(Massimo Gramellini – corriere.it) – Ogni giorno c’è qualcuno che non ne può più. Ieri è toccato alla cantante Francesca Michielin, una delle persone più aggraziate e sensibili che conosco. Stufa di leggere i commenti di emeriti sconosciuti che discettavano sui suoi brufoli, è sbottata: «Non sappiamo più farci i c. nostri!».

Ha ragione, ma non ce li sapevamo fare neanche prima. L’unica differenza è che prima la vittima non ne veniva quasi mai a conoscenza.

Sarebbe rassicurante se la colpa fosse dei social che, dice la Michielin, «ci hanno portato ad avere una opinione su tutto e a convincerci di avere la verità in tasca». In realtà è la natura umana che ha la maldicenza e la saccenteria nel suo patrimonio genetico.

Un motto della Firenze rinascimentale ammoniva: «Pensa sempre che gli occhi e gli orecchi del popolo siano cattivi». E, andando ancora più a ritroso, Plutarco racconta che quando ad Atene si mise ai voti l’esilio dell’onesto politico Aristide, un elettore analfabeta si avvicinò proprio a lui e, non riconoscendolo, gli chiese di scrivere sul coccio la sua approvazione. Aristide domandò: «Cosa ti ha fatto di male, questo Aristide?» E l’altro: «Nulla, ma mi sono rotto le scatole di sentir dire da tutti che è una brava persona!»

Non oso pensare che cosa avrebbe combinato quell’elettore dell’Antica Grecia con un telefono in mano. Ma non sarebbe stato né migliore né peggiore dei «followers» della Michielin. Quando si tratta di sparlare degli altri, l’umanità manifesta una fiera renitenza all’evoluzione.