L’auto elettrica e l’Apocalisse che non ci sarà (fra 13 anni)

Prezzi, indotto, occupati, manutenzione, etc: tutto quel che c’è da sapere su una sfida inevitabile. Combattere le fake news che vogliono distruggere l’auto elettrica e, assieme a lei, la decisione strategica dell’Ue per salvare l’ambiente. È la missione di chi, in Italia, vuole […]

(DI ETTORE BOFFANO – ilfattoquotidiano.it) – Combattere le fake news che vogliono distruggere l’auto elettrica e, assieme a lei, la decisione strategica dell’Ue per salvare l’ambiente. È la missione di chi, in Italia, vuole contrastare il fronte di fuoco che si è aperto da quando, martedì scorso, l’Europarlamento ha approvato definitivamente la data del 2035 come quella per la produzione dell’ultimo motore termico nell’automotive europeo. Una strategia di disinformazione di massa che non risparmia nulla e nessuno e che ha come scopo quello di invocare un passo indietro del nostro Paese per strappare alla Ue frenate, ridimensionamenti ed eccezioni verso quel traguardo temporale. In campo ci sono le associazioni di categoria dei produttori della componentistica per l’auto (tutta dimensionata sul motore termico, ma legata per metà delle sue produzioni ai colossi di Germania e Francia che stanno invece viaggiando, a tutta velocità, verso l’elettrico), la Confindustria e un pezzo del governo Meloni guidata dai ministri leghisti Salvini e Giorgetti.

Molti i cavalli di battaglia di questo assalto all’elettrico, a partire dal tema più importante: quello dell’occupazione. Il tracollo previsto, secondo chi va all’attacco, varia tra la scomparsa dei 70 mila posti della componentistica, spalmata su 900 aziende, ai 195 mila di una platea ben più ampia e non meglio determinata (“Per raggiungere certi numeri, forse bisogna contare anche chi lavora nelle officine meccaniche individuali…” ride chi conosce bene quel mondo). Numeri, soprattutto, presentati con crudezza apodittica, quasi come se tutto ciò dovesse accadere domani e non, almeno, tra 13 anni.

L’allarme di queste ore, infatti, sembra non tener conto di come la decisione del Parlamento Europeo fosse ampiamente prevista da anni e discussa e sviscerata da almeno 12 mesi. E di come le cifre della “catastrofe annunciata” circolino da altrettanto tempo, accompagnate da smentite ugualmente nette. L’ultima va cercata in una ricerca recentissima elaborata da Ca’ Foscari assieme a Motus-E, l’associazione di imprenditori del settore automotive, mondo accademico e movimenti d’opinione che vogliono accelerare il cambiamento verso la mobilità elettrica. Francesco Naso, segretario generale, la spiega così: “Noi abbiamo scelto non di fare un conto teorico di posti a eventuale rischio, ma di monitorare 2.500 aziende che a qualunque livello operano intorno al settore automobilistico: da chi produce solo componenti legati al motore termico a chi solo o anche componenti invariabili e che serviranno sempre, come sedili, cruscotti, vetri, ruote eccetera, fino a chi già opera nella gamma dei nuovi componenti per l’elettrico”.

La realtà che ne emerge è abbastanza diversa dalla brutalità di chi vuole fermare tutto. Solo 96 aziende, con poco più di 14 mila dipendenti, realizzano unicamente prodotti per auto a motore termico. Sono 43 mila invece i posti di lavoro nelle realtà che hanno nella loro produzione almeno un componente per motori termici, ma che poi realizzano anche lavorazioni invariabili. Alto, infine, sino ai 215 mila unità, il numero degli occupati in quelle aziende che realizzano anche nuovi prodotti già utilizzati per i vettori elettrici o destinati in futuro a quello scopo.

In qualche modo, una conferma dei segnali che giungono da altri studi a livello europeo e che parlano di 650 mila posti di lavoro destinati a sparire nella Ue, bilanciati però da altrettanti che nasceranno al termine della transizione. “Una realtà in divenire, dinamica e che dimostra come non sia possibile sostenere che tutto finirà in un istante e ovunque allo stesso modo – aggiunge Naso – Le auto a motore termico continueranno a essere vendute in questi anni e continueranno a circolare dopo il 2035. Vogliamo fare qualche ipotesi abbastanza credibile? Oggi il parco di vetture circolanti in Europa è di circa 35 milioni. Nel 2035 possiamo prevedere che le vetture elettriche saranno tra i 10 e i 15 milioni: nulla crollerà all’improvviso, nessuno resterà disoccupato da un momento all’altro”.

