(Massimo Gramellini – corriere.it) – Le parole di stima pronunciate da Letta Bonaccini nei confronti di Giorgia Meloni accendono i riflettori su una novità: dopo oltre trent’anni, una parte dell’opposizione non considera più il capo della destra un intruso. Ancora prima che un giudizio politico, su Berlusconi e Salvini è sempre pesato un pregiudizio antropologico: la sinistra li riteneva sguaiati e inadatti.

Tutto il resto, comprese le vertenze col fisco e l’opacità di rapporti con certi poteri interni e internazionali (Putin), veniva dopo. Alla base c’era un disprezzo su cui la critica di destra inzuppava il pane, applicando alla sinistra lo stesso trattamento: se i nostri leader vi danno la nausea perché beceri, sappiate che i vostri ci fanno lo stesso effetto perché presuntuosi.

Nel fragore della battaglia, passò persino la stupidissima idea che essere volgari significasse essere popolari (e viceversa).

Con la Meloni il conflitto si è ristretto alla dimensione politica. Dopo averla vista all’opera, la sinistra (almeno quella che non ragiona per birignao) ne riconosce la serietà, pur contrastandone idee e compagni di strada. Se anche la destra tratterà il prossimo segretario del Pd come un avversario e non come un usurpatore, potremo dire di avercela quasi fatta a diventare una democrazia matura. E coloro, pochi o tanti, che andranno ancora a votare, lo faranno finalmente per far vincere la propria parte e non più per paura che vinca quell’altra.