(EUGENIA TOGNOTTI – lastampa.it) – Un uso smaccatamente politico. Indipendenza zero. Uno sgangherato attacco al passato governo, alle autorità sanitarie pubbliche e agli organismi scientifici per le strategie adottate durante la pandemia di Covid-19. Nessun profitto dalle lezioni imparate (compresi gli errori) per rafforzare la preparazione e la risposta a potenziali future pandemie. È quanto è ragionevole aspettarsi dai contenuti delle tre proposte della Commissione d’inchiesta sulla pandemia presentate da Lega, FdI, Azione -Italia viva, abbastanza simili tra loro, a parte l’ambito delle competenze, più o meno ampie, la durata della stessa e le risorse previste per il loro funzionamento.

Intendiamoci. Nessuno contesta una Commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia Covid-19. Che ha rappresentato una minaccia significativa per la salute pubblica in Italia e nel mondo. Al momento dell’incursione del coronavirus – mal conosciuto anche dai virologi – c’era incertezza sulle sue caratteristiche e su come potesse evolversi. Non c’erano vaccini o trattamenti efficaci specifici. L’Italia non aveva sperimentato nulla di simile da varie generazioni. La pianificazione pandemica, in molti Paesi, era specifica per combattere l’influenza e quindi non appropriata per rispondere al Covid-19. Non c’era nemmeno consenso internazionale su come agire. Ogni Paese adottava strategie diverse e in rapida evoluzione, mentre la pandemia metteva in crisi i sistemi di cooperazione internazionale. Inoltre, la natura della minaccia cambiava con l’acquisizione di nuove conoscenze sul virus e sulla sua evoluzione e con lo sviluppo e l’implementazione di trattamenti e strategie. Sbagliare – incalzati dagli eventi – è stato inevitabile, per quasi tutti i Paesi, se non per tutti.

Imparare dagli errori e far tesoro delle lezioni apprese durante l’emergenza stanno spingendo verso la costituzione di commissioni d’inchiesta sulla pandemia. Quella neozelandese, che sta muovendo i primi passi questi giorni, è una Royal Commission of Inquiry, cioè la più alta forma di inchiesta pubblica per le più importanti questioni. È del tutto indipendente dal potere legislativo ed esecutivo (l’ordine è firmato non dal Governatore generale, ma dal re Carlo III d’Inghilterra) ed è composta di tre membri – un epidemiologo, un’ex ministra e un economista – con esperienze in medicina, epidemiologia, politiche pubbliche ed economia. A presiederla sarà il primo, specializzato in epidemiologia e medicina della salute pubblica. Negli Stati Uniti la discussione è aperta e alcuni “gruppi di pianificazione” stanno ragionando su una possibile alternativa, finanziata privatamente, a una commissione Covid-19 nominata dal governo.

Come sarà composta in Italia la Commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid e di che cosa si occuperà? Le tre proposte – con poche varianti – prevedono che ne facciano parte venti senatori e venti deputati, nominati rispettivamente dal presidente del Senato e da quello della Camera, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari. Il presidente sarà eletto a maggioranza assoluta dei componenti. Una commissione tutta “politica”, in cui non hanno nessuna parte le competenze scientifiche e tutta tesa a individuare i colpevoli di sprechi, illeciti, irregolarità. L’ambito dei compiti assegnati è amplissimo e non conosce limitazioni come le scelte degli organismi basate sulle evidenze scientifiche. La Lega, per dire, parla di “valutazione dell’efficacia e dei risultati dell’attività del Comitato tecnico-scientifico e degli altri organi, commissioni e comitati operanti a supporto dei decisori politici”. E FdI considera di “esaminare l’operato della task-force istituita presso il ministero della Salute il 22 gennaio 2020 incaricata di coordinare le iniziative in tema di Covid”, Iv-Az si spinge addirittura a richiedere di “valutare l’efficacia e i risultati delle attività dell’Istituto superiore di sanità, del Comitato tecnico-scientifico e delle altre commissioni o comitati di supporto ai decisori politici”.

Che significa, in realtà, delegittimare le istituzioni scientifiche che quelle indicazioni avevano dato, in vari momenti. Dando corpo all’ affermazione di Giorgia Meloni secondo la quale “alla base dei provvedimenti presi non c’erano evidenze scientifiche”. Evviva l’indipendenza. Intanto, mentre l’altro ieri si avviava ufficialmente l’iter parlamentare, un tweet del viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Galeazzo Bignami, dava l’idea di un clima da resa dei conti: «Gli italiani meritano di sapere la verità e noi siamo pronti a restituirgliela» (che evoca un linguaggio consegnato ai libri di storia del Ventennio). L’enfatico annuncio è corredato da un’immagine che accosta le foto dei due principali “accusati”, sembra di capire, Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza. Insomma, i risultati sono già qui.