L’importante adesso, avendo l’Italia già perso 4-5 anni senza nessuna proposta e senza progetti chiari, sarebbe non buttare più via il tempo, usando i prossimi 13 anni per un piano complessivo che metta assieme ambiente, rivoluzione tecnologica e produttiva, tutela sociale. Un cambio di paradigma dell’intero settore dell’automotive che è l’unica possibilità per salvare nel nostro Paese qualcosa che non esiste quasi più: in vent’anni le auto prodotte in Italia sono passate da 1,5 milioni a poco più di 400 mila. Numeri piccoli che ci allontanano dai veri padroni europei del mercato e dell’industria automobilistica, Germania e Francia, e che non autorizza più nessuno, dunque, ad affermare che il nostro Paese “è un grande produttore di automobili”.

E dopo quelle sull’occupazione, ecco le altre fake news di questa battaglia di retroguardia, che minaccia l’Apocalisse: ad esempio la sopravvalutazione dell’attuale alto costo delle vetture elettriche rispetto a quelle con motore termico: oggi, in media, 10 mila euro in più. I prezzi avevano iniziato a scendere tre anni fa, ma sono stati poi bloccati da pandemia, crisi energetica e rincari delle materie prime. Una realtà temporanea che però, con la crescita dell’economia di scala delle produzioni di vetture elettriche e con il cambiamento delle situazioni geopolitiche attuali, dovrebbe modificarsi, e non di poco, nei prossimi anni.

Così come è una vera e propria leggenda quella del maggior costo di manutenzione: il tagliando per una vettura elettrica vale oggi 100 euro, contro gli almeno 500 per un’auto con motore termico. Infine, va sfatata una seconda falsità: che le auto elettriche si vendano poco. Una ricostruzione del mercato fatta ogni volta indicando sempre e solo i dati italiani dell’anno scorso: meno di 50 mila vetture acquistate. Nello stesso periodo, in Germania, quel numero però era 500mila. Per questo quel Paese è oggi il più avanzato nella corsa verso il 2035 e la stessa cosa accade in Francia dove lo Stato (azionista di Stellantis) ha favorito e finanziato accordi strategici per la transizione elettrica e la sua ricerca, mentre gli incentivi per quel tipo di vetture sono collegati, oltre che ai redditi dei consumatori, anche alla produzione in territorio transalpino.

Cosa che in Italia non accade, favorendo anche le brutte abitudini dei nostri concessionari che tendono a non caldeggiare l’acquisto di vetture elettriche: non ancora capaci di garantire guadagni pari a quelli per le vendite di auto termiche.

La prospettiva del 2035 rappresenta, soprattutto, l’occasione di fondere, programmando, la tutela ambientale con la transizione sociale. Quella che abbiamo davanti non è una scelta traumatica e non annunciata. È invece qualcosa di previsto da tempo e che va gestito: mettendo assieme per la prima volta ambiente, garanzie sociali e trasformazione del lavoro.

Inventando nuove professionalità e specializzazioni, ma pensando anche a come riqualificare i lavoratori per le nuove produzioni o a come formare le nuove figure necessarie per l’elettrico. Scegliendo, al posto degli ammortizzatori sociali tradizionali, la svolta della riduzione dell’orario di lavoro proprio nel settore dell’automobile, mantenendo i salari e utilizzando il tempo guadagnato per corsi di formazione e riqualificazione del personale.

Che cosa occorre perché tutto ciò possa accadere? Una guida da parte del governo per trovare intese con tutti i soggetti coinvolti, compreso il mondo dell’università e della ricerca. Cominciando però, prima di tutto, a chiedere chiarezza di intenti all’unico produttore di rimasto in Italia. Quella Stellantis ormai a controllo francese, ma che resta nevralgica per impostare la via italiana all’auto elettrica. Quali sono gli impegni che il governo italiano chiede a Elkann e Tavares?

