionale, che nel complesso potrebbero generare quasi 800 miliardi in più nel prossimo decennio.
Il terzo scenario analizzato dallo studio è quello della “frammentazione”, che comporterebbe “una perdita di efficacia dell’azione dell’Ue a causa di posizioni divergenti tra gli Stati membri”. Secondo l’analisi, l’inversione di tendenza nel processo di integrazione Ue avrebbe come effetto una perdita media di 480 miliardi all’anno da qui al 2032. Il tasso medio annuo di crescita del Pil reale scenderebbe allo 0,6% nel periodo in esame.
Categorie:Cronaca, Politica, Unione europea
Cos’è che spinge a una trattazione così accorata? il carrozzone scricchiola per caso? L’europa unita sotto un’unica regia serve più che mai agli atlantici, gli restiamo solo noi e non fanno certo il nostro bene
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Vorrei anche un calcolo preciso di quanto ci costa stare in Europa……
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Risultati incontrovertibili e prospettive ovvie.
Anche se chiedere all’oste se il suo vino sia buono…
Lauro Panella,se avessi evidenziato anche la proporzionalità tra i destinatari( geografici e di classe=lobbies) di tali vantaggi,lo studio sarebbe stato più completo.
Buona fortuna al tuo capo di gabinetto con un passato da monarchico:ne ha bisogno🤦🏻♂️:Paolo Conte direbbe “e i francesi -non-si incazzano più,ci prendono solo per il cubo.”
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