(Massimo Gramellini – corriere.it) – Quando Ignazio La Russa, detto ’Gnazio, venne eletto presidente del Senato due millenni dopo Ottaviano Augusto, i cultori dello ’Gnazismo si sentirono defraudati della possibilità di continuare a godere delle sue battute rauche, pronunciate in tono gentile e al tempo stesso insolente. Ora diventerà uno statista, pensarono: grave, solenne, imparziale e noioso, com’è giusto che siano le figure istituzionali.

Ebbene, ’Gnazio non se l’è sentita di dare loro un simile dolore. Ha deciso che l’abito non avrebbe fatto il monaco e che il monaco avrebbe continuato a fare casino. Mentre Fontana, il suo collega della Camera che si temeva avrebbe approfittato del ruolo per reintrodurre la Santa Inquisizione, sta svolgendo in modo invisibile la funzione per cui è stato eletto, ’Gnazio ha rinunciato a interpretare la seconda carica dello Stato, insistendo invece nel recitare la parte che preferisce: essere Ignazio La Russa, uno che è passato dagli anni di piombo alla Milano da bere, da Mani Pulite al governo Berlusconi e da Fini alla Meloni senza mai rinnegare nulla e senza rinunciare a nulla, tantomeno all’abitudine di andare nei posti dove non dovrebbe stare.

Al cronista che l’altro giorno
, avendolo pizzicato a un evento milanese di Fratelli d’Italia, gli chiedeva in quale veste si trovasse lì e che cosa dovesse quindi scrivere nel sottopancia, il presidente del Senato ha raucamente risposto: «Metti quel c… che vuoi». Ottaviano Augusto avrebbe avuto qualcosa da ridire, ma ormai forse soltanto lui.