19 replies

  1. Sul Sole di ieri una intervista a Domenicali.
    Anche lui non crede che l’elettrico arriverà in tutto il mondo in tempi brevi, troppo costosa.
    Pare che in Formula 1 stiano sperimentando una benzina ” pulita”. In cosa consista ( e se sia possibile… )non so.
    Vedrò di informarmi. Se sapete qualcosa…
    Gli interessi sono tanti, con entrambe le motorizzazioni. Ma per l’elettrico la vedo dura.

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  2. Articolo azzeccato in almeno un paio di punti: l’elettrico e’ una tecnologia in pieno sviluppo, quindi e’ sterile basare le proprie critiche sui dati attuali; il cambiamento e’ in atto da decenni ma in Italia ci piace perdere tempo in polemiche inutili, di modo da arrivare puntualmente in ritardo (e poi piangere)…

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  3. Il punto è questo: l’energia per caricare le batterie da dove la prendiamo ? Si dovranno costrure tante centrali elettriche in più che consumeranno idrocarburi . L’anidrite carbonica continuerà ad essere prodotta .

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    • esatto bravo, non solo verrà aumentata in alcune condizioni, si calcola che fatto 100 di inquinamento – se avessimo tutti l’elettrica – rispetto ad oggi il risparmio in pm emessi nell’atmosfera tra 1-3% cioè nulla.
      Inoltre perchè solo noi in tutto il mondo dovremmo andare in elettrico? domanda retorica – lo vogliono gli USA e l’europa (comandata dagli USA) per un tracollo industriale europeo dell’automotive, pensateci in quale continente vengono costruite le auto migliori al mondo?
      poi perchè dare le deroghe a marchi di extra lusso, cioè le auto che inquinano di più possono continuarlo a fare?
      e le navi? gli aeri? i treni? tutto il mondo militare?
      il problema sono io che faccio 5 mila km all’anno?
      Inoltre nel computo totale, compreso quindi l’estrazione dei materiali per le batterie, si va oltre l’inquinamento attuale.
      suggerisco a tutti di vedere la toyota mirai, cercatela su google, quello è il futuro non una batteria da caricare che sposta solo l’inquinameto da una parte all’altra ma che nel complesso rimane uguale!
      è l’idrogeno H la soluzione, ma dicono che produrlo costa e inquina…ed allora perchè non usare le fonti rinnovabili per produrlo? mettiamo la un centro di produzione idrogeno vicino ad una centrale elettrica….no vero…ma certo che no e poi i petrolieri che fanno? gli arabi? i rockfeller?
      è tutto macchinato da forti poteri, cercate bene, informatevi da gente seria, leggete libri sull’argomento e avrete le verità…quelle che ci propongono negli ultimi anni sono una massa di menzogne.
      chissà se verrò pubblicato dopo aver scritto ciò, penso di no! perdo solo tempo meglio scrivere eresie e bugie.

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  4. Intanto sul piano economico gli investitori cominciano ad avere ripensamenti e alcuni tra i maggiori gruppi si disimpegnano.

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    • Vanguard Corporation, la seconda più grande società globale nella gestione del patrimonio, ha fatto un passo indietro e ha lasciato la più grande alleanza di finanziamento del clima di Net Zero Asset Managers ( NZAM ).

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  5. Elettrico? A idrogeno? A elastico? Come se a molti di noi italiani davvero importasse. Come se davvero fossimo capaci di comportarci razionalmente, a proposito di questa e di tante altre cose. Tanto continueremo a fare quello che sappiamo fare meglio: perdere tempo.

    2035. Per allora – unici in Europa – saremo ancora in alto mare, garantito: ma non osate toccargli il bolide a benzina, al Nuvolari nostrano…. Farebbe un patto col diavolo pur di sfrecciare perchèssì nella sua piccola Ferrazzi fino al 2099, e supporterebbe stolidamente chiunque sia disposto ad assecondarlo a sabotare qualsiasi transizione… senza naturalmente offrire alternative, perchè dopo di lui chissenefrega, in questo e molto altro assolutamente identico a quelli che vota. Mai, dico mai sottovalutare il rapporto a dir poco psicosessuale fra molti italiani e il loro bidone a petrolio – per il quale già adesso spendono quanto per un mutuo, solo su quattro ruote. Per i prossimi 13 anni sono capacissimi di sprecare 100 volte più soldi e energie di quanto ce ne vorrebbero per adeguarsi ad una inevitabile conversione di mezzo e combustibile, pur di rimanere abbarbicati al proprio adorato dinosauro.

