Congelati la cessione dei crediti, gli sconti nelle fatture e gli acquisti di Regioni e Comuni: l’intera filiera è messa in ginocchio

(DI NICOLA BORZI – ilfattoquotidiano.it) – Blocco definitivo alla cessione dei crediti fiscali derivanti da tutti i bonus edilizi. Stop allo sconto in fattura per tutti i nuovi lavori e paletti rigidissimi per quelli avviati. Divieto a tutte le pubbliche amministrazioni di acquistare crediti di imposta ceduti dalle imprese edili per i bonus. Sono le norme contenute nei tre articoli del decreto legge 11 del 2023, passato nel giro di appena sette ore, tra le 17 e le 24 di giovedì 16 febbraio, dal Consiglio dei ministri alla firma del presidente Mattarella sino a un numero serale della Gazzetta Ufficiale. Lo stop “è una misura di impatto che si rende necessaria per bloccare gli effetti di una politica scellerata usata anche in campagna elettorale e che ha prodotto un beneficio per alcuni cittadini ma ha posto in carico a ciascuno italiano un onere di 2 mila euro a testa”, si è giustificato il ministro dell’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti. Il Superbonus 110% è l’agevolazione fiscale introdotta dal governo Conte-2 con il decreto legge Rilancio del 2020. La misura consiste in una detrazione fiscale del 110% delle spese sostenute a partire dal primo luglio 2020 per realizzare specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici, come l’installazione di impianti fotovoltaici. Interventi che anticipavano la nuova direttiva Ue sull’efficienza energetica degli edifici. La legge di Bilancio 2022 ha prorogato l’agevolazione, prevedendo scadenze diverse. Ora ai clienti in attesa di lavori edilizi resta solo la strada della detrazione fiscale in 10 anni. Ma servono redditi abbastanza alti da avere capienza fiscale per le detrazioni e non tutti li hanno: nei fatti si favoriscono solo i ricchi che pagano decine di migliaia di euro di imposte l’anno. Con questa mannaia il governo Meloni sconvolge il settore dell’edilizia, lasciando nell’angoscia decine di migliaia di proprietari di casa, mettendo in ginocchio oltre 30 mila aziende e appendendo a un filo il lavoro di centinaia di migliaia di occupati.

Il decreto blocca le cessioni dei crediti fiscali e gli sconti in fattura di tutte le tipologie di bonus edilizi. Dunque non solo quelli relativi al Superbonus 110%, ma anche quelli relativi all’ecobonus per l’efficientamento energetico degli edifici, al bonus ristrutturazioni, al bonus facciate, al Sismabonus, ai bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche. L’unica eccezione allo stop dei crediti del Superbonus 110%, per le case e le villette, riguarda le abitazioni unifamiliari per le quali sia stata presentata la Cilas (Certificazione di inizio lavori asseverata Superbonus) prima dell’entrata in vigore del decreto. Dunque per “salvarsi” la Cilas andava protocollata dal Comune entro il 16 febbraio. Per i condomini, invece, farà fede la data della delibera che approva i lavori e la Cilas. Per tutti gli altri lavori diversi dal 110% (efficientamento energetico, Sismabonus, bonus facciate, barriere architettoniche) occorrerà dimostrare di avere richiesto il titolo abilitativo o aver iniziato i lavori (con Cila o Scia) prima dell’entrata in vigore del decreto, dunque entro il 16 febbraio. Farà fede la data di preliminare o di rogito dell’immobile. Lo stop però blocca definitivamente tutti i crediti fiscali e gli sconti in fattura per i lavori della cosiddetta “edilizia libera” come la redistribuzione degli spazi interni, il rifacimento di bagni, pavimenti, cucine per i quali non era richiesta la comunicazione di inizio lavori, dunque non c’era Cila: sarà azzerato lo sconto in fattura su acquisti di piastrelle, sanitari, serramenti.

