Nelle prime pagine di un piccolo, grande (vedremo perché) libro, fresco di stampa, il protagonista dice: “Sopravvivere all’intolleranza mi ha calcinato l’anima”. Ben scritto da Anna Kanakis, “Non giudicarmi” (Baldini + Castoldi) è un romanzo storico che racconta le ultime ore del barone Jacques […]

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Ragazza transgender suicida a 19 anni nella sua abitazione di Napoli. Dopo i soprusi a scuola e in famiglia diceva: “Sono senza uscita”. Dai giornali

Nelle prime pagine di un piccolo, grande (vedremo perché) libro, fresco di stampa, il protagonista dice: “Sopravvivere all’intolleranza mi ha calcinato l’anima”. Ben scritto da Anna Kanakis, “Non giudicarmi” (Baldini + Castoldi) è un romanzo storico che racconta le ultime ore del barone Jacques d’Adelsward Fersen, cocainomane e omosessuale, mentre vaga per l’isola di Capri sotto il peso del fallimento come uomo e come scrittore, schiacciato dall’altrui scherno e riprovazione. È il 5 novembre 1923: un anno prima il compimento della Marcia su Roma ha, con la violenza delle squadracce, issato al vertice del potere Benito Mussolini. Dopodiché, l’Italia sprofonderà ogni giorno di più nelle tenebre della dittatura e dell’intolleranza che per oltre un ventennio calcinerà l’anima del Paese (anzi, della “Nazione”). Soffocando la libertà, le libertà, soprattutto con la persecuzione di ogni umana diversità rispetto alla ottusa dottrina del regime. Cento anni dopo, quel fascismo cancellato dalla storia (si spera) dall’avvento della democrazia repubblicana nata dalla Resistenza sopravvive, purtroppo, nel pregiudizio. E prospera nella più becera sottocultura del fascismo eterno e dei tanti fascisti che impiegano il loro tempo a opprimere il prossimo. Come Chiara che “in una calda mattina di ottobre ha aspettato che la mamma uscisse di casa per volare via, cercando di non dare più fastidio, dopo anni di mortificazioni, violenze psicologiche, emarginazione” (“La Stampa”). Creature di due pianeti lontanissimi nello spazio e nel tempo, Chiara e Jacques si ricongiungono nello strazio esistenziale che Anna Kanakis descrive con una prosa struggente, immergendosi nella sofferenza di un uomo colto e gentile che non vuole più dare fastidio. Nell’Europa dell’epoca, il barone Fersen – allo stesso modo di Oscar Wilde e di tutti coloro colpevoli di essere come erano – poteva finire o in qualche lurida galera (così come avviene ancora in larga parte del pianeta) o nascondersi alla vista altrui come un reietto. Oggi, dopo un secolo di lotte, la conquista del supremo diritto civile di amare chi vogliamo, e come vogliamo, troppo spesso non riesce a scalfire il cuore nero della malvagità e della derisione. Nell’illuminato 2022, Chiara è costretta a scappare dalla cattiveria dei coetanei, mal cresciuti dai genitori e mal guidati dai docenti, abbandona gli studi e ogni speranza. Le sue telefonate al Gay Help Line, riferisce chi le parlava, lasciavano il segno: “Ci raccontava delle prese in giro, degli insulti, del bullismo. C’era una frase che ripeteva: ‘Sono in un labirinto senza uscita’”. Sembra di ascoltare lo stesso tumulto interiore di Fersen-Kanakis mentre nelle ultime ore della sua disperata vita s’incammina verso casa, verso Villa Lysis, un tempio bianco a strapiombo sul mare che reca scritto sul pronao: “Amori et dolori sacrum” (come fosse un esorcismo del sacrilegio incombente). Un supplizio dell’anima che, come allora, oggi lascia indifferente quel mondo turibolante, Dio, patria e famiglia, che sentendosi forte del voto di circa un quinto del popolo italiano intende dettare legge sui sentimenti dell’intero popolo italiano. Distinguendo (con quale autorità poi) ciò che è giusto da ciò che non lo è. Affossando quella legge Zan che cerca di proteggere dalla discriminazione e dalla violenza la moltitudine dei Jacques e Chiara costretti a rinunciare a vivere per non riuscire a vivere. E che gridano: non giudicarmi.