    E magari farsi un distributore sotterraneo di benzina tutto loro (cit. Crozza/Razzi), per poi un dopodomani correre a rotta di collo di notte per stradine di campagna e mulattiere, quando nessuno li vede – e verso la fine climatica del mondo che conosciamo. Iperbole? Magari. In questa e innumerevoli altre cose, l’itagliàto dell’Età della pietra è capace di tutto.

    Perchè è questo quel che conta, questo quel che vuole: una tigre nel motore… e un asino al volante.

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  6. Boh! Il fatto quotidiano riesce sempre a sorprendermi per le sue battaglie sbagliate. Che dire delle ore di ricarica per fare 100 km? E delle soste forzate ai distributori per fare il pieno elettrico? Due o tre ore per ogni auto. Oppure che facciamo? Riempiamo le strade di colonnine, una per auto, così chi non ha il garage personale può assicurarsi la ricarica giornaliera?
    Il fatto ha taciuto su imposizione di green pass e di obbligo vaccinale. Tace su effetti avversi. Tace su efficientamento energetico case con spesa di decine di migliaia di euro a testa per ogni cittadino. Ora magnifica l’elettrico. Forse Travaglio è troppo ricco per curarsene ma io, cittadina comune, perché dovrei continuare a leggere questo goornale??

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  7. Meglio un generatore di corrente da 15 kW azionato da un bel motore diesel, così potrà caricare le batterie x il propulsore elettrico tutte le volte che ne avrà bisogno.

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  8. L’unico modo per cavarcela è diminuire di numero. Più siamo e più consumiamo e consumeremo, con relativo inquinamento. Tutta lev” tecniche” sono solo pannicelli caldi a fronte di una crescita numerica tanto imponente.
    Insomma, meno nascite nei Paesi ” emergenti’… Maternità/ paternità responsabile ( ricorda qualcosa a ” sinistra”?)
    Magari se tentassimo di mantenere in Italia i giovani laureati per i quali tanto si è speso anziché regalarli a Paesi molto più ricchi e portassimo meno manovalanza bisognosa di tutto, come Italia ce la caveremmo meglio.
    Ma evidentemente qualcuno ci vuole ridotti in mutande.

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  9. La sfida grande che non viene mai menzionata è l’adeguamento della rete elettrica.
    Posto che le colonnine fast charge permetteranno di ricaricare un’auto in tempi più brevi di quelli attuali – altro parametro su cui dovranno lavorare nei prossimi 12 anni – la rete odierna di distributori di benzina dovrà offrire numero di colonnine sufficiente per i consumatori.
    Ogni colonnina necessita oggi di 22kW di potenza, presumibilmente ne servirà di più per ricaricare più velocemente. Un distributore con 10 colonnine dovrà quindi avere un “impianto elettrico di distribuzione” di ~250kW che non si mette su con un paio di cavetti bifase.

    Allo stesso tempo, la produzione di energia elettrica in Italia (o importata) dovrà essere più degli odierni circa 116GW. Dovranno essere costruite altre centrali elettriche, quale che sia la fonte. Se rinnovabile, dovrà avere un adeguato back- up perché la gente vorrà ricaricare le auto anche quando manca sole sole o vento

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  10. Bhe questa transizione bisogna farla,ma non lo può fare il cittadino a sue spese,è la politica che latita come sempre in questo paese,senza un programma preciso per orientare la transizione energetica nell’interesse del paese,basta vedere il caos che si sta creando con il bonus 110%.

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  11. Qualche anno fa, un ambientalista di peso disse che quando il miliardo di cinesi avrebbero scoperto che ci si poteva pulire il culo con la carta igienica si sarebbe corso il rischio del distruggere tutte le foreste. Insomma, quando le masse cominciano a godere dei benefici fino a quel momento riservate alle elite, quelle si ribellano e trovano il modo di impedirlo.
    Nel 2035 , con il divieto di costruire nuove macchine con motori azionati con idrocarburi, ormai compra il anche dai morti di fame, si spera di tornare al 1935 quando le macchine potevano averle solo alcuni privilegiati?

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