Vengono poi bloccati tutti gli acquisti di crediti di imposta legati ai bonus edilizi da parte degli enti pubblici. Il decreto sancisce il divieto di comprarli per tutte le pubbliche amministrazioni. Le cronache degli ultimi giorni avevano segnato una importante accelerazione delle operazioni di acquisto. Ha fatto scuola il modello della provincia di Treviso, che ha acquistato da due banche crediti di imposta per 14,5 milioni derivanti da bonus edilizi per usarli in compensazione diretta dei propri oneri fiscali nei prossimi anni (si veda l’articolo a fianco). Alcune Regioni si erano già mosse: la Sardegna con un emendamento alla Finanziaria regionale voleva acquistare crediti edilizi da bonus, superbonus 110% ed ecobonus per circa 40-50 milioni al mese. Il Piemonte attraverso la Legge di Stabilità 2023 intendeva acquistare crediti da banche e intermediari per 50 milioni l’anno. Abruzzo, Campania e Puglia stavano preparando norme per l’acquisto dei crediti e l’offerta di garanzie a favore delle banche per erogare finanziamenti alle imprese edilizie in difficoltà per il blocco dei crediti. Ma il governo ha esteso lo stop anche alle prime cessioni di bonus energia, crediti per la ristorazione, crediti super Ace, bonus per imprese turistiche e agenzie di viaggio.

Solo le banche che hanno comprato i crediti d’imposta hanno ottenuto dal decreto una via d’uscita, purché attestino di aver effettuato alcuni comportamenti e di avere 10 categorie di documenti che le liberano dalla responsabilità in solido con i clienti, in caso la detrazione che ha fatto scaturire il credito fiscale fosse viziata da errori formali e violazioni tributarie (dunque non sul fronte penale nei casi di truffa). Per le opere che hanno originato il credito di imposta, gli acquirenti dei crediti fiscali dovranno possedere il titolo edilizio abilitativo, come la Cilas, o una dichiarazione sostitutiva per i lavori in edilizia libera; notifica preliminare alla Asl; documentazione fotografica e video, su file geolocalizzato con firma digitale del direttore dei lavori, sulle opere realizzate; visura catastale dell’immobile o domanda di accatastamento; fatture, ricevute e ogni documento che attesti le spese; asseverazioni dei requisiti tecnici e della congruità delle spese; delibere condominiali per i lavori su parti comuni; attestati di prestazione energetica per i lavori di efficientamento; visto di conformità sul diritto alla detrazione; attestazione antiriciclaggio.

I crediti fiscali da bonus edilizi, secondo i dati Enea aggiornati a dicembre, erano stimati in crescita a 110 miliardi, 37,75 in più rispetto alle previsioni iniziali. Sull’orizzonte temporale 2023-2026, l’analisi presentata il 2 febbraio al Senato del direttore del dipartimento delle Finanze del Mef, Giovanni Spalletta, indicava un peggioramento della previsione delle imposte dirette tra 8 e 10 miliardi l’anno. A crescere non sono state le stime sui crediti fiscali degli altri bonus edilizi, fermi a 29,87 miliardi, ma il Superbonus 110% con crediti passati da 36,5 a 61,2 miliardi (+24,65) e il bonus facciate, con stime triplicate da 5,9 a 18 miliardi entro il 2026.

La mossa di Meloni e Giorgetti ha scatenato la reazione di Federica Brancaccio, presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) di Confindustria: “Se il Governo bloccherà per sempre la cessione di nuovi crediti da bonus senza aver individuato una soluzione per sbloccare quelli in corso, vorrà dire che si è deciso di affossare famiglie e imprese in nome di non si sa quale ragion di Stato. Se il governo blocca l’acquisto dei crediti da parte degli enti pubblici, che si stanno facendo carico di risolvere un’emergenza sociale ed economica sottovalutata dalle amministrazioni centrali, senza aver individuato una soluzione strutturale, migliaia di imprese rimarranno senza liquidità e i cantieri si fermeranno del tutto con gravi conseguenze per le famiglie. Da ottobre aspettiamo di capire come si vuol risolvere una situazione ormai drammatica: non ci rendiamo conto delle conseguenze devastanti sul piano economico sociale di questa decisione”.