Distratti dalle molte celebrazioni sui cento anni della Marcia su Roma, che fu prestazione di politica muscolare, rischiavamo di perderci per strada la memoria delle leggi razziali, che furono prima di tutto infamia mentale e poi massacro selettivo. Ci ha pensato il governo Meloni, che in […]

(DI PINO CORRIAS – Il Fatto Quotidiano) – Distratti dalle molte celebrazioni sui cento anni della Marcia su Roma, che fu prestazione di politica muscolare, rischiavamo di perderci per strada la memoria delle leggi razziali, che furono prima di tutto infamia mentale e poi massacro selettivo. Ci ha pensato il governo Meloni, che in un centinaio di ore ha evocato i fantasmi di quel 1938 allo scopo non secondario di rendercelo di nuovo familiare. Prima nella forma grottesca dell’editto di Modena “spezzeremo le reni ai rave party” e ai drogati. Ora in versione dannatamente seria, selezionando i sommersi e i salvati dal patibolo della planetaria immigrazione. Scegliendo a nostro arbitrio chi si salverà tra i disgraziati che fuggono dalle guerre che in genere abbiamo scatenato, anche se molte volte per interposto dittatore, e dai deserti delle carestie che invece abbiamo certamente accelerato, intossicando il clima e dunque il pianeta per consumarne in proprio le ricchezze.

Modena è stata una palpazione di quei risentimenti che stanno appena sotto la superficie sociale. Un esperimento per vedere l’effetto che fa. Mentre la nuova guerra alle Ong è molto di più. È discriminazione in purezza, al costo della vita. Dice: tu scendi e ti salvi. Tu invece te ne torni nell’inferno del mare. E lo decidi in nome non di una qualche necessità dei fatti, ma in nome di quelli immaginari della propaganda che da ideologia diventa azione identitaria di governo. Come se gli affamati, i torturati, i fuggitivi, non avessero abbastanza diritti (e leggi) per essere accolti e salvati, ma ci fosse la necessità di una ispezione e poi di un contabile per giudicarli adatti a un pasto caldo sulla terra d’asilo.

Il contabile è questo fenomenale personaggio in grigio, Matteo Piantedosi. La mandante Giorgia Meloni. Gli applausi meritati di Viktor Orbán.